Petralia Soprana, il borgo dei borghi e pure dell’azzardo «Colpa dei tanti bar, ma qui non giocano solo i residenti»

Per il territorio delle Madonie è stato il borgo dell’azzardo. Ora, per l’Italia intera, è il borgo dei borghi. È l’inedito destino di Petralia Soprana, che lo scorso 25 novembre ha sbaragliato la concorrenza e vinto la stagionale classifica legata al programma tv Il Kilimangiaro. A guardare i dati diffusi dall’agenzia delle Dogane e dei Monopoli e rielaborati Comune per Comune dalla piattaforma l’Italia delle slot 2 (un’inchiesta del Visual Lab del Gruppo Gedi), si rimane colpiti proprio dal paese madonita: nel 2017 ogni abitante ha speso in media 1564 euro tra slot, lotterie, Gratta&vinci e scommesse. Non male per una popolazione di appena 3.242 abitanti e con un reddito pro capite molto basso (così come in tutte le Madonie), pari ad appena 13.820,37 euro. Petralia Soprana è al posto numero 774 su 7954 Comuni italiani nella classifica generale per giocate pro capite. Considerando le città delle stesse dimensioni è al posto numero 723 su 7100 Comuni fino a 50mila residenti, sempre nella classifica generale per giocate pro capite.

«Il dato ha sorpreso un po’ tutti all’inizio, e me per primo – afferma il sindaco Pietro Macaluso – Ci siamo posti questo interrogativo, e abbiamo scoperto che la ragione è semplicissima. In un Comune di 3300 abitanti come il nostro ci sono 17 bar. E in ogni attività commerciale ci sono un paio di macchinetteIn tutte le Madonie non ci sono esempi del genere: a Petralia Sottana, dove ci sono 2900 abitanti, ci sono sei bar; a Gangi ci sono più del doppio dei nostri abitanti e una decina di bar, ad Alimena ce ne sono quattro a fronte di 2500 abitanti e così via. Inoltre Petralia Soprana è al centro delle Madonie, abbiamo la zona industriale e quella artigianale, qui passa la strada statale 290 che è una strada di raccordo, qui ci sono grossi supermercati così come l’Inps e gli uffici territoriali. Da noi insomma arriva gente di tutto il territorio delle alte Madonie, e non solo».

Essere un importante crocevia per la popolazione madonita ha dunque i suoi pregi e i suoi difetti. «Molta gente poi si nasconde, e magari sceglie una realtà ibrida come la nostra, dove non c’è solo il centro storico ma anche 33 frazioni – spiega ancora il primo cittadino – La gente viene cioè da noi per svariati motivi e coglie l’occasione, chi per vizio chi per gioco, per puntare qui i propri soldi. I numeri crescono, certamente: il dato ci ha fatto preoccupare, abbiamo fatto anche una valutazione coi baristi e, ripeto, abbiamo appurato che qui non giocano solo i residenti». Una tendenza che viene confermata dai numeri: a Petralia si scommette soprattutto con le new slot e le videolottery (1,55 milioni di euro per le prime e 1,76 per le seconde), che sono proprio i giochi maggiormente diffusi nei bar. «Io sono dell’avviso che dovremmo togliere le macchinette nell’intero Comune – dice ancora il sindaco – ma se poi nel Comune vicino ci sono non abbiamo risolto il problema. O lo Stato decide di toglierle o diventa difficile agire in realtà come la nostra, dove a distanza di pochi chilometri ci sono molti paesi. L’azzardo si deve risolvere alla fonte».

Col riconoscimento di borgo dei borghi, con le visite già nettamente aumentate, questo dato potrebbe aumentare o sono fattori slegati? «Non credo che il turista che viene qui lo faccia per giocare alle slot – commenta Macaluso -, anche perché spesso giungono qui con relative famiglie o in comitiva. Chi viene a visitarci poi viene direttamente in centro storico, mentre molti bar sono dislocati nelle frazioni. Non vedo insomma la correlazione. Anzi, posso dire un’altra cosa: da un mese, cioè dalla nomina di Borgo dei borghi, c’è talmente tanta gente che per i giocatori patologici questo può essere un deterrente. Cioè si evita di andare a giocare per non farsi notare nel vizio».

Il Comune del Palermitano dove si gioca di più resta, facile da prevedere, proprio il capoluogo siciliano. Nel 2017 a Palermo si sono spesi 758,15 milioni di euro. Mediamente ogni abitante spende 1134 euro all’anno. E vale la pena ricordare che ci si riferisce alle «giocate pro-capite a tutti i giochi gestiti dallo Stato e alle slot nel 2017»: dal conteggio sono cioè esclusi due enormi business come il gioco online e quello illegale gestito dalle mafie. Che, come ha recentemente confermato la mastodontica operazione della Direzione Distrettuale Antimafia che ha sgominato la nuova cupola, continua a dominare interi quartieri attraverso i centri scommesse. A cosa si gioca di più nel capoluogo siciliano? Slot e videolottery (147,63 milioni per le prime e 138,35 milioni per le seconde); arriva sorprendentemente terzo il Lotto (122,37 milioni), giocato soprattutto dagli strati popolari che si accalcano presso le tabaccherie.

«Confermo che per quello che possiamo osservare col centro d’ascolto in questi mesi del 2018 abbiamo riscontrato parecchie situazioni di persone a grave rischio di perdere l’immobile» racconta Vittorio Alfisi, presidente della fondazione antiusura Ss. Mamiliano e Rosalia, che opera da anni nel cuore di Ballarò insistendo da tempo su una correlazione, quella tra scommesse e debiti di gioco, ancora sottovalutata. «Sono gli abitanti a spiegarci che giocando non riescono a pagare le rate del mutuo con le banche che poi cercano di recuperare il credito. Quando nella vita di una persona entra il gioco d’azzardo è tutta la famiglia che ne viene coinvolta».

È vero che il boom per il gioco d’azzardo a Palermo è passato (in città gli incassi delle slot dal 2015 al 2016 sono più che raddoppiati) ma alla fine del 2017 il settore – nonostante le prime sensibilizzazioni da parte della società civile e dell’associazionismo – ha sostanzialmente retto, con le slot che da sole sono arrivate alla notevole cifra di 285,99 milioni di euro di incasso. Segno che l’attivismo sociale da solo non basta, ma serve un deciso cambio di passo della politica. Col cosiddetto decreto dignità e l’abolizione della pubblicità sul gioco d’azzardo il vicepremier Luigi Di Maio ha più volte affermato di voler diminuire gli enormi volumi del settore. Ma manca ancora una legge ad hoc, e nella legge di stabilità ci sono ben pochi segnali in questo senso, solo una maggiore tassazione per le imprese che poi scaricheranno questi costi sui giocatori riducendo il payout (cioè le percentuali di vincita).

«Per la verità – afferma ancora Alfisi – il governo non si è mai dimostrato intenzionato a ridurre davvero il problema degli effetti dell’azzardo. Bisogna fare bene i conti: non so se lo Stato incassa quanto spende, nel senso che le figure di riferimento che poi prendono in carico chi si ammala di gioco d’azzardo hanno un costo. Da noi sono venute persone che si sono stupite in prima persona di come fossero arrivate a indebitarsi e perdere ad esempio la propria impresa. Quando c’è un’attività commerciale che funziona diventa interesse di chi vuole prestare soldi a usura. E questo capita sempre di più per le attività relative all’azzardo. Per questo noi cerchiamo di prevenire, arrivando prima che la situazione a rischio degeneri». 


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