Cattiverie da spiaggia

Ore otto e trenta di sera, il sole, una palla rossa sul filo dell’orizzonte, il mare calmo, è il momento ideale per l’ultimo, nel mio caso, il primo, bagno della giornata, scherzare con due amiche e risalire i piccoli scogli per guadagnare la strada che poi è la passeggiata di questo piccolo paese di mare, una marina appunto.

Sulla striscia ghiaiosa a filo della scogliera cammina una giovane donna, tiene per mano una bambinetta di poco più di un anno, il braccino destro è interamente ingessato, piange appena, perché vorrebbe rimanere a camminare sui sassi, la madre invece vuole scendere quei due passi che le dividono dalla passeggiata.

Gli passo accanto e dico una frase di tenerezza per la piccolina con la candida ingessatura, la mia frase non contempla alcuna risposta, però forse un sorriso da parte della madre… che invece rimane seria, assente, impenetrabile.

Ma subito dopo incomincia, a voce alta, a rimproverare la piccina che viene strattonata verso la strada fino a che le urla “ma non lo vedi che ti guardano tutti”, di cosa possa rendersi conto una piccinetta di quattordici, sedici mesi proprio è difficile capirlo, una reazione istantanea e giratami le rispondo “non si guarda la bambina, si guarda la mamma” e aggiungo che per il suo comportamento “andrebbero chiamati i vigili”, la percezione di una violenza, di un sopruso su un esserino assolutamente incapace di difendersi, tirata per il braccio, urlata in malo modo.

Guardo la madre, alta, magrissima, il viso scavato, stravolto ma la rabbia, si sa, altera i lineamenti, la reazione contro di me è immediata e a me che sono già dall’altro lato della strada mi urla con voce alterata che sono una zitella, una zitella e non capisco che vuol dire stare dietro a una bambina.

Nel frattempo arriva anche un’anziana, la madre, suocera, nonna? Che rincara la dose delle offese, è carica di collane e bracciali come un albero di natale, è gente “regolare”, piccola media borghesia che si è comprata l’appartamento vista mare, gli insulti, dal più semplice “fatti i c…i tuoi” al resto, mi lasciano pressoché indifferente, ascolto un campionario collaudato che per metterlo insieme mi ci vorrebbe più tempo di quello che impiego per scrivere un articolo, sento una tristezza infinita per la piccolina, una sincera pena per la madre e ribrezzo per l’altra parente, per la sua ignoranza che rasenta la follia.

“Io la conosco “, mi fa “è quella dell’anno scorso” ah, ride sarcastica e giù discorsi farneticanti, già è vero sono quella dell’anno scorso… una bella giornata di luglio, primo pomeriggio, una famiglia felice che in vacanza abita uno di quegli appartamenti vista mare, lascia una specie di canoa, o forse solo una specie di tavola rigida, arancione, in acqua lì accanto ad uno scoglio, la casa è al di là della strada, torneranno dopo pranzo.

In spiaggia ci sono tre ragazzi, probabilmente sono albanesi, con una ragazza, vanno in acqua, scherzano, ridono e incominciano a divertirsi con questa specie di materassino rigido, salgono sulla tavola e si tuffano, ci fanno salire la ragazza, si tuffa anche lei, uno in particolare sarà salito e si sarà tuffato cento volte… si divertono come autentici bambini, forse non sarebbe il massimo incontrarli alle due di notte, ma alle due di giorno di un pomeriggio di luglio non sono più tre ragazzi cresciuti troppo in fretta ma tre bambini che giocano come si fa a otto, nove anni, oppure anche prima.

Non ci vuole una laurea in psicologia per capire cosa sta accadendo, sono ragazzi cresciuti che non hanno giocato, che non hanno mai avuto un “materassino” come quello, salgono e si tuffano, si tuffano e risalgono, con quel movimento incessante che non sente la fatica tipico dei bimbi, con la felicità dei bimbi.

Ma ci sono persone che non sopportano la vista di qualcuno che si diverte, ci sono vecchi uomini che non sopportano tre ragazzi con una giovane ragazza, uomini che si sentono schiaffeggiati dalla gioventù… “e poi come si permettono questi sconosciuti di giocare con qualcosa che non è suo?” Si va bene è più che resistente, non si può rompere però…allora quando l’invidia, la bile sale, uno della compagnia della spiaggia li chiama, uno che non c’entra niente e gli dice che non pensassero di prendere la tavola, che non potevano portarla via… è l’ultima cosa che avrebbero fatto, volevano solo divertirsi, per rendersene conto bastava guardarli con gli occhi e non con la cattiveria, fine della storia.

