Parola di preside. Ma che farà il successore?

In questo momento, il problema principale per gli studenti della facoltà di Lingue e in particolare gli studenti di Scienze per la Comunicazione Internazionale, sono gli scritti di lingua. I docenti di lingua sono a conoscenza della differenza tra classi di laurea tra Scienze per la Comunicazione internazionale e Lingue e Culture europee? Perché continuano a fare un esame identico sia per LCE che per SCI?

 

I docenti di lingua non possono non essere consapevoli del fatto che il corso di laurea in comunicazione internazionale è in una classe diversa da quella di lingue e culture europee (la 14). Mi pare ovvio ritenere che ce l’abbiano ben presente. Per quanto riguarda la classe 14, e in particolare il corso di laurea che noi vi abbiamo attivato, dobbiamo fare una precisazione. Anche perché ho letto alcuni degli interventi che sono stati fatti in seguito alla mia intervista rilasciata telefonicamente a “La Sicilia”. Mi permetto di dire che c’è un errore di fondo, non solo perché la normativa lo prevede, ma anche perché non è un caso che questo corso di laurea si chiami “comunicazione internazionale”.

I corsi di laurea vengono attivati dentro le facoltà. Quindi sostenere, come qualcuno ha scritto, che  il corso di laurea in comunicazione internazionale non c’entra niente con facoltà di lingue è del tutto sbagliato. Nella classe di laurea vigente (la 14) c’è un ambito che è tra le caratterizzanti e riguarda le lingue straniere. Il corso di laurea in comunicazione nostro, si chiama internazionale non a caso. Perché l’asse portante è rappresentato dall’obbiettivo di perseguire l’ottima conoscenza scritta e orale di due lingue straniere. E’ a partire dall’ottima conoscenza di due lingue straniere che si investe questa conoscenza nell’ambito della comunicazione.

Questo dato è ineliminabile per motivi contenutistici. Oggi la comunicazione o è internazionale o non è. Ciò che dà qualcosa in più agli studenti della facoltà di lingue nella comunicazione è proprio la possibilità di raggiungere un ottimo livello di conoscenza in almeno due lingue straniere. Tutto il resto è aria fritta. Comunicazione internazionale è parte integrante della facoltà di lingue e l’ottima conoscenza di due lingue straniere, scritta e orale, fa – uso un termine calcistico – la differenza rispetto ai corsi di laurea simili

 

Il problema però è un altro. Uno con la laurea in Scienze per la Comunicazione Internazionale non può accedere a determinate specialistiche che fanno parte di altre classi di laurea, quale quella di Lingue e culture europee.

 

No… può accedere con piccoli debiti formativi. Intanto lo scritto ci deve essere. La prova scritta non è una volontà di tortura. Una lingua straniera, oltre che saperla parlare strumentalmente, bisogna saperla anche scrivere. Scrivere un articolo di giornale, una lettera, ecc. La competenza scritta va quindi verificata.

Entriamo nel merito del tipo di verifica della competenza scritta. Le competenze nella conoscenza di una lingua sono inquadrate nel portfolio europeo. Conoscere bene una lingua straniera, in entrambi i corsi di laurea attivati a Catania dalla facoltà di Lingue, è la esattamente la stessa cosa. Con una differenza. Ed è qui che trovo legittimo discutere sulla questione degli scritti.

Indubbiamente nelle lingue ci sono anche i linguaggi settoriali. Ci sono linguaggi riferiti a determinati ambiti professionali. Ritengo che il tipo di lingua che va insegnata nel corso di comunicazione internazionale debba contemplare molto la specificità del corso di laurea, soprattutto per quanto riguarda i linguaggi settoriali propri della comunicazione: giornalistica, televisiva, dell’organizzazione di eventi culturali nel campo del teatro o del cinema. Saranno quindi i contenuti a variare. Fermo restando che il livello tra i due diversi corsi di laurea deve essere lo stesso, è giusto approfondire quale debba essere questo livello se i contenuti sono diversi.

 

Quindi ci sono o non ci sono in corso proposte di alleggerimento dei corsi di lingue? Perché, parlandoci chiaramente, sono proprio gli scritti di lingua a bloccare la maggior parte degli studenti del corso di laurea in Scienze per la Comunicazione Internazionale.

 

Abbiamo chiarito un primo punto. Comunicazione internazionale è facoltà di Lingue. Inevitabilmente, due lingue si devono sapere bene.

Vorrei che voi capiste una cosa. Finché il corso di laurea in Lingue era dentro la facoltà di Lettere, la critica che gli studenti facevano era di uscire senza sapere bene le lingue. Allora io preferirei questo tipo di critiche costruttive. Purtroppo però finora non ho sentito questo tipo di critiche.

