Sguardo ad oriente

Ore 5:00 del mattino: la mia sveglia suona e sembra, se non per l’orario insolito, un giorno come tutti gli altri. Apro gli occhi e vedo una quantità immensa di valige che prendono il controllo della mia stanza. Dieci minuti di fase R.E.M. e poi il mio cervello si connette: “oggi è il gran giorno!”

Mi vesto in fretta, guardo Alessandra (la mia cara collega ragusana alla quale ho dato asilo per una notte), un’ultima occhiata alla valigia e ci mettiamo in macchina: “non possiamo fare tardi!!!”

Sono le 6:10…siamo già in ritardo di dieci minuti sulla tabella di marcia. Da lontano vediamo il resto della ciurma: Nicole, Milena (fondamentale poiché custode dei nostri biglietti), Francesca, Elisa, Rosa e Roberta che, un po’ pensierosa, un po’ tra le braccia di Morfeo, fa segno sul suo orologio. Salvo e Gianni ci raggiungeranno al porto. Si parte!!!

Arriviamo a Palermo in un batter d’occhio. Ecco il porto: grandi e lussuose navi da crociera sono ferme in attesa di salpare. Quale sarà mai la nostra? Sogniamo ad occhi aperti il viaggio in poltrone comode, sdraiati a bordo piscina a prendere il sole quando notiamo che tra le navi una è un po’ malandata: è la nostra! Facciamo su e giù per il porto in cerca di qualcuno che ci sappia dare informazioni per il controllo passaporti. Sono già le 10:30 (partenza stabilita ore 10:00). Dopo una fila chilometrica per il controllo passaporti, siamo riusciti a salire sulla nave! Andiamo alla ricerca di un posticino confortevole dove affrontare le dieci ore di viaggio. Sfortunatamente tutti i divani e le poltrone sono già state occupate da famiglie tunisine che ne hanno fatto la loro seconda casa. Noi ci accontentiamo delle poltroncine in un angolo vicino al bagno.

Sono le 22:00, il comandante della nave ci informa che siamo arrivati alla Goulette e noi tutti ci affrettiamo a raccogliere le nostre valige per uscire finalmente da quella prigione galleggiante. Scendo dalla nave, insieme alla fedele ciurma, e il mio piede tocca il suolo tunisino. Mi guardo attorno e vedo solo una carovana di persone, con valige al seguito, che si dirige verso la dogana. Faccio i primi passi con la mia valigia nuova di zecca e subito: craakk… il manico della valigia non ha retto. Sono costretta a trascinarla con fatica per un lungo viale e per quattro piani in salita!

Essere italiani ci aiuta a passare i controlli in fretta, contrariamente ai tunisini che (solo perché tali) sono costretti ad aprire i loro bagagli dinanzi la polizia doganale.

Ecco fatto: la Tunisia per un mese sarà tutta nostra! Veniamo subito assaliti da numerosi tassisti che ci invitano a salire sul loro taxi.«Tunis, foyer Fattouma Bourghiba, min fadlik (per favore)!» Ma il tassista parla italiano meglio di me e comincia una lunga discussione.

Arriviamo alla residenza universitaria e veniamo accolti da un simpatico uomo in vestaglia, basso e robusto, che ci apre delle camere e ci invita a dormire. Siamo stanchi, distrutti oserei dire, ma la stanza non è per niente confortevole, anche se il comitato di accoglienza, composto da saltellanti insetti e polvere, ci dà il benvenuto. Fortunatamente l’uomo in vestaglia ci informa che questa è solo una sistemazione momentanea e che il giorno successivo avremo le nostre stanze definitive.

L’arrivo a Tunisi è stato fuori dal normale, quasi traumatico, ma mi sono ricreduta subito!

Il corso proposto dall’Istituto Bourghiba è stato davvero interessante. La possibilità di seguire lezioni rigorosamente in arabo è stata una buonissima occasione per migliorare la mia conoscenza di vocaboli, ma soprattutto la mia capacità di comunicare. Inoltre, ogni classe era frequentata da studenti di tutto il mondo, e ho avuto così l’opportunità di legare amicizie con persone che vivono in situazioni e ambienti diversi dal mio, ma che hanno il mio stesso obiettivo, interesse e sogno.

