Rotoli: tra bare ammassate, guasti continui e degrado  «A Palermo ancora non conviene nemmeno morire»

«Anche i morti si lamentano». Un’osservazione tanto irreale quanto, allo stesso tempo, drammaticamente plausibile. Specie se, nel 2020, neppure morire quasi quasi conviene più. Se, oltre che con il lutto per la morte di un proprio caro, tocca fare i conti con la mancanza cronica di posti, un forno crematorio spesso guasto, costi di cremazione che lievitano e un degrado che sembra quasi essere diventato la norma. «I problemi sono sempre quelli e la soluzione sembra non esserci mai», osserva con amarezza il consigliere comunale 5 stelle Antonino Randazzo, membro della IV Commissione consiliare relativa, tra le altre cose, ai lavori pubblici. Il cui ultimo sopralluogo risale a ieri, dove da mesi si spinge nel tentativo di individuare nuove soluzioni ai vecchi problemi di sempre. «Sono già 280 le salme in attesa. E non siamo nemmeno entrati ancora nel periodo consueto di picco, a cavallo tra questo mese e quello di febbraio, durante il quale l’aumento del freddo coincide con un aumento fisiologico dei decessi. Rischiamo insomma di arrivare oltre 300 nel giro di poco», spiega. 

Sono sempre di più, infatti, le famiglie che, avvilite e inorridite dall’idea che la bara in cui riposa un proprio caro possa restare in attesa per diversi mesi in un deposito, optano per la cremazione. Che però, a Palermo, non sempre è possibile. L’unico forno disponibile, quello appunto del camposanto di Vergine Maria, ormai vecchio e obsoleto, si guasta di continuo. E gli aggiustamenti del momento, ogni volta, non riescono a garantirne un funzionamento prolungato. «Recentemente ci sono stati ulteriori problemi. Ma tecnicamente può ripartire, può già funzionare, quindi come commissione abbiamo chiesto di agire in tal senso. Tra oggi e domani si ripartirà, ma ogni volta che si guasta la gente è costretta ad arrivare fino a Messina o addirittura in Campania». E il forno nuovo? «Non è certo idea di ora, è tutto su carta già dal 2015, anno in cui c’erano già i progetti e i soldi – spiega Randazzo -. Ma si è bloccato tutto, il sistema da un lato è farraginoso e dall’altro si deve fare i conti con una lentezza cronica degli uffici, a volte mancano anche i tecnici perché quelli che vanno in pensione non vengono sostituiti col turn over». Tutte circostanze che fanno crescere i ritardi, mentre intanto sono già passati cinque anni

Ma l’idea in ballo, in teoria, non è solo questa. C’è un’altra annosa domanda infatti che aleggia nell’aria ormai da troppo tempo: e il nuovo cimitero? Quello cioè che dovrebbe sorgere a Ciaculli. «Anche lì abbiamo un progetto di finanza pronto dal 2010 presentato da un’azienda. Ci sono state però una serie di controdeduzioni presentate dagli uffici e ad oggi risulta tutto fermo. Ma la vicenda è molto corposa, tanto che ho presentato personalmente anche un esposto in procura affinché si faccia almeno un po’ di chiarezza su questa situazione». Anche perché per quest’altro nodo gli anni trascorsi sono già diventati dieci. «Sembra quasi che non ci sia la volontà di risolvere, non so per quali motivi». Una delle ragioni per cui rimane ancora tutto fermo, malgrado ci sia il progetto, potrebbe essere il fatto che la vendita dei loculi da parte di un privato costerebbe almeno tre volte di più rispetto alle tariffe comunali, rendendo il servizio enormemente più caro? «Questo sarebbe chiaramente un problema  – continua Randazzo – per l’amministrazione pubblica: offrire un nuovo cimitero ma con prezzi molto più alti…non ha nessun tipo di convenienza. Quindi è stato tutto stoppato e avevamo a quel punto chiesto in Commissione di non procedere più col progetto di finanza, quindi di non affidarsi più a un privato, suggerendo al Comune di impegnarsi a reperire le risorse e realizzare il cimitero con soldi propri».

Soldi che il Comune non ha: «Così come in un cantiere privato si può cominciare a costruire i vari lotti e iniziarli al contempo a venderli, allo stesso modo nel caso di un cimitero iniziare a vendere sin da subito i loculi in costruzione agli interessati, praticamente autofinanziandosi». Un’idea che sembra incuriosire anche l’amministrazione, che fino a pochi mesi fa appare decisa a imboccare questa direzione. Ma l’azienda privata titolare del progetto del cimitero di Ciaculli sarebbe tornata alla carica, rimettendo di fatto in ballo il progetto di finanza, che dovrà essere di nuovo analizzato e verificato. «E ci siamo di nuovo bloccati – dice Randazzo -. Da qui il mio esposto in Procura. A Palermo ancora oggi, tirando le somme, non conviene nemmeno morire. Le scene sono raccapriccianti: lapidi abbandonate, manutenzione non effettuata, situazioni critiche dal punto di vista ambientale e del decoro, perché si cerca ogni punto per seppellire». Dal canto suo, però, l’assessore Roberto D’Agostino spiega che, invece, l’idea originaria di affidarsi ai privati per la realizzazione del cimitero di Ciaculli sarebbe davvero stata messa da parte, nel tentativo di reperire fondi propri per il nuovo camposanto: «L’idea è quello di farlo in house, stiamo infatti cercando le fonti di finanziamento. Partendo chiaramente a poco a poco – spiega -, nel senso che non faremo tutto il grosso investimento, ma di andare per aspetti, in modo che man mano che entreranno i soldi potranno essere finanziate le altre tranche».

«In ogni caso – prosegue -, stiamo riprendendo tutte le carte della progettazione, che sono state fatte andare al Comune e appunto stiamo cercando fonti di finanziamento. Nei prossimi incontri con governo parleremo proprio di queste cose. Il nostro intendimento è quello di procedere». Infatti appena tre mesi fa è stata annunciata la realizzazione di 945 nuovi loculi sotterranei prefabbricati. Di certo una buona notizia, che tira in ballo, anche in questo caso, un progetto del 2012 sbloccato dopo sette anni di stop grazie all’intervento della Commissione e dello stesso assessore D’Agostino, da poco subentrato. Senza considerare, infine, anche le circa 1.500 bare ospitate nei loculi privati in cui ci sono posti vuoti, circostanza nei confronti della quale però spesso le famiglie fanno ricorso al Tar, vincendo e costringendo quindi a togliere da lì la bara ospite. Tutti aspetti, insomma, che complicano ulteriormente una situazione che è critica da tempo. 


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