Piccoli editori, come si vive in un Paese che non legge? «Se le librerie chiudono bisogna sapersi reinventare»

In un Paese in cui, secondo le ultime statistiche Istat, soltanto quattro italiani su dieci leggono almeno un libro all’anno essere un editore, specie di piccole dimensioni, è quasi un atto di resistenza. Partendo da questo assunto, abbiamo cercato di comprendere ed esplorare il mondo dell’editoria in una città ancora più complicata come Palermo che, dopo la sbornia del 2018 e lo scettro della Capitale della Cultura, deve fare i conti – è proprio il caso di dirlo – con ciò che significa promuovere attività, azioni e prodotti culturali.

Per questo abbiamo incontrato Sara di Benedetto, uno dei due fondatori e gestori di Glifo Edizioni, un marchio nato a metà del 2013 e ancora in piena attività. «Io e Luca Lo Coco, il mio socio in questa avventura, siamo anche tra i promotori di una rete di editori palermitani che si chiama Editori allo scoperto – racconta Sara – Quando siamo nati, abbiamo deciso di fare un’editoria che ci piacesse, dal punto di vista dei temi e delle linee: quindi arte, teatro, e poi i libri illustrati per bambini e la saggistica, sempre con attenzione alla legalità. Contestualmente a questo lavoro sui libri, ci sembrava assurdo che gli editori di una città come Palermo non si conoscessero tra di loro. Quindi la nostra idea è stata quella di confrontarci, di venire appunto allo scoperto perché dal confronto nasce sempre una crescita».

Ecco dunque che nella piccola sede di Glifo in via Beato Angelico arrivano in questi tutti gli editori cittadini, quelli più famosi e quelli meno, tra cui Sellerio, Macaione, Navarra, il Palindromo. «L’idea era: intanto guardiamoci in faccia e conosciamoci, capiamo chi siamo e se sia possibile fare rete – spiega Sara – Perché sono pochi i lettori in questa città, ma non è che dobbiamo essere per forza concorrenti, possiamo anche lavorare insieme per creare, per ampliare il pubblico. Abbiamo scelto da un lato di confrontarci sui temi principali del nostro lavoro, dalla distribuzione al magazzino, e  dall’altro lo scopo era di portare i libri al di fuori dei luoghi solitamente deputati. Anche per questo a volte organizziamo Glifo a porte aperte, per fare conoscere quello che facciamo dove lo facciamo». 

Le difficoltà cedono dunque il posto all’entusiamo: un processo che è possibile anche in un mondo in eterna crisi come quello dell’editoria. «Ultimamente abbiamo avuto alcune richieste da alcune scuole elementari, per fare vedere ai bambini qual è il lavoro dell’editore – è la puntualizzazione della fondatrice di Glifo – Perché molti non hanno idea, la prima domanda è “L’hai scritto tu? L’hai stampato tu?”, cosa fa l’editore è un po’ più complesso e molto spesso la maggior parte delle persone non lo sa. Soprattutto, quando abbiamo aperto, noi abbiamo deciso di essere editori che lavorano a Palermo, ma non esclusivamente per Palermo. Da subito abbiamo partecipato al Salone del Libro di Torino, quando avevamo appena tre libri in catalogo, perché abbiamo detto “ok, noi siamo di Palermo, lavoriamo da Palermo, ma il nostro pubblico è nazionale, deve essere nazionale”. Chiaramente con la nostra città ci confrontiamo quotidianamente, per capire il rapporto che abbiamo con il pubblico più vicino a noi e con i librai, ma per noi è importante tenere a mente di lavorare per un mercato più ampio e per questo abbiamo un catalogo nazionale – osserva ancora Sara – sia in termini di autori che di temi, cercando di essere aperti al confronto con i lettori e gli editori delle altre città italiane».

Una piccola casa editrice, inoltre, non può non partire (o ripartire) da un rapporto diretto con i lettori. «Pensiamo che la persona sia sempre un valore aggiunto e non crediamo nella competizione sfrenata della vendita online, che esiste ed è chiaro oggi sia una parte necessaria del commercio per qualsiasi editore – concorda l’editrice palermitana – Noto in prima persona che la nostra clientela digitale risiede principalmente in piccolissimi centri dove probabilmente non hanno una libreria che può ordinare un libro, quindi per noi, pur non essendo un investimento primario, internet resta comunque una risorsa». 

E se si parla di web una domanda sorge spontanea: quanto ha inciso l’esplosione di colossi come Amazon e più in generale dei servizi di e-commerce? «Molte librerie chiudono, ma secondo me bisogna chiedersi perché chiudono. È solo per la crisi? Oppure c’entra anche la gestione? Come tutti noi anche i librai devono un po’ reinventarsi. Gli eventi legati al libro sono importanti per incontrare il pubblico, ma a me piacerebbe tanto che a questi incontri venissero anche i librai. Perché alle fiere non si tratta solo di vendere un prodotto: il libraio può trovare una selezione del mio catalogo tutta insieme, bene esposta, insieme potremmo analizzare cosa vendo e parlandone valuteremmo come portare avanti il prodotto che io fornisco».


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