«La Regione sospenda autorizzazioni alla discarica Oikos» L’attacco di Fava dopo le motivazioni sul patto corruttivo

«Nulla di quanto avvenuto negli ultimi 20 anni nel settore rifiuti in Sicilia è stato per caso». Non va troppo per il sottile Claudio Fava, presidente della commissione Antimafia dell’Ars, che ha appena annunciato la presentazione di due interpellanze all’assessore regionale per l’Energia. La prima riguarda il rilascio dell’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale, alla discarica di contrada Valanghe d’Inverno, nel territorio di Motta Sant’Anastasia, di proprietà della Oikos. Un’autorizzazione quantomai controversa quella rilasciata dalla Regione lo scorso nove di agosto, nonostante le condanne in primo grado di Domenico Proto, proprietario ed ex presidente di Oikos, e del funzionario regionale Gianfranco Cannova, rispettivamente a nove e sei anni per corruzione. L’altra interpellanza, invece, riguarda il caso di Maria Grazia Brandara, sindaca di Naro indagata nell’indagine su Montante, a presidente dello Ias, l’Industria Acque Siracusa, socio pubblico di maggioranza dell’Asi aretuseo.

«Sarebbe bastato aspettare le motivazioni della sentenza», dice Fava in merito alla vicenda Oikos. Motivazioni depositate il 13 dicembre al tribunale di Palermo, che presentano un quadro inquietante. «Tra le carte della Procura si legge di un solido percorso corruttivo tra il proprietario dell’azienda e il funzionario – continua il presidente della commissione Antimafia – volto a spalancare alla Oikos le porte di ogni sistema di autorizzazione. Parole che mettono in discussione tutto l’impianto autorizzativo di cui ha potuto beneficiare l’azienda. Non solo, i due erano in grado sistematicamente di aprire tutti i canali possibili per stoppare i processi di revisione delle autorizzazioni, che venivano fermati non in base a una valutazione dell’amministrazione pubblica, ma grazie al lavoro dei due soggetti che erano pronti a ricorrere a ogni mezzo». 

Per utilizzare le parole messe nero su bianco sulle motivazioni: «Il Cannova metteva a disposizione del Proto, dietro laute consegne di denaro e altri tipi di utilità, in una perpetua inquietante progressione criminosa, tutta la sua indubbia competenza nel settore dei rifiuti, guidando una missione distorta volta a ottenere con ogni mezzo l’ampliamento delle discariche di rifiuti non pericolosi del Proto, in una direzione diametralmente opposta alle indicazioni della legge nazionale, della legge regionale… Agitando il paravento del regime emergenziale».

«Tra le pene accessorie di questa sentenza – dice ancora Fava – si parla dell’interdizione dei condannati per tre anni dai pubblici uffici. L’amministrazione regionale, dunque, con l’imputato condannato Proto non può avere rapporti di tipo economico. E anche se non è più presidente di Oikos, Proto ne resta il padrone, che con forme corruttive ha determinato un sistema distorto. La Regione di fronte a questi fatti e a questi atti non può né fare finta di nulla. Aggiungo anche, da presidente della commissione Antimafia, che nelle audizioni che stiamo facendo è emerso che Oikos non solo ha ricevuto una sollecita disponibilità da parte di tutti i governi della Regione siciliana degli ultimi anni, in modo trasversale, ma anche da parte di un pezzo del sistema politico siciliano, anche se non con ruoli di governo, che ha tenuto a fare sentire la propria vicinanza e il proprio sostegno nei confronti del signor Proto». Quindi la richiesta: «La Regione deve sospendere con effetto immediato il decreto con cui l’assessorato ha rinnovato per dieci anni l’autorizzazione».

Per quanto riguarda il caso di Maria Grazia Brandara, a destare la preoccupazione della commissione è il fatto che la donna sia stata di recente rinviata a giudizio per un caso di inquinamento relativo al depuratore di Pace del Mela e che sia tuttora indagata nel filone politico dell’indagine su Montante. «Brandara è stata un’architrave del sistema Montante – dice Fava – che puntava anche al controllo dello Ias e tutto questo lo abbiamo appreso nel maggio 2018, non oggi, ma tutto questo non ha indotto la Regione a chiedere a Ias di fare un passo indietro. Stiamo parlando di una persona indagata per associazione a delinquere. La Regione tramite l’Irsap decide tre membri su cinque nel consiglio di amministrazione. Abbiamo chiesto spiegazioni in merito e ci sentiamo rispondere dall’assessore al ramo che “non abbiamo strumenti giuridici”. A questa risposta vorremmo suggerire affettuosamente che si possa fare ricorso ai mezzi della politica. Se si facessero sentire in modo formale e sostanziale la voce, le intenzioni, l’imbarazzo, il disagio del governo regionale in questa situazione, si potrebbe chiedere all’istituto e alla stessa Brandara di fare un passo indietro. E invece abbiamo una persona che con un rinvio a giudizio e un’indagine in corso può gestire un istituto che si occupa del fruttuoso business dei depuratori».


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