Allerta maltempo, i punti deboli nella gestione regionale Stazioni meteo ancora da collaudare e carenza di esperti

Circa due ore. La sera del 25 ottobre 2019, passò tanto tra il primo avviso di nubifragio in corso ricevuto dalla Protezione civile e il momento in cui Giuseppe Cappello uscì di casa. Quel giorno l’uomo, un poliziotto penitenziario di 52 anni, morì travolto dall’acqua e dal fango proveniente da un canale di scolo che taglia la statale 115 Rosolini-Noto, nel Siracusano. A quasi due anni dalla tragedia, non la sola registrata in Sicilia a causa del maltempo, la capacità di prevedere le condizioni meteo avverse e di mettere in campo in maniera tempestiva la sorveglianza delle zone più a rischio è un tema che è tornato al centro dell’attenzione con l’ondata di maltempo che ha colpito Catania. Anche se in quest’ultimo caso il problema è stato più il vento che la pioggia, è lecito chiedersi se e cosa potrebbe essere fatto meglio nel campo del monitoraggio di fenomeni che, a detta di molti esperti, negli ultimi anni si manifestano con mutazioni più improvvise rispetto al passato.

Da questo punto di vista, la Sicilia si trova in una fase di transizione ma comunque deficitaria rispetto ad altre regioni d’Italia. Tra investimenti di cui si attendono i frutti e carenze che ancora devono essere colmate. Rientra senz’altro nel primo caso la gara d’appalto da oltre 14 milioni di euro che la Regione siciliana ha indetto nell’estate del 2017 per incrementare la dotazione delle stazioni meteorologiche, portando da 52 a 277 quelle pluviometriche, e acquistandone 25 per la misurazione del vento e 14 per l’altezza del manto nevoso. Ad aggiudicarsi quella fornitura, che prevede il passaggio alla comunicazione dei dati via radio lasciando in secondo piano quello basato sulla tecnologia di telefonia Gprs-Umts, è stato un gruppo d’imprese guidato dalla Cae di Bologna, uniche partecipanti alla gara con un ribasso di poco superiore al due per cento. «Il presente appalto definisce le necessità di integrazione della rete idrometeorologica al fine di consentire una più efficacie attività di monitoraggio e sorveglianza, utile sia per la fase previsionale che per la fase di gestione delle emergenze», si legge nel capitolato tecnico.

A incamerare i dati provenienti dalle stazioni meteorologiche è il Centro funzionale regionale decentrato multirischio integrato. Ed è dagli uffici palermitani di via Gaetano Abela che partono gli avvisi ai singoli Comuni interessati, a cui spetta prendere le decisioni del caso, come per esempio l’interdizione della viabilità nelle zone ritenute più pericolose. E per quanto la prevenzione resti l’aspetto più importante e il principale tallone d’Achille della Sicilia, è chiaro che, quando una criticità è in atto, più la catena di comunicazione è veloce e precisa, più sarà elevata la possibilità di evitare tragedie.

Tuttavia, a oltre tre anni dalla firma del contratto tra Regione e privati, le stazioni meteo non sono ancora pienamente a disposizione della Protezione civile. «L’installazione è stata completata a inizio anno, ma bisogna ancora collaudare il sistema prima che sia operativa», fa sapere un funzionario. Stando a quanto ricostruito da MeridioNews, già a dicembre scorso il dipartimento regionale ha sondato il terreno per cercare al proprio interno due figure con le caratteristiche idonee per svolgere il ruolo di collaudatore della fornitura. L’atto d’interpello, però, è andato deserto e così la Regione ha indetto una procedura per affidare il compito all’esterno. La gara si è conclusa in estate con l’aggiudicazione a un ingegnere elettronico palermitano, ma il contratto finora non è stato firmato. «Si tratta di pochi giorni, già questa settimana potrebbe essere ratificato», assicurano dalla Protezione civile. Il mancato collaudo, tuttavia, non è l’unico problema all’orizzonte. Tra i nodi c’è anche quello di far sì che le costose apparecchiature rimangano lì dove sono state piazzate. «Purtroppo qualcuna è stata già danneggiata, capita che vengono rubati alcuni componenti, come le batterie. Sulle Madonie, invece, una è andata bruciata in seguito a un rogo», è l’ammissione che arriva dagli uffici palermitani.

Tra le critiche che puntualmente vengono rivolte alle istituzioni c’è quello delle possibili incoerenze tra gli avvisi diramati dalla Protezione civile – le allerte di diverso colore in base al rischio idraulico e idrogeologico previsto – e i fenomeni atmosferici che poi realmente si verificano. La Sicilia da questo punto di vista paga il fatto di non avere ancora al proprio interno un servizio meteorologico, poggiandosi così sulle informazioni dell’Aeronautica militare. Precise ma che vengono trasmesse con frequenza diversa da quella che servirebbe a un centro funzionale regionale della Protezione civile. A partire dall’attività di nowcasting, ovvero le previsioni meteorologiche a brevissimo termine e concentrate su un’area specifica. «Abbiamo attivato una collaborazione sperimentale con l’Università di Messina, dove è stata sviluppata una modellistica previsionale molto interessante e che ci è di aiuto – conclude il dirigente regionale – Ma chiaramente non equivale ad avere un servizio meteorologico interno».


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