Collaboratore di giustizia nel mirino delle minacce «Cosa stanno aspettando tutti, l’ennesimo morto?»

«To patri n’avi pi picca». Per qualcuno, a BagheriaBenito Morsicato avrebbe i giorni contati. E quel qualcuno, per farglielo sapere, ha pensato bene di minacciare direttamente sua figlia adolescente. Che, terrorizzata, non va nemmeno più a scuola. «Pentita», le dicono sottovoce alcuni concittadini, quando mette il naso fuori di casa per andare da qualche parte. La sua colpa? Essere figlia di un uomo che ha deciso di rinnegare Cosa nostra e collaborare con lo Stato. «A Bagheria lo sanno tutti che come esce di casa gli staccano la testa», le dicono da mesi nelle telefonate anonime con cui la tormentano. Morsicato, che è uscito spontaneamente dal programma di protezione denunciando le numerose falle di un sistema che in realtà non è riuscito a proteggere davvero lui e la sua famiglia, per l’ennesima volta ha denunciato tutto. Ma non è la prima volta e la pattuglia che ogni giorno staziona sotto al suo balcone di casa non contribuisce a farlo sentire del tutto al sicuro.

Ma le minacce, purtroppo, non sono ormai da tempo una novità per questa famiglia. Gli ultimi episodi intimidatori, però, sembrano tuttavia aver smosso qualcosa, generando un effetto in cui Morsicato quasi non sperava più. «Sono stato convocato dalla Commissione parlamentare antimafia per un’audizione», racconta a MeridioNews il collaboratore di giustizia, che pochi giorni fa è volato a Roma, accompagnato dalla scorta, per raccontare la sua storia. «Ho detto tutto, dalle minacce con cui da mesi tormentano mia figlia agli episodi accaduti direttamente a me – rivela -. Solo la settimana scorsa, mentre ero affacciato al balcone di casa, ho visto una macchina fermarsi sotto al mio portone. Niente di strano, ho pensato all’inizio. Solo che poi l’autista ha sollevato la testa come a cercare di scorgere qualcuno e il passeggero seduto di fianco a lui ha fatto lo stesso, piegandosi sul guidatore e sporgendosi a sua volta. Mi sono detto che magari era solo qualche curioso, c’è chi viene fino a casa mia solo per guardare».

Uscito poco dopo da casa, si è accorto però che quella macchina era ancora lì, posteggiata dietro l’angolo. «Ho fatto cento metri e mi sono accorto che avevano appena messo in moto, cominciando a venirmi dietro. Fortunatamente da una traversa è uscita un’altra macchina, che si è messa di traverso tra la mia e quella sospetta. Ne ho approfittato e mi sono dileguato passando per alcune stradine secondarie». Lo spavento però è stato tanto da decidere di guidare dritto fino alla caserma di Termini Imerese per denunciare l’ennesima stranezza. «Le cose cominciano a non piacermi tanto…». Per questo la convocazione in Commissione antimafia sembra proprio arrivare al momento giusto. «L’audizione è andata benissimo, ho conosciuto il presidente Nicola Morra e al tavolo ad ascoltarmi c’era anche l’onorevole Piera Aiello – racconta -. Ho spiegato tutto, dai motivi che mi hanno portato fuori dal programma alla mia vita quando ne facevo ancora parte insieme alla mia famiglia. Non potevo non parlare anche dell’episodio assurdo delle valigie smarrite che mi sono state rubate in un momento di assenza della scorta, durante il trasferimento in località segreta. Ho perso tutto, ma il paradosso è che potevano anche mettere un ordigno sotto l’auto anziché limitarsi a rubare, non lo avremmo mai saputo».

Un episodio, questo in particolare, rimasto ambiguo e nebuloso. Malgrado le continue richieste, da parte della famiglia Morsicato, di capire come sia stata possibile una cosa tanto grave. «Ero ancora dentro il termine dei 180 giorni, quelli di isolamento in cui chi decide di collaborare è isolato da tutto, avevo detto a mia moglie di portarmi alcuni appunti su delle dichiarazioni che dovevo fare. E se il furto delle valigie fosse stato mirato a sottrarre questi documenti? Com’è che hanno preso solo le mie cose e quelle dei funzionari no? Palette, lampeggianti, sono cose che vendute in nero rendono di più». Un altro importante capitolo affrontato da Morsicato è quello della capitalizzazione ridotta, passata da 47mila euro a 19mila, che non gli ha permesso né di restare nel programma né di ricominciare autonomamente la sua vita. «La Commissione ha ascoltato tutto con molto interesse e partecipazione, credo che si faranno carico della mia situazione – spiega -. Di certo molto dipende dalla Procura di Palermo, che potrebbe decidere, alla luce delle continue minacce che ricevo, di interpellare la Dda per delle misure di sicurezza straordinarie».

Basterebbe, secondo Morsicato, attivare un programma provvisorio d’urgenza. «Anche perché fra poco, alle minacce che già ricevo da tempo, si aggiungerà la scarcerazione di molti personaggi della famiglia di Corso dei Mille che io ho fatto finire in galera – aggiunge il collaboratore -. Basterebbe portarmi via immediatamente, darmi delle possibilità. La mia famiglia non ha più una vita normale da anni, pur non avendo commesso mai alcun reato, a volte penso che le mie denunce gli abbiano rovinato la vita. Insomma, cosa sta aspettando lo Stato, l’ennesimo morto?».


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