La musica, il silenzio, la leggerezza

Il teatro stracolmo, più di mille persone in sala, una città in fermento. La tipologia è varia: dalle famigliole, ai pensionati, ai giovani, tutti adunati in una manifestazione a scopo di beneficenza. L’invito “Apri le ali”, non a caso nel mese d’Aprile, è quasi d’obbligo per tutti i presenti: levarsi in volo, respirare a pieni polmoni, gridare quanto è bella la vita, seguendo l’esempio di Angelo D’Arrigo “atleta, ricercatore, eppure la persona più semplice che io abbia mai incontrato”, come dirà Donatella Bianchi, co-conduttrice della serata.
 
Sul palco insieme a lei, Luca Pagliari. La regia è di Manolo Luppichini e alle spalle c’è una semplice ma evocativa scenografia. Carmelo Mangione Contarini, Carmelo Nicosia e Aldo Zucco dell’Accademia delle Belle Arti hanno curato l’allestimento scenico, dal titolo “Il silenzio delle origini”. La sagoma di due ali bianche spiegate, come il titolo dell’iniziativa, sulle quali campeggiano le ombre di aquile e condor, simboli vivi di libertà e pienezza esistenziale per ogni essere vivente, e tra loro una figura umana: il protagonista della serata, Angelo D’Arrigo.  “Il volo come esperienza della leggerezza, sperimentazione della circolarità, ricongiungimento con il silenzio delle origini” spiegano gli autori.
 
Ospiti d’onore della serata: Franco Battiato che accende gli animi della manifestazione e Piero Angela che viene premiato nel gran finale. Si succedono sul palco diversi artisti, per lo più siculi, tutti accomunati dal forte desiderio di onorare la memoria di un grande uomo, la cui presenza è fortemente avvertita. Mario Venuti, che canta “Echi d’infinito” e il suo più recente successo “Ferro e fuoco”, i Kaballà, cha narrano la loro terra  con un brano sulla solitudine, tratto da un racconto di Pirandello e un pezzo inedito, “La ferita”, sul dolore della perdita e sulla forza del ricordo che rigenera vita.
Si prosegue con Vincenzo Spampinato, un cantautore di casa nostra, che dedica il suo brano a chi è rimasto con l’ingombro del dolore, nella speranza che un giorno ci ricongiungeremo tutti. “Ricorda amore, gli angeli ci sono” è il ritornello.
Meno brillante l’intervento degli Sugar Free, che vengono con solo 3 dei cinque componenti del gruppo. Si limitano pertanto a presentare il video di “Scusa ma ti chiamo amore”, colonna sonora firmata da loro dell’omonimo film che continua a riscuotere un largo successo di pubblico nelle sale in seconda visione.
Infine, è tutto un vortice di movimento partendo dai Lautari che suonano “La banda degli onesti”, testo datato ma rinnovato anche all’insegna delle prossime lezioni ,fino all’exploit dei PFM, con “Il sogno di Leonardo” e “Impressioni di settembre” tra le altre: stravaganti, futuristi, travolgenti.
 
Diversi i video mostrati, tra cui “Da Niscemi alle Ande” (le riprese sono del giovane Nicola Pavone), in cui un particolare è degno di nota: un condor in volo sbatte sull’ala di Angelo, compiendo quello che questi volatili considerano un gesto d’affetto: l’aveva riconosciuto come compagno.
 
Ancora, esperienza eccezionale e similare è quella di Tom Perri, cha ha dedicato la sua vita ad un altro dei 4 elementi: la terra. Per “l’alpinista scalzo”, così è stato ribattezzato, bisogna recuperare il rapporto primordiale con la terra, per sentire dentro di noi l’energia che questa emana. E lui ha deciso di farlo in senso estremo affrontando delle imprese spettacolari, come il passaggio a piedi nudi su ghiacci e terra infuocata – che solo l’Etna, da lui definita “il più bel vulcano del mondo” gli poteva permettere – basandosi sulle tecnica della corsa e spostando il suo peso corporeo. In onore di Angelo, ha anche scalato il Fujiama, ed ha affisso sulla cima una targa dedicata a D’Arrigo, che aveva questo monte tra i suoi prossimi desideri incompiuti. Conclude il suo intervento dicendo:“Tu da lassù ci ricorderai, noi possiamo solo onorarti. Grazie di cuore”.
 
Altro motivo di emozioni è stata l’esibizione di giovani attori down della “Compagnia di Piero” per la regia di Monica Felloni nello spettacolo dal titolo “Oltre il limite”. I ragazzi tra poesia e ballo, con piume per raffigurare il volo, hanno agito sulla scena ispirati dal senso di ampiezza e spazialità, leggerezza, velocità, pazienza e dalla passione per il volo che D’Arrigo incarnava.
 
Arriva il momento del gran finale. Il rettore Antonio Recca consegna il premio a Piero Angela, che così ricorda D’Arrigo: “Aveva la calma dei forti, quella razionale dei grandi personaggi. Una specie di Leonardo da Vinci, che alla capacità di sognare faceva seguire la realizzazione di grandi progetti. Non bisogna vederlo come uno sportivo, ma come un uomo che aveva un progetto, ha mirato in alto e ce l’ha fatta” e conclude con una provocazione “Non lasciamoci prendere dalla cultura dell’aiutino!”.
 
Wawa Wasi (che in lingua locale si potrebbe tradurre con “l’asilo è qui”) è la prova tangibile dei risultati della manifestazione dello scorso anno, primo memorial istituito dalla Fondazione Angelo D’Arrigo in memoria della straordinaria figura di Angelo. Con i proventi della serata, infatti, è stato realizzato un asilo nido nel piccolo villaggio di Paccarectambo, in Perù. Con i ricavi di questa serata, biglietti d’ingresso e gadget associati, tra cui il suo libro, la t-shirt, cartoline, ecc… si realizzerà, su richiesta della stessa comunità locale, data la mancanza in tutta la Valle, una struttura ospedaliera nei pressi di Calca.
 
La Fondazione D’Arrigo ha intrapreso anche un progetto di divulgazione nelle carceri, dove si “racconta” l’esperienza di Angelo attraverso video, immagini e i suoi libri. La moglie, Laura Mancuso, presidente della fondazione, nota come ci sia un paradosso di fondo in ciò: si va a parlare di un uomo simbolo per eccellenza della libertà, in un luogo dove la libertà non esiste. Il messaggio che si intende trasmettere è però forte: nulla è dato per scontato, bisogna lavorare per raggiungere un obiettivo. “Credere nei sogni e lavorare per ottenerli”.


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