Ieri l'assessore al Territorio Toto Cordaro ha annunciato la ricezione di un parere favorevole all'attuazione di un piano di contenimento. Nel parco il numero degli esemplari è di circa diecimila. Wwf: «Un errore introdurli, ma ora vanno cercate alternative»
Madonie, la Regione va verso l’abbattimento dei daini «Sono troppi e causano continui danni agli agricoltori»
Si va verso la cattura e l’abbattimento dei daini sulle Madonie. La richiesta, che nei mesi scorsi era stata rigettata dal comitato regionale per la protezione del patrimonio naturale (Crppn), ha trovato esito positivo la scorsa settimana. A darne notizia, ieri, è stato l’assessore al Territorio Toto Cordaro. «Una strategia che mira a limitare gli ingenti danni provocati dal proliferare incontrollato di questa specie», ha commentato l’esponente della giunta Musumeci parlando del piano di contenimento che sarà varato dalla Regione.
Quello dei daini all’interno del Parco delle Madonie è un fenomeno che negli anni si è tramutato in problema per le aziende agricole del territorio. «Sono animali che riescono a danneggiare le coltivazioni e in questo senso da tempo diversi imprenditori agricoli ci avevano fatto presente di essere pronti a proteste vibranti», commenta a MeridioNews il direttore del Parco Rosario Lazzaro, aggiungendo che le particolari caratteristiche dell’animale fanno sì «che anche le recinzioni servano a poco, dato che riescono a saltarle». A far mutare il parere del comitato chiamato a esprimersi sull’opportunità di pianificare il contenimento della specie avrebbe inciso un parere dell’Ispra. «L’istituto ha messo nero su bianco come il daino non rappresenti una specie autoctona del territorio», sottolinea il direttore del Parco.
In effetti la comparsa dell’animale, che rappresenta una delle attrazioni offerte ai visitatori che si addentrano tra i monti palermitani, va rintracciata nei decenni passati. Intorno agli anni Ottanta. Un’iniziativa che – un po’ come accaduto con i cinghiali, altra specie la cui gestione negli ultimi anni è stata al centro di polemiche – sarebbe legata a un’iniziativa portata avanti dal Corpo forestale e che, con il tempo, si sarebbe rivelata errata. Questo almeno è il parere del Wwf. «Non è stata di certo un’idea geniale – dichiara a MeridioNews il responsabile Fauna Ennio Bonfanti -. Sono animali che si riproducono con facilità e, considerata la dimensione contenuta delle superfici boschive della Sicilia, spesso finiscono in zone in cui è presente l’uomo».
Tuttavia, per l’associazione animalista, quella dell’abbattimento non dovrebbe essere la prima opzione da seguire. «La legge dice che all’interno di un parco non si dovrebbe sparare mai, quando si possono percorrere soluzioni alternative – continua Bonfanti -. In attesa di leggere cosa prevede questo piano di contenimento, il nostro timore è quello che si scelga di abbattere gli animali andando incontro ai desiderata del partito dei cacciatori. Senza valutare possibilità come l’uso di recinti elettrificati». Un altro tema riguarda l’uso delle carni degli esemplari che saranno abbattuti. «Non vorremmo che questa necessità di intervenire possa trasformarsi in un piccolo business», conclude Bonfanti.
Dal Parco, intanto, viene ribadita l’esigenza di fare qualcosa. «Parliamo di circa diecimila daini – prosegue Lazzaro – ma al di là del numero a incidere in particolar modo è la densità. In alcune aree se ne trovano anche duecento in un chilometro quadrato». Il direttore spiega poi che a poter sparare saranno, così come previsto dalla legge, solo i cacciatori che risiedono nelle aree del Parco. «Come prima azione credo opteremo per la cattura nei recinti, a cui seguiranno le analisi del caso; ma è probabile che verrà anche autorizzato l’abbattimento da parte dei cacciatori», conferma Lazzaro.
«Intervenire significa disinnescare problemi di ordine sociale che rischiano di diventare davvero gravi – ha detto ieri l’assessore Cordaro -. L’obiettivo è quello di raggiungere numeri ecologicamente più sostenibili, ristabilendo finalmente un corretto equilibrio tra le esigenze della fauna, della popolazione locale e, ovviamente, del nostro patrimonio naturale».