“Arlecchino servitore di due padroni” per eccellenza

E’ mezzanotte. Lo spettacolo finisce, giro d’applausi per ciascuno degli interpreti. Come nella fiaba di Cenerentola avviene una magia. Quegli attori straordinari, che hanno profuso durante le tre ore di spettacolo tanta energia e vitalità, da fare invidia a qualsiasi aitante giovanotto, sfilano le maschere per mostrare la loro reale identità. Ed ecco l’incanto. Tra tutti spicca una chioma argentea. È lui, l’Arlecchino per antonomasia, che lo porta nel sangue e nelle scene ormai da ben 47 anni. Ferruccio Soleri, classe 1929. 

La messa in scena, curata dallo stesso, è strabiliante. Sempre ancorata alla tradizione (da Goldoni a Strehler), eppure sempre nuova, vivace, accattivante. Abiti d’epoca, attori a 360° ed ancora la genialità del metateatro, un teatro nel teatro dove anche il pubblico con la semplice espressività di un gesto e senza necessità di parole si ritrova coinvolto. Riviviamone la storia attraverso i ricordi, gli aneddoti e l’umiltà di colui che ne incarna lo spirito.

Finalmente “Arlecchino” viene a Catania, dopo aver viaggiato per il mondo in tournée. Seul, Los Angeles, New York, l’Est europeo… dove ha ricevuto l’accoglienza più calorosa?
Stranamente nei paesi dove la lingua e la cultura sono più lontani dalla nostra, perché diventavano matti divertendosi e ridendo senza il bisogno di capire il testo, come in Cina, Giappone, Corea, Russia…

Si rappresentava sempre in italiano, o più precisamente in dialetto veneziano?
Sì, sì, ovviamente con i sottotitoli. Però al primo atto tutti li seguivano, al secondo un po’ meno e finivano per non guardarli più al terzo, perché entravano nel gioco!

Ha qualche aneddoto sulla messa in scena legato ad un paese in particolare? 
Eh… sicuramente la prima in Giappone. E’ stato bellissimo. Credo fosse il 1978. Inizia lo spettacolo e il pubblico restava immobile, fermo… si sperava che appena entrava Arlecchino si animassero un po’, ma nulla fino a che, un’ora dopo, nella scena dell’improvvisazione della bollatura della lettera io mi rivolgo direttamente al pubblico chiedendo se sapessero dove era finita… Beh, fu allora che – finalmente – iniziarono a dilatare lo sguardo, sorridere e da lì in avanti fu un trionfo, vennero a baciarmi, congratularsi. Poi andammo a chiedere spiegazione di quell’insolito atteggiamento ed essi ci dissero che essendo abituati al loro teatro tradizionale (Kabuki), dove ogni gesto ha un significato specifico, si erano impegnati a cercare di decodificare ogni gesto, movimento fino a che nella suddetta scena si resero conto che si trattava in realtà di una gestualità normale, senza bisogno di interpretazione alcuna!

Lei, maestro, è il vecchio nuovo futuro Arlecchino. Ci racconta qual è stato il suo primo impatto con questo personaggio? 
Beh, è stato terribile perché io sono fiorentino e quindi parlare veneziano con accento bergamasco non era impresa facile! Fu il mio maestro all’Accademia d’Arte Drammatica di Roma, Orazio Costa, ad incoraggiarmi dicendomi dopo soli due mesi di scuola “Soleri tu sei un Arlecchino” ma io risposi che ero fiorentino, era quasi impossibile. Egli insistette e mi fece provare la parte in “La figlia obbediente” di Goldoni, inoltre mi aiutavano i miei compagni d’accademia che erano veneti. Poi nella prova generale Marcello Moretti, il primo Arlecchino, quando gli chiesi consiglio, su cosa potevo cambiare, per perfezionarmi, mi rispose “No, no, non cambi nulla!” ed io allora pensai che ero andato talmente male. Ed invece ne era rimasto impressionato positivamente, tanto che ne parlò a Strehler e mi chiamarono per essere il suo sostituto nella prima messa in scena americana.

Di quale anno stiamo parlando?
Era il 1960. Ho debuttato a New York, come sostituto perché lo prevedeva il contratto secondo i sindacati americani. Poi alla morte di Moretti, sono subentrato definitivamente io, dal 1963. E pensare che ho iniziato con il ruolo di secondo cameriere…

“Arlecchino non per scelta, ma per felice guizzo del destino”. Cito le parole di Ilaria Chinello, che nella tesi di laurea curata dal prof. Paolo Bosisio, ha trattato la sua figura artistica. Come ha giocato il destino a suo favore? 
Già da bambino volevo fare il circo equestre, quando avevo 8-9 anni, ma non avendo alle spalle una generazione di circensi, mi limitavo ad andare con mia sorella a spiare le prove da una fessura del tendone e poi rientrando a casa mi esercitavo nel giardino. Ho imparato così, da autodidatta, a camminare sulle mani, fare la ruota, la verticale, il salto mortale, ma finì lì. Un altro segno del destino lo ritrovo nel mio teatro universitario, facevo il signor Bonaventura, spettacolo in cui si ballava, cantava oltre a recitare. Allora una critica statunitense mi incitò dicendo “Tu devi studiare danza” (col suo forte accento americano) e io, come un cretino, mi misi a studiare danza classica per un anno e mezzo! Tutte cose che mi sono servite dopo, ma involontariamente. Infine, mi ricordo di un altro evento che mi ha toccato da piccolo. Ero a casa di Antonio Gandusio, amico dei miei genitori, ma lui era in tournée e mi è toccata la sua camera da letto. Quando ho aperto l’armadio, tra i mille costumi di scena di Toni, a me è restato impresso solo quello d’Arlecchino. Lo ricordo come fosse ieri…

Insomma, l’ennesimo segnale presagio dell’enorme fortuna che una tale maschera le avrebbe portato! Non solo come attore protagonista, anche come regista da qualche anno. Come è avvenuto il passaggio all’esperienza registica?
Quando Strehler mi ha chiamato ad assisterlo, e poi definitivamente dopo la sua morte, 10 anni fa.