La necessità che due lingue straniere si debbano conoscere bene, vale sia per “Lingue e Culture Europee” che per “Scienze per la Comunicazione Internazionale”. I livelli di competenze dovranno essere uguali, diversi saranno gli ambiti.

Che per parecchi le prove scritte rappresentino uno scoglio serio è un dato di fatto. Se ne parla molto e da un bel po’ di tempo. Continueremo a discutere su come snellirle, senza abbassarne il livello, legandole alla didattica. Finora ci ha fermato il numero notevole di studenti per alcune lingue, anche se dall’anno prossimo le cose cambieranno.

Il docente di lingue dovrà avere un programma didattico coordinato con i lettori. Il lettore sulla lingua strumentale e il docente sulla metalinguistica.

Se al primo anno bisogna raggiungere un determinato livello di competenza, svolta la parte X del programma, in aula si fa una verifica della competenza scritta, come un compito in classe. Questa verifica viene corretta collettivamente. Vedere insieme gli errori sarà parte integrante delle lezioni. Nel momento in cui ci saranno studenti che hanno superato questa verifica, basta. Se ne farà un’altra più leggera. Lo scritto finale non ci sarà, perché la maggior parte del lavoro si farà in itinere.

La seconda cosa è rivedere la tipologia degli scritti. Ma anche qui, poiché vige la libertà di insegnamento, non tutte le teste sono uguali. Per cui ci possono essere dei docenti che prediligono determinati ambiti della prova scritta.
Terzo punto è l’acquisto del correttore ottico, cosa che farà guadagnare tempo ai docenti nella correzione.

 

Per quanto riguarda il numero delle prove scritte?

 

Anche qui c’è un problema strutturale. Nei periodi dell’anno in cui ci sono lezioni, gli scritti non si possono fare. Allora il modo per risolvere la questione è che durante l’anno si facciano prove in itinere. Un altro modo per aggredire il problema potrebbe essere l’attivazione di “corsi zero” di lingue e di corsi di recupero su una tipologia di scritto, da fare durante una parte dell’anno che non coincida con lezioni ed esami.

 

Queste sono proposte sue? Cosa succederà quando scadrà il suo mandato?

 

No… saranno portate avanti. C’è compattezza su questo. Io scado, ma non scompaio

 

Sulla diminuzione del numero degli esami invece?

 

Questo è un altro punto su cui siamo stati bloccati. Siamo stati bloccati perché l’attuale numero (eccessivo) di esami, dipende da come erano strutturate le classi vigenti. Avremmo già provveduto se l’ateneo non avesse nascosto il fatto che entro il 28 Febbraio andavano presentate le modifiche ai corsi di laurea. Ho anche protestato ufficialmente. Stiamo aspettando le nuove classi dal ministero, che saranno più elastiche.  Abbiamo già pronti due modelli per diminuire il numero degli esami e portarli a non più di venti.

 

Nel vecchio ordinamento c’erano 19 materie suddivise in quattro anni. Nel nuovo ordinamento, nonostante l’aumento del numero di materie e la diminuzione degli anni a disposizione, non vi è stata in molti casi una proporzionale diminuzione dei programmi (come il caso di Storia contemporanea, Letteratura italiana, le stesse letterature straniere).

 

Su questo avete perfettamente ragione. Non in tutte le discipline si è calibrato un programma sulla base dei crediti che offrono. Quest’anno sono stati fatti molti passi avanti…

 

E quanto dobbiamo attendere?

 

La facoltà è pronta. E’ il ministero che deve pubblicare le nuove classi

 

I professori sono d’accordo?

 

Sulla diminuzione del carico di lavoro e del numero d’esami sono tutti d’accordo.

Ci terrei a precisare che molte frasi presenti nell’intervista che ho fatto telefonicamente non appartengono al mio stile. Questa intervista aveva la finalità di dire quali sono i corsi di laurea della facoltà. Una sorta di pezzo informativo. Quando mi si è chiesto “lei si può quindi ritenere  soddisfatto?”, io non ho risposto “assolutamente sì”; ho detto “per certe cose posso ritenermi soddisfatto, per altre no!”. E qui avevo sviluppato una parte critica sull’ateneo, naturalmente omessa…

 

La facoltà di Lingue è un po’ isolata all’interno dell’ateneo, anche per quanto riguarda i fondi…

La questione non è che è isolata. Il problema è che, come in ogni cosa, ci vogliono dei parametri. L’ultima programmazione dei concorsi che si è fatta non ha tenuto conto della necessità di riequilibrare il rapporto studenti docenti in quelle facoltà (quattro) che ce l’hanno squilibrato: Giurisprudenza, Economia, Scienze della formazione e Lingue.

Nel momento in cui a certe facoltà, che a momenti hanno più docenti che studenti, si dà di più togliendo risorse a chi ne ha maggiormente bisogno, si accentua lo squilibrio, incidendo negativamente su tutto l’ateneo.