Le lezioni sono state integrate da corsi pomeridiani di calligrafia, teatro, canto e danza tradizionale al fine di far conoscere meglio il mondo arabo con le sue abitudini e tradizioni. Io stessa, insieme ad alcune delle mie colleghe, mi sono cimentata in un corso di danza tradizionale raggiungendo ottimi risultati.

Ho passato pomeriggi e serate intere a studiare, ma questo non mi ha impedito di fare la turista.

La mia prima meta è stata il souq dentro l’antica medina. Per arrivare alla medina si deve percorrere un lungo viale. Stupefacente è il fatto di poter incontrare, l’una vicina all’altra, una sinagoga, una moschea infine una cattedrale, dimostrazione del fatto che la Tunisia è un Paese tollerante che desidera dare un’immagine di sé diversa da molti Paesi arabi. Dato che lo stile della città è oramai moderno, la medina è una delle poche occasioni per immergersi nei colori e nei profumi tipicamente arabi.

Gli affollati vicoli del souq brulicano di turisti, ma ciò non impedisce la possibilità di percepire lo stile di vita del popolo: nel cuore dell’antico souq si trova, infatti, la moschea di Zitouna e una antica scuola coranica. Un uomo mi fa segno da lontano e mi accompagna sul tetto dei numerosi bazar per osservare un’interessante prospettiva della cittadina. Questi tetti rappresentano delle piccole opere d’arte in quanto arricchiti con finissime decorazioni, mattonelle in ceramica lavorate a mano che rivestono colonne e piccoli archi. Ad attirare la mia attenzione i colori sgargianti dei numerosissimi bazar, carichi di ogni genere di merce, l’inconfondibile profumo di oggetti in pelle, spezie e tabacco alla mela dei narghilè fumati dagli uomini nei bar, accanto all’immancabile tè caldo alla menta.

Il clima di città è molto caldo, ma mai come al sud dove si estende il deserto. Comincio con le oasi, tra le quali Tamerza: la più affascinante oasi di montagna della Tunisia. Al di sopra delle rovine dell’antica città berbera si può ammirare la sorgente d’acqua circondata da altissime palme. Lungo la strada verso Douz, considerata la porta del Sahara (dove una breve “cammellata” è d’obbligo), si incontra un immenso lago salato, così immenso e desolato che è possibile vedere miraggi creati dal riflesso dei raggi solari sulla superficie salata.

Una notte passata nel deserto con tutti i comfort possibili e immaginabili rovina un po’ l’atmosfera del silenzio del deserto, ma decido di allontanarmi dall’orrendo “villaggio turistico” per sdraiarmi sopra una duna e guardare le stelle. La sensazione è quella di essere avvolta dal cielo stellato, mai avevo visto tante stelle tutte in una volta. Ancora più affascinate l’alba che colora tutta la sabbia di un rosso acceso. Si prosegue verso Matmata dove si trovano le cosiddette case troglodite che, costruite sotto il livello del terreno, sono indispensabili per le popolazioni Berbere per proteggersi dall’eccessivo calore esterno. Prima di tornare a Tunisi la visita all’anfiteatro romano El-Jem, molto simile al Colosseo nostrano ma appena più piccolo.

Al momento della mia partenza avevo le idee ben chiare: vivere un mese della mia vita a Tunisi significava vedere la Tunisi che non conosce nessuno di tutti coloro i quali sono andati in Tunisia con un viaggio organizzato, in uno dei numerosi alberghi di lusso. Non è questa la Tunisi che avevo voglia di conoscere, ma ho conosciuto anche questa realtà. Inizialmente ero indignata e non riuscivo a capire il perché un popolo con tanta cultura potesse svendersi così. Gli alberghi di lusso e i villaggi turistici tanto ambiti sorgono in luoghi dove la gente comune non ha la forza di completare la costruzione della propria casa. L’incontro con Sofièn Arfaoui, giornalista e produttore alla televisione tunisina, mi ha fatto comprendere che la Tunisia è anche questo. È un Paese che ha deciso di aprire le porte all’Occidente per fornire ai turisti un buon soggiorno, unito a pillole di cultura e tradizione.

Per quanto mi riguarda, il mese che ho vissuto in Tunisia è stato indimenticabile: un’occasione per stringere amicizie e avvicinarmi un po’ ad una cultura che mi affascina da tempo.


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