Il programma del professore Antonio Pioletti (Seconda parte)

Una nuova identità per il sistema sanitario universitario
Il Policlinico e le altre Aziende ospedaliero-universitarie rappresentano strutture la cui funzione è di primaria importanza per l’Ateneo. In esse, per lo stretto intreccio tra insegnamento clinico e cura degli ammalati, si coniugano attività di ricerca, di didattica e di assistenza che trovano nella Facoltà di Medicina e Chirurgia il soggetto istituzionale deputato, all’interno dell’Ateneo, a svolgere un complesso e delicato ruolo di attività integrata nella stretta collaborazione tra sistema formativo e sistema sanitario. Ma un diffuso malessere serpeggia e tra i docenti e tra il personale tecnico-amministrativo e sanitario. Si delinea un coacervo di contraddizioni che si manifestano nella sottovalutazione del ruolo dei ricercatori e delle loro esigenze, in carenze strutturali dell’attività assistenziale, nelle controverse interpretazioni del Protocollo d’Intesa con la Regione Sicilia risultate fonte d’un contenzioso paralizzante.
Farsi carico di siffatto disagio ha la finalità di valorizzare, rispettando l’autonomia delle sue scelte, l’alta funzione sociale propria della Facoltà di Medicina e Chirurgia. Dopo l’azione risanatrice svolta nella gestione del Policlinico dal compianto prof. Rino Battiato, alla cui memoria va commosso il mio pensiero, e l’espansione edilizia in buona parte determinata dalla sua gestione, s’impone una chiara definizione delle questioni su cui sviluppare, a mio avviso, una nuova e incisiva programmazione risultata finora carente e verticistica.
Va definito un piano complessivo che, in riferimento alle strutture scientifico-didattico-assistenziali, potenzi quelle esistenti e le completi con altre di rilevante funzione, sì da delineare e promuovere la funzione strategica che il Policlinico e le altre Aziende ricoprono nel contesto territoriale, nel SSN, nella costituzione di Centri di elevato peso scientifico, di efficacia formativa e assistenziale. Sarà necessario verificare il Protocollo d’Intesa con la Regione aprendo un’ampia consultazione di tutte le strutture e di tutti i soggetti interessati, attivando un costante monitoraggio della sua applicazione tramite un Nucleo di valutazione. Nell’immediato, va rimosso ogni ostacolo, causato dall’interpretazione del D.L. n. 517/99 data dal vigente Protocollo d’Intesa, quantomeno per garantire comunque l’equiparazione nell’esercizio dell’attività assistenziale del personale medico universitario docente, tecnico-amministrativo e sanitario a quello del SSN.
Dopo una fase di ritardi e di politica del «muro di gomma», vanno ripristinate relazioni sindacali rispettose dei diritti dei lavoratori, delle scadenze contrattuali, fondate su una consultazione permanente che sfugga a logiche elettoralistiche, come di recente avvenuto. Va prevista l’apertura di un confronto, mancato, sull’atto aziendale, strumento fondamentale di programmazione dal quale dipende la determinazione della dotazione organica necessaria per i concorsi a tempo indeterminato del personale medico e sanitario.
Quanto alle strutture assistenziali, va data piena attuazione all’art. 6 del vigente Protocollo d’Intesa e va riconosciuto pienamente il ruolo dei Ricercatori nell’assistenza clinica. Nell’attività dei docenti, con le altre, va incentivata quella scientifica e si pone l’esigenza, comune d’altra parte a tutte le Facoltà, del ripristino d’una programmazione concorsuale basata su criteri discussi collegialmente che premi, secondo il merito, le progressioni di carriera e che punti sulla qualità nei settori scientifico-disciplinari oggi fragili o del tutto scoperti.
