Scomparsa 3 anni fa da Bagheria: dov’è Giusy Ventimiglia? «Stava con un pezzo di merda che si approfittava di lei»

Il caso è ancora aperto da quel fatidico giorno. Da quel 13 novembre 2016, quando l’allora 35enne Giusy Ventimiglia scompare nel nulla, senza lasciare traccia. Sono le 7.30 quando il padre, che vive con lei, la vede per l’ultima volta sull’uscio di casa, a Bagheria, in procinto di uscire. Poi più niente, lei non torna più. I familiari la cercano al telefono, che però risulta spento. Il fratello, Salvo Ventimiglia, da allora lancia appelli perché l’attenzione sul caso rimanga alta, nell’attesa che la procura di Termini Imerese, titolare delle indagini, dia alla famiglia qualche risposta. Una coppia che conosce i due fratelli sin dalla tenera età avrebbe riconosciuto Giusy, il giorno della scomparsa, e l’avrebbe vista in via del Fonditore a Bagheria, dove effettivamente, secondo quanto emerso, il suo cellulare avrebbe agganciato la cella telefonica della zona. Qualcuno avrebbe raccontato, inoltre, alla famiglia che Giusy avrebbe frequentato spesso quel luogo, dove sarebbe stata vista in compagnia di alcuni anziani. Perché si trovava lì? E cosa faceva?

La famiglia è in cerca di risposte da tre anni, ormai. E teme che le possa essere accaduto qualcosa di terribile. Anche per via delle sue precarie condizioni, sia a livello fisico che mentale. Giusy infatti, come raccontato dal fratello ai microfoni di Fanpage, nel 2004 è stata per due settimane ricoverata all’ospedale di Termini Imerese. A sapere delle sue condizioni sarebbe stato anche qualche compaesano. «Abitava vicino casa mia, però la procura non mi ha mai chiamato per chiedermi se sapessi qualcosa di lei o della sua scomparsa. Ci conoscevamo da bambini, era brava ma si fidava di gente senza scrupoli». A parlare è un ex affiliato alla mafia bagherese, da sei anni divenuto collaboratore di giustizia, che di Giusy Ventimiglia sembra conservare alcuni precisi ricordi. «So che usciva con uno sposato, una merda di persona che la faceva pure prostituire – rivela a MeridioNews -. Aveva dei problemi, si era lasciata col marito, e stava con questo pezzo di merda, che se ne approfittava e che secondo me ne faceva approfittare anche ad altri. Almeno… queste sono le voci che girano a Bagheria, lo sapevano tutti. Ma a me mai nessuno mi ha chiesto se io sapessi o meno qualcosa, forse alla procura certe cose interessano e altre no».

Il collaboratore ricorda anche di un incontro preciso che avrebbe avuto, una sera, proprio con Giusy, nei pressi della zona in cui è stata vista prima di scomparire. «Io stavo andando a un distributore per prendere delle sigarette, lei mi ha fermato chiedendomi se potevo fare una telefonata per lei a uno sposato, e io l’ho fatto – racconta -. “Cu sì?”, mi ha chiesto quest’uomo al telefono, io credo di aver riconosciuto la sua voce. Gli ho detto che ero con Giusy, lì per strada, che chiamavo per lei. “Ci rissi ca un ma ffari chiamari a casa”, e ha riagganciato. Parliamo di un uomo che è stato anche intervistato a Chi l’ha visto?, mezza volta, ma non so se è indagato. Da quello che so, era lui che le faceva fare tutte ste porcate, nell’ambiente era chiamato il magnaccio. Organizzava questi festini con degli anziani. Lo sanno tutti a Bagheria, ma c’è omertà. La zona in cui è stata avvistata l’ultima volta Giusy – continua a dire -, quella che conduce a Ficarazzi, alle spalle della caserma, è piena di tunnel usati anticamente dai beati Paoli, lì hanno cercato? Chi lo dice che non l’hanno buttata in qualche buco e poi hanno coperto tutto con le pietre? Lì è una zona un po’ squallida, ci sono delle stalle della famiglia Scaduto, mafiosi locali, pure se avessero visto qualcosa…sono delinquenti…».

Lui non ha prove certe, non ha visto coi suoi occhi succedere qualcosa a Giusy. Anche perché quando lei scompare lui non è già più a Bagheria. Quello che racconta oggi, però, potrebbe comunque rappresentare uno spunto importante da approfondire. Perché, quindi, non farsi avanti coi magistrati? «Non vado in procura a parlare perché non voglio che si pensi che io voglia speculare e racconti queste cose per rientrare in quel programma di protezione da cui io stesso sono uscito – spiega -. Ma se mi chiamano sono disposto ad andare». Perché nel frattempo, allora, non parlare almeno con la famiglia di Giusy? «Perché non voglio che la procura possa, poi, avere il dubbio che il mio racconto sia stato compromesso o viziato dalle informazioni della famiglia». Tuttavia, si dice disposto a un confronto con famigliari e avvocati della ragazza, nell’ottica proprio di iniziare anche un dialogo con la magistratura per tentare di contribuire al caso.

