Bush-Bin Laden-Hussein: il triangolo del terrore?

“Fahrenheit 9/11”, il film-documentario di Michael Moore, ha appena guadagnato la palma d’oro al Festival di Cannes. Fatto non indifferente, se si tiene in considerazione il fatto che Michael Moore – che era stato premio Oscar per “Bowling for Colombine” (altro tagliente documentario sulla vendita e la distribuzione delle armi negli Stati Uniti), lo stesso che aveva urlato “Vergogna, signor Bush!” durante una delle ultime cerimonie di consegna degli Oscar – nel suo ultimo lavoro prende di mira proprio Gorge W., accusato di aver costruito la guerra in Iraq per i propri interessi. Usa le maniere forti, Moore, non ci pensa due volte prima di affermare apertamente che “Bush non ha personalità. Non sostiene i soldati americani, li disprezza, e li ha messi in pericolo solo per riempire le tasche dei suoi amici e benefattori”. E non solo la guerra in Iraq, intrapresa nel nome della democrazia, -afferma il regista – ha avuto come unico motore gli interessi economici del presidente: la “campagna d’Afghanistan” immediatamente precedente aveva avuto gli stessi identici scopi. E anche lì a pagarne le conseguenze erano stati, fra gli altri, i soldati e le loro famiglie.
In effetti, che la famiglia Bush facesse affari con quella Bin Laden fino a qualche mese prima di quel maledetto settembre 2001, sembra essere molto più che un sospetto. Non è un segreto che il Salem Bin Laden, fratellastro di quell’Osama che lo stesso Bush si è impegnato a descrivere come lo sceicco del terrore, abbia investito nella compagnia petrolifera dei Bush, la Arbusto Energy, fino alla sua misteriosa morte in un incidente aereo (Giancarlo Radice, Corriere della sera). “Nell’assurdità violenta e drammatica di questa guerra condotta da Usa e Gran Bretagna contro il mio paese” ha dichiarato Mehmet, un profugo afgano, durante un dibattito che era stato organizzato dal comitato inglese contro la guerra in Afghanistan “c’è una cosa che rende ancora più tragico quello che sta accadendo: Bin Laden è un prodotto del vostro mondo, di quel mondo occidentale civilizzato che oggi spara missili contro la popolazione inerme e ridotta alla fame dell’Afghanistan”. E, chissà perché, nessuno parla più di quanto fossero stretti i rapporti fra il governo inglese, la Casa Bianca e i “guerrieri musulmani” impegnati a combattere i sovietici in Afghanistan negli Anni ’80. Da amici a nemici, i Bush e i Bin Laden.
E i rapporti con Saddam Hussein? Altrettanto controversi, pare. Amore e odio, anche in questo caso. La situazione si complica se due personalità del calibro di Hussein e Bin Laden decidono di allearsi, come si sospetta che sia successo. Che l’ex raìs non fosse un “musulmano praticante” poco importa: pur di schiacciare il nemico comune occidentale, si può anche fingere di aver sposato definitivamente l’Islam.
“Saddam e Bin Laden. Finalmente uniti. La loro alleanza era stata evocata, smentita, annunciata. Ora non ci sono più dubbi. Dietro alla più imponente e seria minaccia alle forze americane in Iraq, c’è un esercito di fedelissimi al tandem più ricercato del mondo” – “Saddam è un nemico dell’islam”, aveva sottolineato Bin Laden in uno dei numerosi nastri messi in circolazione “ma dal momento che i nuovi crociati americani stanno per aggredire l’islam e i musulmani, diventa religiosamente lecito allearsi con Saddam per fronteggiare insieme il Grande Satana” (la Repubblica, 15 giugno 2003).
“Non c’è dubbio che ci sono stati dei contatti fra l’Iraq e Al Qaeda –ha affermato il capo della Cia Gorge Tenet, intervenendo di fronte alla Commissione Forze Armate del Senato a Washington  – e non può essere escluso che gli attacchi dell’11 settembre siano stati organizzati con l’aiuto dell’Iraq o dell’Iran” (la Stampa, 21 marzo 2002).
“Bin Laden fa arrivare un messaggio sull’Iraq. È un nuovo nastro inviato alla tv satellitare del Qatar Al Jazira. Lo sceicco esorta il popolo iracheno a compiere attentati suicidi contro gli americani. La risposta irachena alla presa di posizione Usa sui legami tra Al Qaeda e il regime di Saddam Hussein non si è fatta attendere. Il legame stabilito dagli Stati Uniti tra Baghdad e Osama Bin Laden dopo l’appello di quest’ultimo a sostenere il regime di Saddam Hussein è ‘un nuovo pretesto americano’ per colpire l’Iraq. Lo ha detto oggi un alto responsabile iracheno” (Corriere della Sera, 12 febbraio 2003).
Ecco come Michael Moore conclude una delle ultime interviste rilasciate prima della vittoria a Cannes: “La verità è che l’Iraq vanta la seconda riserva di petrolio più grande del mondo: per questo siamo lì. Perché non dirlo chiaramente? Bush l’aveva quasi fatto un paio di settimane fa, quando ha detto: ‘Non bruciate quei pozzi…’, pensavo stesse per aggiungere, ‘perché è il nostro petrolio!’, ma non l’ha fatto. Sarebbe stata una splendida gaffe. Avrebbe detto la verità per una volta”.


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