La pianificazione dell’attività edilizia, di completamento e nuova, dovrà tener conto delle esigenze e del personale tutto e degli studenti e degli assistiti, con uno scadenziario e con misure atte a evitare disagi. Non basta espandersi, se poi è carente la previsione programmatica per l’attivazione delle strutture stesse. L’avvio dei lavori, dopo contorte vicende, a fronte del rinnovato progetto per la Torre biologica dove raggruppare i Dipartimenti preclinici ancora dislocati al di fuori del Policlinico non è più differibile. È necessario che il trasferimento di unità operative a direzione universitaria dalle Aziende ospedaliere cittadine verso il Policlinico continui a passi rapidi e programmati. Questa operazione fungerà da catalizzatore per la istituzione dei Dipartimenti integrati di assistenza, didattica e ricerca. In questo contesto va ripensata la funzione assistenziale del Policlinico sì da trasformarla da sistema-poliambulatorio a sistema di assistenza sanitaria integrata. La copertura delle carenze di strutture sanitarie di eccellenza e soprattutto la diversificazione di quelle attuali dovrà essere programmata dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia, in stretta relazione con il management dell’Azienda e in contrattazione con la Regione Sicilia.

Una nuova leva di docenti
Il nostro Ateneo soffre, come tutta l’Università italiana e in controtendenza rispetto all’Europa, di un eccessivo invecchiamento del corpo docente. Il 66% (dati 2004) oltre i 50 anni, il 27% oltre i 60, solo il 3,1% al di sotto dei 35. Tale invecchiamento, se non interverranno provvedimenti diversi, sarà reso irreversibile dalla Riforma Moratti.
Dirompente è d’altra parte la questione del precariato docente. Il numero di contratti di docenza, in seguito all’istituzione e attivazione dei nuovi Corsi di laurea triennali, è vertiginosamente aumentato (836). L’Ateneo deve investire in modo prioritario, e con tutti gli strumenti consentiti, su una fascia di giovani tra i trenta e i quarant’anni, portando alla docenza universitaria quel ricambio generazionale che solo può consentire competitività della ricerca e rinnovamento della didattica. La politica di marginalizzazione del ruolo dei ricercatori, invece insostituibile per il buon andamento dell’offerta formativa e dell’attività scientifica, e ai quali va riconosciuta finalmente la funzione docente, chiede una risposta coesa da parte dell’Ateneo che, all’interno della sua autonomia, può e deve attuare forme di riconoscimento del loro ruolo docente, anche simbolicamente contrastando le scelte della politica nazionale. Ciò non può ovviamente portare a non tener conto, nella politica delle valutazioni comparative, delle maturità scientifiche e didattiche via via acquisite dal personale già di ruolo. Si tratta, nell’autonomia delle scelte delle Facoltà, di saper programmare con saggezza ed equilibrio, guardando al futuro.
Scadenza di grande rilievo sarà la prossima Programmazione triennale. A differenza di quanto avvenuto in occasione della precedente, essa dovrà essere, nel metodo, frutto di una vera e ampia consultazione, tendente, nel merito, a stabilire criteri e parametri per un riequilibrio, ragionato e condiviso, tra le diverse aree. Si rende cioè necessaria una politica d’indirizzo che, tenuto conto del nuovo sistema di finanziamento degli Atenei, e nel rispetto dell’autonomia di Facoltà e Dipartimenti, induca a una programmazione che guardi all’interesse generale dell’Ateneo.
Il corpo docente nel suo complesso va rimotivato sui nuovi traguardi che l’Ateneo si prefigge di raggiungere, e deve trovare nell’Amministrazione, in occasione di vertenze per il riconoscimento di giusti diritti, un interlocutore attento e compartecipe.
Sulle questioni del reclutamento e dello stato giuridico, qualora in discussione in sede legislativa, il Rettore dovrà favorire il dibattito in Ateneo e tener conto delle opinioni e delle proposte elaborate dalle Organizzazioni di categoria e dagli Organi collegiali.

Valorizzazione del ruolo del personale tecnico-amministrativo
La sua funzione e la sua professionalità sono d’importanza decisiva per il rilancio dell’Ateneo. Nel sistema della sua gestione, il personale non può essere considerato l’ultima rotella del carro. Va affermata, non a parole, ma nei fatti, la pari dignità, nella diversità di funzioni, tra chi lavora e studia nell’Ateneo. Va rispettato il lavoro di ciascuno, recuperando un’attenzione per le persone che non può essere mortificata da logiche clientelari e autoritarie. Il rispetto reciproco dev’essere la base comune per collaborare in modo armonioso nell’interesse generale dell’Ateneo. Un programma per un’Università diversa dev’essere l’orizzonte entro cui dare una nuova, forte motivazione di lavoro e di vita. La partecipazione democratica dev’essere la leva per il raggiungimento di obiettivi condivisi di qualità. Relazioni sindacali permanenti e costruttive devono essere la cerniera per il pieno rispetto dei diritti e delle garanzie contrattuali.