 

Si potrebbe attribuire il problema allo scarso numero di laureati rispetto alla percentuale degli iscritti? I fondi non derivano anche dalle percentuali di laureati?

 

Questo è un effetto. Se noi avessimo più docenti, potremmo meglio sostenere l’offerta didattica. Qui l’ateneo ha fatto una scelta errata e che ho sempre contrastato. L’ateneo non ha proceduto a fare una riflessione seria sui primi tre anni di sperimentazione delle lauree triennali.

E qui vengo al problema delle specialistiche. Noi non siamo contenti dei piani di studio di queste specialistiche. Vista la totale assenza di risorse finanziarie ho proposto più volte che si ottimizzino le risorse, che si facciano dei corsi di laurea interfacoltà. E’ una proposta mia all’interno dell’ateneo e credo che faremo dei passi in avanti…

 

Per quanto riguarda il numero programmato?

 

Sono stato sempre contrario al numero programmato perché sono convinto che non è vero che non ci sono i soldi per la ricerca e la formazione in Italia. Bisogna vedere come si spendono questi soldi e per che cosa. La ricerca e la formazione per un Paese è di fondamentale importanza. Preferirei che si spendesse meno in certe cose e più in altre.

Questa è la mia posizione. Cosa diversa purtroppo è il fatto che, poiché il ministero richiede dei requisiti minimi per certi corsi di laurea, mettendo un tetto di iscrizioni oltre il quale bisogna raddoppiare il numero dei docenti, possono crearsi situazioni in cui mettere il numero programmato non è una scelta, ma una necessità.

 

Abbiamo saputo che avete preso delle nuove aule…

 

Abbiamo fatto salti mortali. Avremo, oltre alle nuove aule qui, un nuovo laboratorio e una nuova aula. Oltre al medialab che svolge un intensa attività, la facoltà è stata in grado di prendere tre aule in via Santa Maddalena. In via Gisira apriremo degli spazi per lezioni e master. Abbiamo fatto il massimo sforzo.

 

Premettendo l’indubbia competenza professionale dei molti docenti a contratto delle materie di comunicazione, secondo lei, questi professori, sono in grado di insegnare?

 

I docenti di ruolo, o a contratto, non sono dei santi. Ci sono docenti, anche a contratto, che hanno chiarezza espositiva, passione…

 

Parlavo anche della loro disponibilità. Gli studenti si lamentano spesso per l’irreperibilità di molti di questi docenti, che ovviamente hanno altre professioni oltre all’insegnamento…

 

Ci sono docenti che hanno più passione, docenti più rigidi. Quello che lei dice si pone soprattutto per quei docenti a contratto che hanno una professione. Questi docenti però devono indicare dei giorni di ricevimento (anche uno in meno rispetto agli altri) ma comunque dare tutte le informazioni per una loro reperibilità. Se qualcuno non dovesse essere reperibile, invito gli studenti a segnalarci tali disagi. Credo che, anche quando scadrà il mio mandato, chi non rispetta i ricevimenti e non è disponibile ad incontrare gli studenti debba cambiare facoltà.

 

A quando l’obbligatorietà delle materie “tecniche” per il corso di laurea in Scienze per la Comunicazione Internazionale.?

 

Nella revisione che stiamo facendo dei piani di studio… però mi permetto di dire che già da ora, dal secondo anno di comunicazione internazionale, ci sono pacchetti di discipline dove uno ne può scegliere due.

Noi abbiamo fatto questa scelta perché ci possono essere degli studenti più interessati alla comunicazione pubblicitario-televisiva, qualcuno più interessato alla comunicazione dal punto di vista degli eventi artistici (allora sceglierà musica e cinema). Già ora lo studente può rendersi obbligatorie alcune materie. Nei nuovi piani di studio, però, alcune di queste discipline saranno curriculari e di base.

 

Domanda classica sulla riforma Moratti: lei ha vissuto da preside l’attuazione dei nuovi ordinamenti…

 

La mia posizione era ed è rimasta la stessa. E’ del tutto forviante osservare che, poiché è aumentato il numero degli iscritti (prevedibile), mediamente è aumentato il numero dei laureati (non parlo della nostra facoltà). L’aumento del numero dei laureati non significa che la riforma abbia avuto un impatto positivo. Il numero degli iscritti è aumentato e mi fa piacere. Ma la qualità della preparazione? Il giudizio è nettamente negativo, soprattutto nelle aree umanistiche.

 

Per concludere, una domanda suggeritami dal professore Granozzi: cosa farà quest’estate? Come si riposa?

 

Resto a Catania e nuoto presso l’Alarido, nello specchio di mare di piazza Europa.


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