Messina: imprese fittizie, fatture false e frode fiscale Finanzieri sventano «sistema di economia criminale»

«Uno stile di vita proteso al conseguimento di ingenti e facili guadagni e un’attività elevata a vero e proprio sistema di economia criminale programmato in modo accurato e attuato con impressionante continuità». Così il gip del tribunale di Patti ha definito il quadro che oggi è stato sgominato, portando al sequestro di denaro per un valore di circa mezzo milione di euro, tre persone agli arresti domiciliari e all’interdizione dell’esercizio dell’attività di impresa ad altri otto per un anno. Questi i provvedimenti emessi dal gip su richiesta della procura, ed eseguiti dalle Fiamme gialle del comando provinciale di Messina insieme ai finanzieri di Milazzo. Le indagini hanno consentito di svelare un sofisticato sistema di frode attraverso il quale gli indagati avrebbero percepito indebitamente fondi pubblici per un importo di oltre un milione di euro.

I tre soggetti destinatari della misura cautelare dei domiciliari sono G.P.S. di 50 anni, il 39enne C.L, e R.G.I., accusati di essere ai vertici di una strutturata associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, fino alla frode fiscale. G.P.S. con precedenti per reati contro il patrimonio e attualmente in carcere per cumulo di pene – dovrà scontare sette anni di reclusione – sfruttava le amicizie e le parentele per costituire, grazie al sodalizio con gli altri due, ben dieci società, di cui due amministrate da C.L. e R.G.I., mentre le otto aziende rimanenti erano gestite da terzi soggetti, oggi tutti destinatari del provvedimento di interdizione. Le attività prese in esame dagli inquirenti sono i numerosi rapporti economici giudicati fittizi: dal commercio all’ingrosso di prodotti alimentari, all’attività di stampa passando al commercio di macchine e attrezzature fino alla costruzione di edifici e attività di catering e ristorazione. Tutto finalizzato all’ottenimento di ingiusti profitti.

Tutti gli introiti erano ottenuti attraverso la produzione e l’utilizzo indiscriminato di fatture false al fine di documentare le spese per quattro progetti di investimento assistiti dal Fondo centrale di Garanzia della Banca del Mezzogiorno Mediocredito Centrale, ma anche per non aver onorato, successivamente all’avvenuta erogazione, i connessi impegni assunti con il contratto di finanziamento. I finanzieri hanno riscontrato, attraverso gli accertamenti contabili e le indagini sul campo, come i rapporti economici risultassero connotati da evidenti profili di anomalia: opere edili mai realizzate, falsi preventivi di spesa, macchinari mai acquistati, il tutto artatamente costruito per indurre in errore gli istituti di credito eroganti. Solo sulla carta i quattro progetti d’investimento, per un importo totale pari ad oltre un milione di euro, avrebbero dovuto essere destinati alla realizzazione di pasta biologica, mai realizzato, di elevata qualità, prevedendo anche la ristrutturazione – poi rivelatasi fantasma  – di un opificio industriale con sede in provincia di Enna, addirittura prevedendo la digitalizzazione dell’azienda e millantando l’introduzione di sofisticati e moderni macchinari, nella realtà mai acquistati dalla capofila.

Sono emersi, inoltre, l’assenza di qualsiasi profilo imprenditoriale da parte degli amministratori di diritto, alcuni gravati anche da procedimenti penali e di polizia, e l’inesistenza delle sedi societarie e della documentazione commerciale. Alcune società erano affidate a prestanomi che, in cambio di denaro, si rendevano disponibili ad assecondare l’organizzazione. Un giro vorticoso e milionario di documentazione falsa, pari a ben 21 milioni di euro tra fatture false emesse e ricevute e che solo una meticolosa analisi della documentazione contabile delle società coinvolte ha consentito di ricostruire nel dettaglio. A tal proposito, peraltro, le Fiamme gialle pattesi hanno eseguito anche mirate ispezioni fiscali che, oltre a portare alla tassazione dei proventi illeciti quantificati in oltre un milione di euro, riferibili all’importo totale del contributo frodato, consentivano di segnalare all’Agenzia delle Entrate di Messina e alla procura di Patti importanti valori frutto di evasione fiscale, per oltre quattro milioni tra Iva e Irap.


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