Il nostro Ateneo ha conosciuto negli ultimi quindici anni, come altri, processi verticali di precarizzazione del lavoro. Una tendenza che va invertita. Tali processi sono giunti infatti a creare vere e proprie condizioni di precariato stabile. Il personale tecnico-amministrativo conta oggi un elevato numero di precari (L.P.U., L.S.U., P.U.C.). Tale situazione rischia di costituire, o costituisce già, una vera emergenza sociale. Non conosciamo a tutt’oggi il rapporto tra personale a tempo indeterminato e le varie figure precarie. A ciò concorrono le politiche di un decentramento dilatato e non sottoposto a valutazione che attribuiscono ai budget di Facoltà la scelta tra lavoro interinale, co.co.co/co.co.pro., servizi appaltati a cooperative, ecc. Da un’analisi che intreccia dati INPS e INAIL è possibile ipotizzare un rapporto 1:1. D’altra parte, l’ultima fase del reclutamento ha favorito, insieme a contratti di diritto privato, l’assunzione di figure apicali e non ha garantito meccanismi interni di valorizzazione delle professionalità acquisite all’interno del personale, oltre a non aver dato risposte alle esigenze delle strutture decentrate (Facoltà, Dipartimenti, Segreterie, ecc.). Da questo punto di vista, l’investimento in Corsi di formazione interni all’intera platea dei lavoratori e lo svuotamento progressivo, attraverso la stabilizzazione, delle fasce di precariato storico e meno storico consente di costruire un nuovo e positivo rapporto con l’insieme delle competenze interne. Il rapporto con le
OO.SS. può essere quindi, anche su questo terreno, una delle condizioni per la costruzione di una vera comunità, ferme restando le diverse competenze e gli ambiti specifici di contrattazione.
Tra le figure precarie maggior peso assume il contributo dei Collaboratori ed esperti linguistici. L’importanza strategica per gli studenti di tutte le Facoltà dello studio delle lingue moderne richiede una nuova normativa nazionale, meglio se europea, che unifichi e rivaluti in un ruolo stabile tutte le figure esistenti. L’Ateneo deve farsi interprete di siffatta esigenza, garantendo comunque il rispetto dei contratti nazionali che prevedono incarichi triennali. La condizione di precariato diffuso non potrà rientrare nel breve periodo, anche a causa di politiche pubblicheche sono finora risultate punitive nei confronti dell’Università e dei suoi lavoratori. Al tempo stesso, però, ciò non dev’essere un alibi per non compiere ciò che è possibile compiere, cioè un’Anagrafe del lavoro precario che sia capace di monitorare forme ed evoluzione di tali tipologie contrattuali; un’analisi delle forme di pagamento che tenda a fissare requisiti minimi di retribuzione; la stabilizzazione del personale precario (150 PUC, 30 ASU ex art. 23).
L’organico di ruolo s’è ridotto, con dislivelli tra settori diversi dell’Ateneo. La tendenza va invertita: occorre elaborare una nuova programmazione triennale nella quale sia previsto un numero congruo di punti organico per assunzioni a tempo indeterminato di personale tecnico-amministrativo sulla base di un preciso censimento delle esigenze di tutte le strutture e di una tempestiva consultazione con le OO.SS., il che non è avvenuto in occasione dell’ultima Programmazione triennale.
Va altresì previsto un accordo con le OO.SS., con approvazione dei relativi Regolamenti attuativi, sulle progressioni verticale e orizzontale per tutti i lavoratori che posseggono i requisiti, nonché sulla mobilità e interna ed esterna. Vanno riconosciute le indennità accessoria mensile e di responsabità ai sensi del CCNL. Vanno tenuti con regolarità Corsi di aggiornamento per tutto il personale, anche quello precario. Va garantito l’impegno a rispettare con scadenze certe e tempestive le applicazioni contrattuali, tenendo conto delle specificità del personale tecnico-amministrativo e sanitario delle Aziende ospedaliero-universitarie.
