I racconti della casa per anziani trasformata in un lager «Mi hanno rotto un braccio con una bottiglia di plastica»

Tutto è cominciato il 27 settembre dello scorso anno. Una donna anziana riesce a impossessarsi di un telefono e compone il numero fisso di una casa di cura. L’operatore che risponde resta senza parole davanti a un racconto dell’orrore. «Mi trattano peggio di un cane, mi legano e non mi fanno chiamare mio figlio». Poche frasi, interrotte dalle lacrime, ma che bastano ad aprire un’inchiesta della guardia di finanza sulla residenza I nonnini di Enza, al civico 129 di viale Lazio, a Palermo. Un lager per anziani, secondo gli inquirenti, con ospiti picchiati e insultati, come hanno immortalato microspie e telecamere di sicurezza. Agli arresti domiciliari è finita la titolare, Vincenza Alfano di 28 anni, e tre fratelli con la mansione di operatori: Maria Grazia, Carmelina e Mariano Ingrassia. Tutti accusati di maltrattamenti e lesioni personali, mentre la residenza è stata messa sotto sequestro e affidata a un amministratore giudiziario.

Le mortificazioni psicologiche sarebbero state una costante, come emerge dagli atti dell’inchiesta. «Vatti a chiudere in un canile», dice in un’occasione l’operatrice Maria Grazia Ingrassia a un’ospite. «I cani sono rispettati», replica quest’ultima. Pochi minuti dopo, l’obiettivo si sposta su un’anziana colpevole di lavare la dentiera nel lavandino della cucina: «La devi pulire nel gabinetto. Non rompere il cazzo e vattene». Spesso e volentieri dalle parole si passa ai fatti. È quasi l’alba del 3 dicembre dello scorso anno quando una donna viene ripetutamente colpita con schiaffi al volto e in testa da una delle indagate: «Ci stai rompendo la minchia. Devi stare zitta», dice. Tutte le scene si svolgono tra la sala cucina e l’area dedicata alla televisione ma il sospetto dei militari è che le violenza sarebbero avvenute anche in altre zone della residenza non monitorate dalle telecamere. L’indizio arriva sempre dalla voce di una degente: «Vorrei avere a che fare solo con una persona più umana. È da ieri sera che picchi».

«Sembrerebbe consueta – scrive la giudice per le indagini preliminari Cristina Lo Bue – la somministrazione di sonniferi agli anziani, anche in pieno giorno». Almeno in due occasioni nelle carte dell’inchiesta si fa riferimento all’utilizzo della Quetiapina, farmaco utilizzato anche per trattare la schizofrenia. «Emblematica» viene definita una conversazione intercettata alla vigilia di Natale del 2020. Le due operatrici vengono intercettate mentre decidono di non sedare l’anziana perché imminente la visita del figlio: «Non gliel’ho data… la vede più sveglia. Appena se ne va, prendi e gliela dai». La struttura, in cui si poteva soggiornare con un costo di circa 800 euro al mese, nel 2017 è stata presentata da Enza Alfano con un video pubblicato su Youtube. «Si tratta di una struttura all’avanguardia e molto bella», dice un uomo intento a riprendere proprio la sala da pranzo. Il filmato prosegue con la titolare che fa da guida tra corridoi e stanze, in cui spesso si alternano statue della Madonna

Negli atti dell’inchiesta è finita anche la testimonianza diretta di chi dentro quell’inferno ci ha vissuto per mesi. «Mi chiamavano sempre puttana – racconta una vecchietta che, con estrema lucidità, ha ricostruito quanto avrebbe subìto – In una occasione, una badante mi ha colpito al braccio con una bottiglia di acqua di plastica procurandomi una frattura. Quando sono stata portata al Pronto soccorso dell’ospedale Cervello ho dovuto dichiarare che mi ero fatta male da sola, altrimenti mi avrebbero massacrato di botte». I telefoni, che stando alle testimonianza sarebbero stati messi sotto sequestro per evitare chiamate alla polizia, sarebbero stati gli unici strumenti per raggiungere la libertà. «Ricordo che una volta mi hanno rinchiuso in una stanza – continua l’anziana – Mi strattonavano, mi tiravano i capelli, mi picchiavano con calci nelle gambe, tutto per futili motivi». Per la giudice Lo Bue emerge un quadro fatto «di atti di ordinaria vessazione», oltre al fatto che, in alcuni casi, agli ospiti sarebbe stato «propinato cibo scaduto».  


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