«Mia sorella era conosciuta da tutti ma nessuno ci ha mai fornito elementi validi che ci facciano pensare che sia ancora in vita. Sono passati tre anni e due mesi oggi – racconta il fratello di Giusy, Salvatore Ventimiglia, che non ha mai smesso di cercarla -. Sappiamo che le indagini sono ancora aperte,ma non sappiamo che strade abbiano preso. Floriana, la sua migliore amica, è venuta a mancare un anno dopo la scomparsa di mia sorella e sul caso ha cambiato più volte versione, non ha mai detto la verità. È stata minacciata? Aveva paura di qualcuno? Non lo so. Devo credere davvero che abbia sempre avuto problemi di memoria? Non ci ho mai creduto. Tutti gli altri “amici” hanno negato di averla vista e frequentata nell’ultimo periodo. Eppure la gente ci ha sempre detto di aver visto Giusy in compagnia di queste persone fino a poco tempo prima».

Le ricerche sono partite proprio dalla zona in cui la giovane sarebbe stata vista l’ultima volta, dove il suo cellulare avrebbe agganciato la cella di riferimento. Solo che «le ricerche in quei luoghi da parte della procura sono partite due mesi dopo – spiega ancora il fratello -, 35 uomini fra vigili del fuoco, carabinieri, cani e un elicottero…hanno cercato solo per mezza giornata e poi basta». E delle indagini in corso, ad oggi, alcuna notizia. Anche se qualcosa in realtà è accaduto, visto che a 31 mesi dalla scomparsa di Giusy il padre è stato convocato in caserma per sottoporsi al prelievo di un campione di Dna, «una prassi ci hanno detto, per inserirlo nel loro database, verrà utilizzato nel caso venissero rinvenuti dei resti – continua -. Il reato per il quale la procura sta indagando è sequestro di persona contro ignoti. Speriamo stiano seguendo una pista». Intanto, ci sarebbe un criminologo investigativo dell’istituto di scienze forensi di Milano, Gianni Spoletti, che sarebbe disposto ad andare gratuitamente a Bagheria con le sue attrezzature e con un georadar, proprio lì nei luoghi da dove sono partite le primissime ricerche di Giusy che, secondo la famiglia, furono condotte «con estrema superficialità».

Sullo sfondo di un contesto, quello bagherese, fortemente omertoso su questo caso, a giudicare dalla mancata collaborazione in cui la famiglia ha sempre sperato. «Questa gente omertosa la reputo complice della scomparsa di mia sorella e di quello che le è successo – dice Salvatore -. Ho avuto a che fare in questi anni con mitomani, sciacalli, cartomanti, gente che pur di non parlare mi ha anche minacciato. C’è stato un uomo che durante un’intervista in onda su Chi l’ha visto?, a proposito di mia sorella, si è messo a urlare alla telecamera “non la trovate più!“. Mi aveva detto delle cose che io avevo poi segnalato ai carabinieri, ma non aveva voluto ripeterle davanti alle telecamere». Potrebbe trattarsi della frequentazione con un uomo sposato, di cui parla anche il collaboratore di giustizia? Potrebbe. Si tratta, in effetti, di una circostanza nota anche al fratello Salvatore. «Mia sorella frequentava diversi uomini a quanto pare, tutti sposati. Ma non sappiamo nulla. Né quante persone sono state sentite dai magistrati né tanto meno cosa abbiano raccontato. Ce n’è stato uno che, dopo la frequentazione con mia sorella, si è fatto tre anni di carcere per violenze domestiche. Lo stesso uomo che ha raccontato a Chi l’ha visto? che è stata una sorta di punizione da parte della sua famiglia, proprio perché frequentava Giusy. So che oggi lui vive ancora con sua moglie».

«Mia sorella – prosegue – un anno prima di scomparire aveva rubato molti soldi a mio padre, che ha dovuto denunciarla. Anche qui abbiamo la certezza che mia sorella Giusy questi soldi non li abbia usati per sé. Il furto del bancomat, dell’oro di famiglia e i buoni fruttiferi potrebbero essere la strada da seguire per la scomparsa di mia sorella. Lei non avrebbe mai pensato di fare un duplicato della chiave della cassaforte, se non fosse stata spinta da qualcuno». Tra un’ipotesi e l’altra, in pratica brancolando nel buio, la famiglia teme anche il peggio. «Io lo so che Giusy non è più in vita. Ma voglio giustizia. Voglio la verità. Voglio sapere chi le ha fatto del male. L’unica speranza che mi resta è quella che le autorità stiano seguendo realmente una pista. Giusy era una donna fragile con problemi di depressione, si sono approfittati di lei…molto probabilmente in tutti i sensi e nessuno mi ha mai aiutato… Mi auguro davvero che la gente o le voci continuino a parlare di mia sorella Giusy con chiunque, nella speranza che queste voci vadano a finire nelle orecchie giuste». Intanto, secondo il collaboratore bagherese che ha conservato, in tutti questi anni, quei ricordi della donna scomparsa, ci sarebbe qualche altro collaboratore, attualmente sotto protezione, che potrebbe sapere qualcosa di Giusy.


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