Borsellino quater, per pg Scarantino ancora ambiguo «Ma nelle sue dichiarazioni anche elementi di verità»

«Nonostante il lungo tempo trascorso e il venir meno di qualsiasi pressione o induzione, Scarantino continua a mantenere un atteggiamento ambiguo e ondivago nelle sue dichiarazioni. La sua responsabilità non può essere esclusa anche se può essere attenuata. È innegabile, e si evince chiaramente dalla complessiva condotta di Scarantino nel corso degli anni, la piena consapevolezza di rendere dichiarazioni mendaci a carico di soggetti che, in relazione alle specifiche accuse di partecipazione alla strage di via D’Amelio, non avevano alcuna responsabilità». È il giudizio del sostituto procuratore di Caltanissetta Lucia Brescia, che nel corso della requisitoria del cosiddetto processo Borsellino quater sta affrontando la posizione del falso pentito Vincenzo Scarantino, imputato di calunnia.

In primo grado le accuse a suo carico vennero dichiarate prescritte. La procura generale, pur stigmatizzando le menzogne raccontate dal falso pentito, ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado. Secondo la tesi accusatoria, Scarantino, imbeccato da alcuni poliziotti, avrebbe dato una falsa versione della fase preliminare della strage accusando falsamente otto innocenti poi condannati all’ergastolo. I poliziotti che lo avrebbero imbeccato sono sotto processo in tribunale per calunnia aggravata. «La sua condotta – ha proseguito il magistrato – appare altresì connotata da una particolare pervicacia nella consumazione e nel mantenimento della condotta calunniatoria, condotta che è stata tale da indurre i giudici di ben due processi ad attribuirgli credito e a comminare una serie di ergastoli nei confronti di persone che il medesimo sapeva innocenti. Le dichiarazioni di Vincenzo Scarantino -prosegue -, pur essendo sicuramente inattendibili, contengono alcuni elementi di verità», ha però spiegato Brescia.

«Sin dal primo interrogatorio reso dopo la manifestazione della sua volontà di “collaborare” con la giustizia, il 24 giugno 1994, Scarantino – ha continuato il sostituto procuratore generale a conferma che alcune delle cose dette dal falso pentito contengono elementi di verità – ha menzionato l’avvenuta sostituzione delle targhe del veicolo successivamente al furto (il riferimento è alla 126 imbottita di tritolo e usata per la strage ndr). Nelle sue successive deposizioni, ha sostenuto che la Fiat 126 era stata spinta al fine di entrare nella carrozzeria (circostanza, questa, che presuppone la presenza di problemi meccanici). Egli, inoltre, ha aggiunto di avere appreso che sull’autovettura erano state applicate le targhe di un’altra Fiat 126, prelevate dall’autocarrozzeria di Orofino e che, quest’ultimo, aveva presentato nel lunedi’ successivo alla strage la relativa denuncia di furto».

«Si tratta di un insieme di circostanze del tutto corrispondenti al vero ed estranee al personale patrimonio conoscitivo di Scarantino – ha continuato -, che non è mai stato coinvolto nelle attività relative al furto, al trasporto, alla custodia e alla preparazione dell’autovettura utilizzata nella strage. È quindi del tutto logico ritenere che tali circostanze siano state a lui suggerite da altri».

(Fonte: Ansa) 


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