In sede di revisione di Statuto e Regolamenti, sarà da prevedere una congrua rivalutazione del peso elettorale del PTA nell’elezione del Rettore, nonché delle percentuali di rappresentanza negli Organi di governo dell’Ateneo. Sarà da istituire un Tavolo di consultazione permanente con le Organizzazioni Sindacali su tutti gli aspetti della gestione dell’Ateneo.
È da prevedere il ripristino di una Delega per le relazioni sindacali, senza che ciò escluda l’impegno diretto che il Rettore e il Direttore Amministrativo in prima persona devono garantire.

Una gestione amministrativa agile ed efficace
Il processo compiuto di dipartimentalizzazione e l’attivazione di Facoltà e Corsi di laurea territorialmente decentrati hanno posto e pongono complesse questioni amministrative, tra cui di non secondaria importanza quella del rapporto tra Amministrazione centrale e Strutture decentrate (Facoltà, Dipartimenti, Centri di gestione amministrativa, Sedi decentrate). Questioni che necessitano d’una rivisitazione per efficaci e condivise soluzioni. I processi dell’autonomia e di riforma degli ordinamenti didattici hanno certamente comportato un grande carico di lavoro per tutto il sistema dell’organizzazione amministrativa, sia di quella centrale sia di quella decentrata. La struttura per Aree dell’Amministrazione centrale va resa più funzionale e snella tramite una diffusa informatizzazione delle procedure e una più efficace articolazione dell’Area della didattica e della ricerca, oggi troppo elefantiaca.
Particolare attenzione va rivolta alle Segreterie studenti, oggi in fase di collasso, che necessitano di un intervento strutturale logistico e funzionale, di un potenziamento di organico, d’una rapida informatizzazione delle procedure, d’un raccordo più puntuale nell’applicazione del Regolamento didattico d’Ateneo, di un coordinamento più efficace con i Corsi di laurea e le Facoltà.
Ma, soprattutto, vanno rivisitati metodi di lavoro e di raccordo tra le diverse strutture raccogliendo le proposte del Coordinamento dei Segretari amministrativi e decisamente migliorando
a) la comunicazione interna sia a livello informativo (sezioni a ciò dedicate nel Portale d’Ateneo) sia di coinvolgimento (meeting, conferenze di servizio, riunioni formative);
b) il raccordo dei sessantaquattro centri autonomi di spesa con l’Amministrazione centrale costituendo un sistema di Referenti ufficiali per le varie tematiche gestionali (bilanci e conti consuntivi, contratti e forniture, missioni, ecc.), sì da favorire un’interpretazione rapida e univoca delle novità normative, la stesura di protocolli operativi omogenei per tutte le strutture, la semplificazione delle attuali procedure.
Il sistema di Referenti, integrato tra Amministrazione centrale e strutture decentrate, costituerebbe così di fatto la possibilità di costituire un sistema di gruppi di lavoro trasversali per la soluzione rapida di singoli problemi.
Il Coordinamento dei Segretari amministrativi, ai quali va riconosciuta un’adeguata copertura assicurativa, può e deve rappresentare una preziosa Consulta permanente per la Direzione amministrativa.
I componenti gli Organi collegiali di gestione, in primis Senato Accademico e Consiglio d’Amministrazione, devono ricevere l’istruzione delle pratiche in tempo utile per una meditata e consapevole partecipazione ai lavori.
Occorre lavorare, e di questo i bilanci preventivi e consuntivi devono nutrirsi, per obiettivi pluriennali da sottoporre
a valutazione annuale tramite l’istituzione di un sistema di controllo di gestione.
Infine, in sede di revisione del Regolamento di contabilità dell’Ateneo, va trovata soluzione adeguata alla gestione amministrativa delle sedi territorialmente decentrate nel creare le condizioni per una loro tendenziale autonomia.

L’Ateneo nella città, la città nell’Ateneo
L’Ateneo ha visto negli anni un espandersi delle sue strutture e della sua presenza sia nel centro storico, sia nelle aree della Cittadella di Santa Sofia, ivi incluso il Policlinico.
