Allo 'Zo Culture' la retrospettiva, tra le prime in Italia, dedicata all'opera dei registi Jean-Pierre e Luc Dardenne che si concluderà domenica 17. Dopo la prima la visione di "Falsch", tanti gli spunti di riflessione e una garbata polemica - Sebastiano Gesù: "Perché ho messo Falsch come film di apertura"
LOpera Dardenniana: realista e onesta
La predisposizione per larte crea spettatori raffinati e registi di talento. Quando i due idealmente si incontrano possono nascere affinità elettive importanti, che vanno avanti nel tempo, a prescindere dai luoghi e dai confini geografici. Così è arrivata a noi, già da anni, lopera cinematografica di questi due registi belgi che ci hanno fatto porre lattenzione su un nuovo cinema del reale.
Un cinema di forte impegno sociale e di grande valore etico, che ha ispirato unintera generazione di cineasti in tutto il mondo così è stato definito da Sebastiano Gesù lo stile dardenniano aggiungo, inoltre, che siamo orgogliosi io e gli altri collaboratori, tra i quali Daniele Gaglianone (regista) e Flavio Vergerio (vicepresidente del Centro Studi Cinematografici di Roma), di aver dedicato un libro a due registi quali Jean-Pierre e Luc, il cui stile è rigoroso, asciutto ed essenziale.
La retrospettiva è inserita come iniziativa conclusiva della ricca e stimolante rassegna Etnafest Cinema 2006 e vede insieme con lo Zo Centro culture Contemporanee la stretta e proficua collaborazione dellUniversità di Catania, i Circuiti culturali, le facoltà di Lettere, Lingue e il Centro Studi Cinematografici di Roma.
Quasi alla fine degli anni ottanta, nel 1987, usciva Falsch il primo lungometraggio dei due cineasti, 82 minuti di realismo ed onestà. Ma Jean-Pierre e Luc erano già apparsi allorizzonte con parecchi documentari. Solo che per molti, ahimè, i Dardenne hanno fatto appena quattro film o addirittura sono conosciuti solo per Rosetta e la Promesse. In realtà hanno firmato anche altri successi.
Non interessa a tutti perché il loro è un cinema della riflessione interviene con queste parole Flavio Vergerio un attimo prima che abbia inizio la proiezione del film della razionalità, che ci impegna intellettualmente.
In sintesi, può risultare pesante e non comprensibile ai più. E un genere non commerciale che non tutti riescono ad apprezzare. Vedere i loro film è unesperienza impegnativa, a volte essenziali le scene di silenzio, altre volte quelle dei rumori del mondo circostante.
Prendiamo Falsch, il primo film dei Dardenne (tratta il tema della Shoah) e ci rendiamo conto della sua tragicità, intuiamo che gli elementi di questo primo film verranno poi sviluppati nei film successivi. Opere che sappiamo renderanno famosi i due registi. Le storie trattate sono storie di confronti cercati in quelle terre di nessuno, accuratamente scelte dai due fratelli (come si vede in Le home cinéma des frères Dardenne, video in versione originale francese) che sono le nostre civili ed efferate società. Tutte storie realistiche data la loro esperienza come documentaristi, ma allo stesso tempo sono riusciti ad andare oltre il realismo e a non rimanere prigionieri dello stile iniziale.
Sanno di cosa parlano, vanno di persona nei luoghi, e ci offrono una serie di piccoli grandi film. In Falsch, per esempio, un aereo atterra in un aeroporto di campagna, scende un solo passeggero, Joseph Falsch (un uomo nel cui animo non è mai cessata la guerra), accolto da Lilli, la sua fidanzata tedesca. Subito dopo nella hall dellaeroporto arrivano, quasi a parata, i diversi membri della famiglia di Joseph e tra loro si scatena una tormentata resa dei conti in un feedback che si sofferma sul 1933, anno dellascesa di Hitler e dellinizio delle persecuzioni antisemite. Tratto da una piéce teatrale da cui eredita i modi dello psicodramma antinaturalistico, in realtà sembra proprio che la piéce teatrale stessa abbia avuto la possibilità di rivivere (messa in scena) davanti alla macchina da presa (posizionata quasi addosso ai personaggi). Lespressività dei volti e i dialoghi con toni e gestualità teatrali caricano le immagini di tragicità e originano emozioni negli spettatori. In molti concordano sullidea che i Dardenne nonostante tutto nelle loro opere trasmettano severità ma non pessimismo.
E come scordare Rosetta, film vincitore nel 1999 della Palma dOro al Festival di Cannes, nel quale i registi si concentrano sulla protagonista, una giovanissima proletaria alla disperata ricerca di un lavoro, che si fa ossessione della sua esistenza.
In Il Figlio (2002) lavorano su una paternità violentemente negata e in LEnfant (2005), vincitore anchesso della Palma dOro a Cannes, Jean-Pierre e Luc seguono il viaggio, nellinferno morale e sociale della banlieue (periferia) di Bruxelles, di un giovane padre (Bruno) che vende il proprio figlio neonato al racket perché per lui tutto ha un prezzo. Allinizio non ci sono sentimenti in lui, ma poi la sua donna (Sonia) e il suo bambino gli fanno scoprire lamore.
Però ci sono anche R
ne répond plus (1981), documentario inchiesta (52 minuti) sulle radio libere, locali e private di Belgio, francia, Italia, Svizzera e Germania. (Non in proiezione per questa rassegna). E ancora, il film Je pense à vous, Il court
il court le monde. E tanti altri.
Tutti i loro film raccontano storie di personaggi emarginati e il loro stile cinematografico non è altro che un modo di pensare. Ciò che colpisce nel loro cinema è il non-dire o lappena appena accennare in un legame inestricabile di stile e discorso come se fosse cancellata la linea di confine tra luno e laltro. Ciò che resta nella memoria è una sorta di partecipazione, vissuta, alle storie narrate che con teatralità mostrano la vita reale.
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Jean-Pierre Dardenne nasce nel 1951 ad Angis, nel Belgio francofono. Diplomatosi in arte drammatica collabora nel 1972 con Armand Gatti alla messa in scena di alcuni spettacoli teatrali incentrati su temi sociali e connotati da un forte impegno politico. Insieme con il fratello Luc, nato ad Awirs nel 1954 e laureato in filosofia, fonda nel 1975 la casa di produzione Derives e gira una serie di video militanti nei centri operai della Wallonie che documentano i problemi dellintegrazione sociale, della disoccupazione e delle scelte urbanistiche del governo belga per le periferie. Passano al documentario e realizzano una serie di film incentrati sui temi della resistenza a dellimmigrazione per approdare ai lungometraggi.
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Il film “Rosetta” sarà visionabile venerdì e domenica alle 20:30 sempre allo ‘Zo’ per maggiori informazioni sul programma di tutte le proiezioni consultate il link http://www.flingue.unict.it/home.php?d=46