Tra i due ruoli, quale le piace rivestire maggiormente?
Sono due esperienze diverse, che faccio volentieri. Mi piacciono entrambe, ma da punti di vista differenti. 

Dopo tanti anni qualsiasi lavoro potrebbe apparire monotono e meccanico, invece lei riesce a sprigionare sempre tanto entusiasmo. Qual è il segreto?
Il segreto di qualunque lavoro è la passione, l’amore per quello che si fa.  

Chiudiamo citando il suo amico, nonché grande regista, Lamberto Puggelli, il quale ha dichiarato che per lei l’Arlecchino è al tempo stesso una benedizione ma anche una maledizione. Come risponde a questa provocazione?
No, in realtà io lo amo questo ruolo. In un primo tempo ho pensato di voler fare anche altro, poi mi sono fermato a riflettere: “Cosa vuol dire essere importante in teatro? Uno, dieci, cento ruoli?”. Niente di tutto questo, piuttosto è quello che si dà e si riceve dal pubblico.


Dalla stessa categoria

I più letti

Dal controllo della velocità alla segnalazione di un imminente pericolo. Sono gli Adas, i sistemi avanzati di assistenza alla guida che aumentano non solo la sicurezza, ma anche il comfort durante i viaggi in auto. Più o meno sofisticati, i principali strumenti Adas sono ormai di serie nelle auto più nuove, come quelle a noleggio. […]

Un aiuto concreto ai lavoratori per affrontare il carovita. Ma anche un modo per rendere più leggero il contributo fiscale delle aziende. Sono le novità introdotte dalla conversione in legge del cosiddetto decreto lavoro, tra cui figura una nuova soglia dell’esenzione fiscale dei fringe benefit per il 2023, portata fino a un massimo di 3mila euro. […]

Bottiglie in plastica del latte che diventano dei colorati maialini-salvadanaio. Ricostruzioni di templi greci che danno nuova vita al cartone pressato di un rivestimento protettivo. Ma anche soluzioni originali di design, come una lampada composta da dischi di pvc, un grande orologio da parete in stile anni ’70 in polistirolo e due sedie perfettamente funzionanti […]

«Era come avere la zip del giubbotto chiusa sopra e aperta sotto: ecco, noi abbiamo voluto chiudere la zip di questo giubbotto». Indispensabile se si parla di Etna, dove fa sempre fresco. È nato così CraterExpress, la nuova proposta che permette di raggiungere la vetta del vulcano a partire dal centro di Catania, con quattro […]

Dodici mesi, 52 settimane e 365 giorni (attenzione, il 2024 è bisestile e quindi avremo un giorno in più di cui lamentarci). Un tempo legato da un unico filo: l’inadeguatezza. Culturale, innanzitutto, ma anche materiale, davanti ai temi complessi, vecchi e nuovi. Difficoltà resa evidente dagli argomenti che hanno dominato il 2023 siciliano; su tutti, […]

Il seme del cambiamento. Timido, fragile e parecchio sporco di terra, ma è quello che pare stia attecchendo in questi ultimi mesi, dopo i più recenti episodi di violenza sulle donne. In principio, quest’estate, fu lo stupro di gruppo a Palermo. In questi giorni, il femminicidio di Giulia Cecchettin in Veneto. Due storie diverse – […]

Mai come in campagna elettorale si parla di turismo. Tornando da Palermo con gli occhi pieni dei metri di coda – moltiplicata per varie file di serpentina – per visitare la cappella Palatina e qualunque mostra appena un piano sotto, lo stato di musei e beni archeologici di Catania non può che suscitare una domanda: […]

Riforme che potrebbero essere epocali, in termini di ricaduta sulla gestione dei territori e nella vita dei cittadini, ma che sembrano frenate dalla passività della politica. Sembra serena ma pratica- e soprattutto, attendista – la posizione di Ignazio Abbate, parlamentare della Democrazia Cristiana Nuova chiamato a presiedere la commissione Affari istituzionali dell’Assemblea regionale siciliana. Quella […]

Dai rifiuti alla mobilità interna della Sicilia, che avrà una spinta grazie al ponte sullo Stretto. Ne è convinto Giuseppe Carta, deputato regionale in quota autonomisti, presidente della commissione Ambiente, territorio e mobilità all’Assemblea regionale siciliana. Tavolo di lavoro che ha in mano anche due leggi su temi particolarmente delicati: urbanistica e appalti. Con in […]

Dall’agricoltura alle soluzioni per il caro energia; dalle rinnovabili di difficile gestione pubblica allo sviluppo delle imprese bandiera del governo di Renato Schifani. Sono tanti, vari e non semplici i temi affidati alla commissione Attività produttive presieduta da Gaspare Vitrano. Deputato passato dal Pd a Forza Italia, tornato in questa legislatura dopo un lungo processo […]