Inchiesta sul traffico illecito di rifiuti metallici Cosa rischiano i piccoli raccoglitori di ferro

Un vero e proprio terremoto che scuote il tessuto sociale più fragile della città, quello dei tanti raccoglitori di metalli che scandagliano giorno e notte i cassonetti dei rifiuti alla ricerca di materiali ferrosi da rivendere a pochi spiccioli. Ci sono tante storie di povertà che cede alle mani del malaffare nell’indagine che ha portato stamattina al blitz della guardia di finanza che ha sì portato in manette quindici persone, ma ne ha viste iscritte sul registro degli indagati ben 146. Un business piramidale sulle spalle dei cenciaioli, alla base della piramide e spesso – pare dalle indagini – complici del secondo livello del sistema, nei casi presunti in cui a fronte di un pagamento piuttosto sostanzioso fatto attraverso bonifici o assegni per garantire la tracciabilità viste le cifre ben gonfiate rispetto a quanto dovuto per il materiale raccolto, si sarebbero trovati a dovere restituire la differenza ai propri referenti. A quelli cioè a cui avrebbero venduto la ferraglia raccolta spesso in strada. 

Una trasgressione da pochi euro alla base, che si moltiplicano esponenzialmente man mano che si salgono i gradini della piramide, sulla cui cima ci sarebbero state le aziende di smaltimento rifiuti finite nel mirino della guardia di finanza che, oltre a disporre controlli fiscali, tanto per loro quanto per i loro fornitori, ha anche piazzato videocamere e intercettato conversazioni telefoniche, documentando un movimento di denaro per rifiuti non regolarmente denunciati da diversi milioni di euro. L’inchiesta tuttavia, oltre a smantellare il sistema di presunto autoriciclaggio portato avanti dai vertici della piramide, potrebbe aprire scenari molto sconfortanti per i cosiddetti cenciaioli che, equipaggiati di apecar, scandagliano palmo palmo Palermo, visto che viene così messa nero su bianco l’illegalità della loro attività, almeno nel periodo successivo al 2 febbraio 2016

«Nessuno dei piccoli raccoglitori indagati – si legge sulle carte dell’inchiesta – è dotato di iscrizione all’albo dei Gestori ambientali», cosa prevedibile visto la natura piuttosto improvvisata di molti di questi, nonostante l’imposizione sancita dal codice ambientale. «Occorre a tal proposito specificare che costoro sono di regola dotati della licenza comunale per il commercio itinerante su aree pubbliche. Tale licenza tuttavia non esclude la necessità di dotarsi dell’iscrizione all’albo», ma mentre prima del febbraio 2016 ci si poteva appellare all’eccezione che prevede la raccolta e la vendita «in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio», da quell’anno in poi, con l’aggiunta del comma 1 bis all’articolo 30 della legge 221, i detentori dei rifiuti metallici devono consegnarli esclusivamente a imprese autorizzate, estendendo gli obblighi anche a chi è autorizzato al commercio ambulante. 

Un sospiro di sollievo per molti indagati, visto che la documentazione dei fatti per l’indagine parte dal 2011, ma un campanello d’allarme per i tanti che ancora continuano nella loro ricerca quotidiana di materiali ferrosi per sbarcare il lunario.


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