Prigionieri delle Usca, il modello segnalazioni a Palermo «Separare i casi più gravi dai positivi con sintomi lievi»

«Qui a Palermo eravamo indietro di circa 16mila segnalazioni, come potevamo andare a casa di tutti in tempi rapidi? Così ci siamo inventati un nuovo metodo: abbiamo fatto sviluppare un algoritmo che separa i casi gravi, che hanno bisogno di cure domiciliari, da quelli che stanno bene o hanno sintomi lievi e magari sono pure vaccinati con tre dosi». Rosario Iacobucci, referente medico dell’hub Fiera del Mediterraneo, spiega così quello che può essere definito il modello Palermo. Un nuovo metodo di monitoraggio e divisione in categorie dei positivi che potrebbe essere la soluzione ai disagi subiti da tanti siciliani costretti ad attendere ben oltre il periodo di quarantena per sottoporsi al test delle Usca e registrare la propria negatività al Covid. «Questi ultimi – ha spiegato Iacobucci ai microfoni di Direttora d’aria – vengono contattati un giorno prima che finisca la quarantena e viene dato loro appuntamento all’hub per il tampone. Così stiamo smaltendo l’arretrato e liberando i cittadini dalla quarantena». 

Un metodo, quello di Palermo, che si spera faccia presto scuola anche nelle altre province e che potrebbe essere la soluzione definitiva per molti utenti che, in modo provocatorio, possono essere definiti Prigionieri delle Usca. Una definizione che, però, fa storcere il naso al referente medico dell’hub palermitano. «Dobbiamo chiarire una cosa – ha sottolineato Iacobucci -, chiunque venga a conoscenza, in qualsiasi modo, di una positività lo deve comunicare al medico di medicina generale che è il primo filtro e lui farà partire la segnalazione alle Usca». Ma al contempo ha spiegato come stanno provvedendo a recuperare il buco di 16mila segnalazioni. 

«Abbiamo filtrato i sintomatici moderati andando a casa e trattandoli con i monoclonali evitando così l’ospedalizzazione – ha spiegato -, per tutti gli altri con sintomi lievi li abbiamo inseriti in un algoritmo informatico, calcolando lo stato vaccinale e al settimo giorno li abbiamo convocati in massa». Per un totale di «circa 2500 convocati al giorno», ha detto Iacobucci, costretti ad attendere in fila «che dura al massimo tre ore», assicura il referente medico di Fiera del Mediterraneo. «Se poi li convochiamo alle 17 e vengono alle 14, allora diventa un problema», ha evidenziato Iacobucci su Radio Fantastica. Un sistema, però, quello implementato dall’hub del Capoluogo che, sebbene dia i suoi frutti, dopo due anni di pandemia, non è ancora stato istituzionalizzato

Nel frattempo le segnalazioni degli utenti in attesa del tampone di fine isolamento si moltiplicano e il ritornello è sempre lo stesso: «Sentirsi dire che siamo impreparati, dopo due anni, è assurdo», lamentano. «Se il medico ha fatto la segnalazione alle Usca – ha precisato Iacobucci – parte un isolamento automatico e, inoltre, la convocazione per il tampone di fine isolamento, il paziente la riceverà il giorno precedente alla scadenza dello stesso e questa è una certezza assoluta», ha aggiunto il medico. «Purtroppo, la corsa di questa variante e il numero esorbitante e non prevedibile di contagi ha spiazzato tutti», ha ammesso Iacobucci. 

La speranza, per il futuro, è quella di rendere organico il sistema creato dagli informatici palermitani. «Ci si può riorganizzare ma non senza difficoltà – ha proseguito Iacobucci -, anche perché non esiste una piattaforma unica». Come per tutti i casi sanitari al di là del Covid. «Ancora fatichiamo ad avere un fascicolo sanitario unico dove il medico può accedere tranquillamente – ha ammesso Iacobucci -, ciò che non funzionava prima non poteva essere migliorato adesso». A piangerne le conseguenze sono i cittadini. Come Giuseppe Occhipinti, libero professionista catanese, che ha atteso invano di essere contattato dalle Usca ben oltre una settimana dopo la scadenza del periodo di quarantena

«Sono stato in quarantena una settimana in più del dovuto – racconta Occhipinti a Radio Fantastica – perché non avevo ancora ricevuto nessun contatto dall’Usca». Così è cominciato il calvario, fatto di innumerevoli telefonate e nessuna risposta. «Stanco di questa situazione, ho chiesto al mio medico di base un documento che attestasse la mia condizione e sono andato io stesso all’hub di via Forcile a Catania per il tampone – ha spiegato Occhipinti -. Certo, in teoria non sarei potuto uscire di casa, ma che altro modo avevo? Lì, comunque, ho fatto nove ore e un quarto di fila. C’erano anche persone con bambini, senza acqua, cibo e senza la possibilità di andare in bagno: riuscite a immaginare cosa significa?». 


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