La meritoria pubblicazione curata dal geom. Antonino Leonardi, Parole del Rettore. Fonti per una storia delle fabbriche universitarie catanesi (1861-2003), Università degli Studi di Catania, 2003, permette di ricostruire, lungo il succedersi delle diverse Amministrazioni, le tappe di queste realizzazioni nella loro evoluzione e di tralasciare qui lunghi elenchi di opere. Qui, dato atto di quanto realizzato fino al 2006, occorre individuare metodi di programmazione, l’incompiuto e le nuove esigenze. La crescita infatti ha seguito l’aumento anche dirompente
della popolazione studentesca, rispetto al quale gli indubitabili passi in avanti segnati lasciano tuttavia ancora situazioni in grave sofferenza (si pensi, ad esempio, a Giurisprudenza, a Scienze della Formazione, a Farmacia, alle attività didattiche e ai Dipartimenti allocati in via Androne), per le quali occorre rendere spediti i lavori previsti, situazioni di disagio in altre Facoltà e Dipartimenti e in strutture amministrative decentrate. Gravi i ritardi, che vanno rapidamente colmati, nell’avvio dei lavori per la Torre biologica, solo in questi giorni andati a gara, dopo un iter confuso e contorto, e del cosiddetto Polo Linguistico multimediale della Cittadella. Endemicamente carenti gli spazi per Laboratori, per le attività di studio e per le iniziative culturali degli studenti. In altri termini, si configura l’esigenza di una nuova programmazione, questa volta istruita in modo trasparente e collegiale, che
a) porti a compimento l’incompiuto risolvendo prioritariamente le situazioni in sofferenza;
b) elabori un nuovo piano sulla base di una verifica molecolare delle esigenze di Facoltà, Dipartimenti, Strutture decentrate;
c) verifichi lo stato delle strutture nelle sedi decentrate.
Tre le direttrici di lavoro:
a) aprire un’approfondita discussione sul Piano triennale delle opere pubbliche da presentare alla Regione Sicilia, così come al Fondo ministeriale di incremento dell’edilizia universitaria, rispondente a una logica programmatica dello sviluppo delle singole Facoltà e dei Dipartimenti;
b) affermare, finalmente, il ruolo, la centralità e gli interessi dell’Università rispetto al Piano regolatore della città di Catania, iniziando con un censimento a tappeto degli spazi pubblici esistenti disponibili e di quelli privati acquisibili. Catania città universitaria: una nuova idea del rapporto Università-territorio, non solo la quantità di nuove opere, ma la qualità d’una riconversione degli spazi esistenti, soprattutto in un centro storico ove il Polo umanistico può dare un rilevante contributo alla valorizzazione d’un patrimonio di grande valore;
c) rivolgere un’attenzione costante, adottando il metodo della Conferenza di servizi, all’esecuzione di lavori attualmente in itinere, con particolare riferimento al Policlinico.

Il dinamismo progettuale attira risorse
L’Università, puntando sulla qualità, deve rappresentare un fattore dinamico nel sistema e deve saper dimostrare che conviene investirvi. Limitarsi a conteggiare i budget acquisiti nelle sedi decentrate e destinati alla chiamata dei concorsi nasconde, dietro l’immediata convenienza, una visione miope dei processi di autonomia e di corto respiro. A essi vanno accompagnati, in una forte programmazione di alleanza delle autonomie, sia investimenti strutturali e infrastrutturali sia politiche di integrazione legate alla produzione di beni comuni e alla riqualificazione dei servizi sociali. In questo contesto, ancor più decisiva appare la capacità di autovalutazione che l’Ateneo deve esprimere, il che è reso necessario dai nuovi parametri di finanziamento ministeriali. L’efficacia dell’offerta formativa e i risultati della ricerca non possono non essere sottoposti a un monitoraggio permanente. Gli squilibri che si manifestano in una parte del sistema o in una o più strutture, anche per un solo livello (ad es. il rapporto docenti-studenti), si ripercuotono a domino sugli interessi generali dell’Ateneo. In altri termini, è interesse di tutti che si operi nella direzione di un meditato equilibrio e riequilibrio delle risorse all’interno dell’Ateneo sia nella politica concorsuale sia nella ripartizione delle risorse per la ricerca, sia nell’allocazione del personale tecnico-amministrativo. In questa direzione va previsto, come già rilevato, l’insediamento della Commissione per l’organizzazione dell’Ateneo, previsto dall’art.10 del vigente Statuto.
