Da amministratore di successo ai domiciliari vista mare Chi è Maurizio Lipani. «Caso isolato, non è un sistema»

«Non c’è nessun sistema dietro». Lo ripete a più riprese il procuratore capo di Palermo Franco Lo Voi. Quello del commercialista palermitano Maurizio Lipani, finito questa mattina ai domiciliari con l’accusa di peculato e autoriciclaggio, sarebbe un caso isolato. «Particolarmente grave, che riguardava l’amministrazione ma anche la fase post confisca, ma solo un caso», appunto. Noto amministratore giudiziario con una carriera ventennale di successi alle spalle, è accusato di essersi appropriato di somme di denaro per un valore di circa 350mila euro provenienti da due aziende ittiche del boss trapanese Mariano Agate. Nella stessa inchiesta sono finiti coinvolti anche il figlio del boss, Epifanio, e la moglie, Rachele Francaviglia, che avrebbero continuato di fatto a gestire i beni di famiglia.

«Quello che è accaduto con l’ex presidente Silvana Saguto, tra sistema e cerchio magico ancora al vaglio dei magistrati di Caltanissetta, non c’entra niente – precisa ancora Lo Voi -. Qui parliamo di un amministratore che ha avuto numerosi incarichi e che per alcuni, non si sa perché, ha ritenuto di impossessarsi dei soldi che facevano parte dell’amministrazione». Il modo era semplice: Lipani creava due conti correnti, uno intestato all’amministrazione giudiziaria e l’altro intestato a se stesso, prendeva i soldi dal primo e li passava al secondo e «da quello poi si faceva gli affari suoi». Tanto non è un sistema, a sentire ancora il procuratore capo di Palermo, che è stato infatti rilevato da alcuni dei collegi coinvolti, che si sono accorti di alcune anomalie facendo scattare accertamenti e indagini. «Noi abbiamo chiesto la custodia in carcere, ma il gip ha ritenuto di concedere solo i domiciliari. Questa parte la impugneremo al tribunale del Riesame insistendo per la custodia in carcere. Questa è l’unica misura idonea per evitare l’eventuale inquinamento probatorio», rivela Lo Voi.

La procura di Palermo spazza via, insomma, ogni eventuale allarmismo e preoccupazione che una notizia così potrebbe suscitare. Il dopo Saguto non rivelerebbe l’esistenza, ancora una volta, di un sistema marcio avallato da più figure professionali. «Se in un meccanismo, quale esso sia, dalle Misure di prevenzione ad altro, si insinua un soggetto infedele, la colpa non è del meccanismo. Abbiamo ancora accertamenti in corso e altri ancora ne avvieremo – continua -. Dobbiamo verificare se in altre situazioni e amministrazioni non ci siano altre irregolarità legate a Lipani. Ci risulta che avesse amministrazioni anche davanti ad altre autorità giudiziarie, le informeremo per eventuali verifiche e interverranno loro se sarà il caso».

Il curriculum professionale di Lipani, in effetti, è piuttosto variegato: consulente tecnico per varie procure, amministratore giudiziario per il tribunale di Trapani e di Reggio Calabria, prima ancora anche curatore fallimentare per il tribunale di Messina, fino al ruolo di revisore contabile per il Mef negli anni ’90. Ma come si fa a razziare 350mila euro? «O era uno furbo o uno poco controllato – spiega Lo Voi -. I controlli non sono quotidiani, si fanno periodicamente, quando si chiede un rendiconto, una verifica annuale dei conti correnti. Tanto che da alcune di queste amministrazioni Lipani era stato addirittura revocato. Quindi in realtà il sistema ha funzionato». Nel caso delle due imprese ittiche trapanesi Glocal Sea Fresh e della My Land era stato revocato a giugno. «Lui non rendicontava da un po’, poi c’è stato anche l’intervento dell’Agenzia dei beni confiscati, che nomina i suoi di amministratori, ci dev’essere un passaggio di consegne. Per le due aziende trapanesi i nostri alert si sono attivati per una serie di operazioni sospette – precisa anche l’aggiunto Paolo Guido -, che ci sono saltate all’occhio». 

«Sul rendiconto si è attardato molto, forse temporeggiava per fare quadrare i conti visto che gli ammanchi erano grossi», dicono ancora i magistrati, che sottolineano la tempestività del loro intervento. «Siamo partiti dalle banche. Abbiamo scoperto che si trattava di un personaggio con un centinaio di conti correnti». Circa 340, per la precisione, tra conti personali e professionali, ancora attivi o estinti, sui quali di fatto poteva operare. Inoltre, Lipani era già sotto processo: la procura di Palermo gli ha contestato più di un anno fa di essersi rifiutato di consegnare i libri contabili di due aziende dissequestrate, circostanza per il quale fu denunciato dal titolare. «Era uno molto stimato. Aveva un tenore di vita molto alto, con accesso a beni di consumo di grosso costo – dicono ancora i magistrati -, sconta i domiciliari in un appartamento lussuoso, molto bello, con una vista mozzafiato sul mare». 

In tutto questo, pare anche che Lipani stesse investendo a Milano «per aprire uno studio professionale importante lì con i soldi riciclati qui». Maurizio Lipani sarà ascoltato dai magistrati della procura di Palermo nel corso di questa settimana. «Gli ultimi prelievi li ha fatti appena due mesi fa, siamo stati davvero rapidi – conclude Lo Voi -. Parliamo di un personaggio con una storia pluriennale di nomine e incarichi». 


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