Mezzojuso, sciolto il consiglio comunale per mafia Per il governo ci sono «accertati condizionamenti»

«Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’interno Luciana Lamorgese, a seguito di accertati condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali, a norma dell’articolo 143 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), ha deliberato lo scioglimento per diciotto mesi del Consiglio comunale di Mezzojuso (Palermo), e il contestuale affidamento dell’amministrazione dell’ente a una commissione di gestione straordinaria». Con una scarna nota il governo nazionale mette la parola fine a una vicenda ingarbugliata e piena di sorprese, degna di un giallo di Leonardo Sciascia, ovvero quella del Comune di Mezzojuso (e dell’amministrazione Giardina) e delle sorelle Napoli. Nel piccolo Comune del palermitano, negli ultimi due anni e mezzo, sono arrivati tra gli altri: la troupe di La7 e del programma Non è l’Arena, la Commissione regionale Antimafia e, per ultimo, gli ispettori inviati dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Mentre è alle prime battute il processo a Termini Imerese che potrebbe riservare nuovi colpi di scena.

Una decisione, quella del cdm, che era nell’aria. Non tanto, e non solo, perché già ieri nell’ordine del giorno del consiglio dei ministri di oggi uno dei punti era proprio la «proposta di scioglimento di un consiglio comunale» (che non era stato identificato) quanto piuttosto per tutto ciò che è avvenuto negli ultimi due anni e mezzo. Tutto era cominciato a settembre del 2017, quando un articolo di Repubblica a firma di Salvo Palazzolo aveva reso noto il caso delle sorelle Napoli, le tre donne che denunciano vessazioni e raid sui loro terreni al confine tra i Comuni di Mezzojuso e Godrano. E che hanno più volte affermato di essere state isolate. Una ricostruzione smentita più volte dal sindaco Salvatore Giardina – anche con una conferenza stampa tenuta a Palermo – che ha invece affermato di essere venuto a conoscenza della loro storia solo dopo le attenzioni dei media e di aver da quel momento fatto tutto il necessario per restare al loro fianco.

In mezzo, però, tante ambiguità. Mentre il conduttore televisivo Massimo Giletti da allora ha scelto di sostenere pubblicamente le sorelle Napoli, attraverso la trasmissione Non è l’Arena e una lunga serie di servizi. Fino a una puntata speciale del programma La7 che si è tenuta eccezionalmente nella piazza di Mezzojuso. Lì il sindaco, messo alle strette da Giletti, non aveva negato la sua partecipazione al funerale del boss mafioso don Cola La Barbera nel 2006. Tranne poi ritrattare il giorno dopo, spiegando che «preso a caldo, così, alla sprovvista non avevo ben capito». Un episodio che però aveva convinto Salvini a mandare gli ispettore per verificare eventuali legami con Cosa nostra. «Ben vengano gli ispettori – aveva detto il primo cittadino di Mezzojuso – sarà l’occasione giusta per fare finalmente chiarezza su questa pagina buia della nostra comunità». Ed è stata la relazione degli ispettori, inoltrata prima al ministero dell’Interno e poi al consiglio dei ministri, a far scattare lo scioglimento del consiglio comunale e, di conseguenza, dell’intera giunta.

Già a fine gennaio aveva fatto scalpore la visita della Commissione regionale antimafia: le audizioni erano state secretate e il presidente Claudio Fava aveva affermato di aver girato gli atti alla magistratura. A essere ascoltati, in quel caso, due ufficiali dei carabinieri, Salvatore Battaglia – il ragazzo cui nei giorni precedenti era stata incendiata l’auto dopo aver manifestato pubblicamente sostegno alle sorelle Napoli – il sindaco di Godrano Epifanio Mastropaolo e il sindaco Giardina. Resta sullo sfondo, intanto, la vicenda delle sorelle Napoli e le loro denunce, che continua ad assumere proporzioni maggiori. Quello che è emerso dai loro racconti sono 20 anni di reiterate minacce, di sassi scagliati addosso, di recinzioni sistematicamente danneggiate, di sconfinamenti di vacche e di lucchetti infranti, di cani uccisi «lasciando le loro carcasse in decomposizione all’interno dei locali». C’è chi ha messo in dubbio che si tratti di mafia dei pascoli e chi ne ha messo in discussione persino l’esistenza. Ora la scelta del governo, che potrebbe essere impugnata dallo stesso Giardina (contattato da MeridioNews per un commento, al momento non risponde), potrebbe essere un ulteriore tassello del processo che si terrà a Termini Imerese. In attesa di quello televisivo che si terrà molto probabilmente su La7 la prossima settimana.


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