Si pone certamente la necessità di reperire nuove risorse, di predisporsi comunque a farlo, senza attendere gli auspicati, ma incerti, aumenti di finanziamento statale. L’Ateneo deve caratterizzarsi per un dinamismo che lo configuri come soggetto autonomo di forte spinta progettuale nei confronti delle altre Istituzioni, della società politica e civile, del mondo della produzione. Bisogna lavorare su diversi fronti:
a) realizzare economie tramite l’eliminazione di eventuali sprechi, un’ottimizzazione dell’offerta formativa che preveda, ove funzionale, l’attivazione di Corsi interfacoltà, la verifica dei costi dei servizi di sicurezza, pulizia, supporto logistico, per una loro razionalizzazione;
b) stipulare accordi-quadro pluriennali con MIUR, Regione, EE.LL., mondo imprenditoriale e bancario per investimenti strategici nella ricerca e nella formazione;
c) istituire nell’immediato una Cabina di regìa per il VII Programma quadro e una presenza organica e permanente in sede europea;
d) incentivare, a partire dal primato dell’interesse pubblico, iniziative di reperimento fondi da parte di tutte le strutture decentrate tramite l’attivazione di Laboratori di ricerca, servizi per il territorio, valorizzazione del patrimonio culturale dell’Ateneo, su un arco di settori che riguardi sia i beni materiali sia quelli immateriali.

Una nuova fase costituente per una gestione trasparente e collegiale
A dieci anni dalla loro approvazione, s’impone, in virtù dei mutamenti intervenuti, una rivisitazione dello Statuto dell’Ateneo, del Regolamento generale, del Regolamento di contabilità e finanza, del Regolamento didattico. Essi vanno non solo aggiornati, ma resi funzionali ai nuovi assetti strutturali (decentramenti) e alle nuove sfide poste dai meccanismi di finanziamento e dai processi di internazionalizzazione. Ma Statuto e Regolamenti non possono essere una mera operazione d’ingegneria burocratica. La vita dell’Ateneo deve basarsi su alcuni valori di fondo la cui pregnanza è stata usurata da un uso formale cui non ha sempre fatto riscontro coerenza di comportamenti e di prassi. La trasparenza degli atti amministrativi e la collegialità dei processi decisionali sono valori che vanno posti al centro della gestione del nostro Ateneo, dagli organi centrali di governo alle strutture decentrate.
Grandi passi in avanti vanno fatti in questa direzione. Aprire una nuova fase costituente dell’Ateneo comporta un impegno che, sulla base di quanto previsto dall’art. 77 dello Statuto vigente, dovrà coinvolgere Facoltà e Dipartimenti, il personale tecnico-amministrativo, gli studenti. Il Senato e il Consiglio di Amministrazione, sulla base di un confronto sui criteri generali, potranno istituire Commissioni di lavoro con compiti d’istruzione delle proposte di modifica che passeranno al vaglio delle strutture dell’Ateneo e che saranno oggetto di consultazione con le Organizzazioni Sindacali e con le Associazioni studentesche. In sede programmatica per l’elezione del Rettore è corretto indicare non singole proposte, che dovranno essere il frutto di un approfondito lavoro comune, ma alcuni criteri generali che sulla base dei principi della trasparenza e della collegialità dovranno prevedere:
a) il recepimento delle nuove Leggi e della normativa sopravvenuta;
b) un’architettura d’Ateneo che includa le questioni poste dall’esistenza delle sedi decentrate;
c) una verifica della funzionalità delle Commissioni e dei Comitati esistenti e la proposta di eventuali nuove Commissioni in quanto Organi ausiliari centrali e di nuovi Comitati;
d) una verifica dei meccanismi elettorali delle rappresentanze, oggi per il Senato, ad esempio, troppo contorti, e della durata dei mandati negli Organi centrali e decentrati dell’Ateneo (escludendo rinnovi automatici di cariche), che si ispirino ai criteri della partecipazione e della democraticità, del maggior peso da riconoscere, come già rilevato sopra, alla rappresentanza dei Dipartimenti, al personale tecnico- amministrativo e agli studenti, per i quali va rivisto il meccanismo dei grandi elettori.

Abbiamo bisogno che si esprima una nuova intelligenza collettiva fondata su presupposti culturali, su valori condivisi, su interessi legittimi che armonicamente concorrano all’interesse generale dell’Ateneo.

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