Anzi la storia continua perché io dico “dai lascia stare, sicuramente conoscendo il proprietario non gli direbbe niente”, infatti dopo pochi minuti arriva questo signore che ha stampata sul viso la sua bontà e dice che non importa…

Ah la riconosco! Lei è quella dell’anno scorso e tra un po’ ci sputa perché non avevo difeso una tavola non sua e avevo capito che il proprietario non avrebbe detto niente.

“…si sa che la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio, così una vecchia mai stata moglie, senza mai figli, senza più voglie…” cantava Fabrizio De Andrè in “Bocca di Rosa” e qui sta il punto dell’intera vicenda perché un tempo quando si dava della zitella a qualcuno lo si diceva per indicare un’assenza di generosità, l’assenza di un qualche istinto materno, mai ci si sarebbe sognati di urlare zitella, stato che peraltro non mi appartiene, magari! a chi scendeva in campo per difendere una piccola bambina di un anno con un braccino rotto.

La rabbia della mamma in quanto tale, era autentica, autentico il suo disagio ed io che “parteggiavo” per la piccola lo facevo perché ero zitella e non capivo “cosa voleva dire avere dei figli..”, oggi, per l’appunto, tutti i quotidiani riportano la notizia, della morte, a Roma, di una bambina di cinque anni, è stata picchiata selvaggiamente, forse anche legata, indagato è il convivente della madre che è stato arrestato, tralascio le vicende del Belgio che esulano dalle violenze in famiglia.

Se ne parla tanto ma toccare con mano questi maltrattamenti e vedere la famiglia fare muro è veramente scioccante, maltrattamenti che possono non essere fisici ma oppressivi e aggressivi ugualmente oltre modo.

Ci sono donne che soffrono talmente tanto della loro condizione di mamme che non possono essere ignorate perché se la loro crisi non viene superata può sfociare in delitti atroci come la madre che ha messo in lavatrice la figlia o come quella che ha accoltellato il figlio di quatto anni perché le aveva detto vigliacca.

Ad un rapporto d’amore si è sostituito un rapporto di aperta e disuguale competizione, perfino tante maestre sono “contro” i loro piccoli scolari; in una scuola privata cattolica di una città toscana la maestra, ad un bimbo della seconda elementare aggredito da uno più grande di lui, alla richiesta di aiuto da parte del piccolo, più volte e in più occasioni ha risposto con un “difenditi fallito”. Ha sostenuto per un anno intero che il bimbo era “frustato”, “obbligando” la madre a portarlo da specialisti psicologi i quali hanno evidenziato la normalità del bambino che però disegnava la scuola come una prigione.

Un bimbo che a scuola è stato anche picchiato, deriso e convinto per molto tempo dalla maestra, insieme agli altri, a non raccontare nulla di quello che accadeva in classe; la madre mia carissima amica, è stata incerta se intraprendere le vie legali contro la scuola e contro questa insegnante poi ha deciso semplicemente di portarlo via, forse scriverà una lettera all’arcivescovo anche se pare più interessato alle vacanze sulle alpi svizzere che non all’andamento della scuola, altrimenti certe cose non potrebbero accadere…la maestra umiliava costantemente il figlio della mia amica chiamandolo con un soprannome, (preciso che è un bimbo bellissimo), lui a casa piangeva tanto fino a che la mia amica lo ha autorizzato a risponderle “gallina”, lui poi ci ha messo del suo aggiungendo “vecchia” e un po’ si è tirato su.

I bambini oggi si trovano in un fuoco incrociato, non facciamoci ingannare dalle lezioni di danza e di pallacanestro e di scherma e di quello che si vuole, i figli, in questa società, sono diventati i bersagli dell’aggressività che l’individuo non riesce più a sfogare a livello sociale.

Dall’altro lato “il Potere” ne sta facendo da tempo delle “cavie eccellenti”, questo avviene anche attraverso la formazione di un corpo insegnante “insensibile” che cataloga senza alcuna competenza specifica i propri alunni che se sono appena vivaci diventano “pazienti” da psicofarmaci.

Il massimo della gravità è quello che sta accadendo in Gran Bretannia dove con l’apparente scopo “di accelerare le procedure per il prestito delle biblioteche scolastiche” sono state scannerizzate 700.000 impronte digitali di bambini a partire dai cinque anni, un progetto portato a termine in 3500 scuole e che ha sollevato un polverone di polemiche per l’uso che un domani lo stato potrebbe fare di questa schedatura totalmente illegittima.

Oramai “il Potere” cerca di forgiare i suoi cittadini già dall’infanzia fiaccandoli in ogni modo.

Sta a noi riprenderci i nostri figli e i figli degli altri perché un bambino, ogni bambino, non è solo “proprietà” di chi l’ha concepito ma è un bene, un futuro, una ricchezza di tutti e tutti ne sono responsabili.

 

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