Le ingerenze di Cosa nostra nel mondo degli Ultras La pace imposta dal clan e l’intervento dopo Palmi

Frammentati, incapaci di comunicare, sensibili all’autorità della mafia. Dall’indagine che ha portato in manette i vertici della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio non esce un quadro edificante dei gruppi organizzati della tifoseria del Palermo calcio. Da un corposo numero di intercettazioni emerge infatti quello che è il ruolo degli uomini forti del clan, dapprima chiamati in causa per mettere fine a un dissidio interno, poi quasi costretti a intervenire per evitare brutte figure che potessero portare gli spettatori a disamorarsi della squadra tanto da smettere di andare allo stadio. Che in curva mancasse una linea comune era cosa nota. La divisione della curva nord in superiore e inferiore, con tanto di polemiche, accuse reciproche e rancori ancora irrisolti, è ormai avvenuta diversi anni fa, ma questa è solo la spaccatura più evidente in un settore, quello del tifo organizzato, incapace paradossalmente di organizzarsi davvero e andare oltre le divisioni, non fosse altro che per il bene della squadra. ll motivo, come sempre, è il potere. 

È il 20 settembre del 2019 quando il capo del gruppo Ultras Palermo 1900, uno di quelli situati nella Nord superiore, si presenta alla porta di Jari Ingrao, nipote di Angelo Monti, reggente della famiglia di Borgo Vecchio. Siamo all’indomani di un grosso conflitto tra membri di gruppi di ultras appartenenti allo stesso settore, sfociato poi in rissa. L’intento del capo ultras è quello di chiedere un’intercessione, preferibilmente da parte del capomafia, per appianare i contrasti interni e chiudere a suo favore i dissidi con l’altra grande anima della curva Nord superiore, il gruppo Curva Nord 12. Ingrao dapprima pensa di risolvere da solo il problema, poi decide che è meglio chiamare in causa lo zio. 

Per acquisire maggiore autorevolezza il numero uno del gruppo Ultras Palermo 1900, pezzo storico della tifoseria rosanero, si fa forte della sua conoscenza personale con tale Pinuzzo, nomignolo con cui viene solitamente indicato Giuseppe Gambino, altro esponente apicale della famiglia mafiosa di Palermo Borgo Vecchio. Jari, da par suo, si avvale della collaborazione di Giorgio Mangano, che già era intervenuto altre volte in passato per sedare gli animi tra i supporter rosanero. «Jari: allora, vedi che io ora faccio una cosa – dice rivolgendosi al capo ultras – se “mando” a chiamare quello della 12, faccio aggiustare tutte queste cose, perché ti giuro a mio padre, i cristiani hanno la minchia vunciaora là tutte cose se le sbriga Giorgio (Mangano, ndr)! A “livello” discorsi, fare e dire, quello che dice Giorgio si deve fare! Punto!».

E quello che dice di fare Giorgio, alla fine, si fa. Il gruppo Ultras Palermo 1900 viene così autorizzato a «mettere una pezza», esporre uno striscione, tra quelli della Nord superiore. «Domani – dice Ingrao al telefono durante una telefonata con uno dei capi del gruppo Palermo 12 – qua mi sta dicendo Giorgio che c’è una coreografia… poi tanto, pure se non si vede la “pezza”… “per una mano” si deve mettere! Poi se non si vede non m’interessa… “per una mano” si deve mettere! Lunedì, immancabilmente. Ho il piacere io che venga messa questa “pezza”! E lunedì, il lunedì, se devo dare spiegazioni a qualcuno le darò».

La pace tra le due fazioni dalla Nord superiore torna a vacillare neanche un mese dopo, dopo la trasferta della squadra rosanero a Nola. Una trasferta che i gruppi organizzati seguono con cinque pullman. I tifosi non sono neanche arrivati allo stadio della cittadina campana quando uno dei mezzi, quello degli Ultras 1900, viene fermato da un gruppo di supporter nolani, che riescono a sopraffare i siciliani, portandosi a casa un bottino di guerra fatto di sciarpe e magliettine sottratte al nemico. La cosa risulta essere un’onta da punire severamente per i capi della Nord 12, che convocano così ancora il leader degli Ultras 1900 per «dare una punizione esemplare ai suoi militanti – scrivono gli investigatori – rei di non aver resistito all’affronto subìto, vietandogli di entrare allo stadio di Palermo per le partite casalinghe». Pena l’esclusione, ancora una volta, dello striscione del gruppo durante le gare casalinghe. Il capo degli Ultras 1900 a quel punto inventa una storia: per convincere gli altri a non punire l’intero gruppo, mette in giro la voce di aver picchiato ed escluso uno dei suoi, vittima sacrificale, che appare subito pronto a immolarsi per la causa: «Io sono andato a vedere a casa la sciarpa non c’era veramente, allora io nella vita io ho perso perciò c’è poco da discutere io non posso venire più allo stadio», dirà al suo superiore, e così in effetti farà. 

Sono momenti difficili per gli Ultras 1900. L’escamotage utilizzato per non perdere il diritto di esporre la pezza ha infastidito molti, tanto che qualcuno esprime la propria volontà di abbandonare il gruppo, che in quel momento, per potersi ingrandire, è in trattativa con i ragazzi di Audaces, gli ex Casa Pound. Ma le cose cambiano ancora appena un mese dopo. Nel pomeriggio del 17 novembre 2019, a Palmi, si disputava l’incontro fra la Palmese e il Palermo. Durante l’intervallo fra il primo e il secondo tempo si verificava una violenta rissa fra supporter palermitani, con diversi feriti, che coinvolge due gruppi in trasferta: quello della Curva Nord 12 e quello della Curva Nord Inferiore. Una brutta figura finita su tutti i telegiornali, a cui neanche la mafia di Borgo Vecchio resta insensibile, ma alla fine decide di non esporsi, di non ingerire. Un intervento tuttavia soltanto rimandato, perché le tensioni tra Nord 12 e Cni rischiano di toccare livelli preoccupanti, con i primi in cerca di vendetta, tanto da organizzare un vero e proprio attentato ai danni degli avversari, che hanno la loro roccaforte proprio a Borgo Vecchio. 

«Io ho già tutto qua, i dolcini dentro la macchina, pronti» dice un tifoso a un altro, intercettato dai carabinieri. Scriveranno gli inquirenti: «Tale preoccupante circostanza connota, in tutta la sua chiarezza, l’estrema pericolosità del gruppo ultras Curva Nord 12, all’interno del quale militano soggetti in grado di armarsi velocemente per risolvere questioni interne, per niente connotate dalla cosiddetta “mentalità ultras” ma che appartengono, al contrario, ai principi di bande armate, in grado di compiere le loro vendette in maniera cruenta». La gara successiva, tuttavia, tutte le anime della Nord si sono presentate nelle rispettive postazioni in perfetta pace tra loro. Il merito è di una riunione che aveva visto protagonisti i capi ultras, alla presenza di «cristiani di fronte ai quali non era possibile tradire la parola data». Quanto basta per fare capire che avevano assunto l’impegno di cessare le ostilità, perché, come diceva Ingrao in occasione di un’altra intercettazione registrata mesi prima, «queste cose non devono esistere! Perché qua si sta arrivando al punto che la curva va a restare vacante, perché neanche entra alcuno allo stadio!».


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