Corleone, quei beni tolti alla mafia che restano vuoti «Se non vengono vissuti, allora non servono a niente»

«I beni confiscati devono essere vissuti, se no non servono a niente». Non usa giri di parole Maurizio Pascucci, consigliere comunale di Corleone. E mentre lo dice, ha bene in mente un luogo in particolare. Quella casa a due piani di via Aldisio, appartenuta alla famiglia mafiosa locale dei Lo Bue che, secondo i magistrati, avrebbe raccolto il posto lasciato vuoto da Riina. Calogero Giuseppe, arrestato nel 2006, fu descritto come il vivandaio di Provenzano; il fratello Rosario invece, pastore arrestato due anni dopo, finisce coinvolto prima nel mega blitz Perseo e nel 2015 in quello denominato Grande Passo 3. La loro casa viene sgomberata definitivamente a giugno 2017, in seguito al provvedimento emesso dall’agenzia dei beni confiscati. Anche se attualmente l’abitazione sarebbe, in parte, occupata da un altro familiare. Mentre la metà rimasta vuota è stata assegnata al Comune di Corleone.

«Al piano terra, che è una sorta di garage, non hanno messo nulla, al primo piano hanno messo il consorzio Sviluppo e legalità, quello dei beni confiscati, ma non c’è nessuno; infine, al secondo piano c’è l’ufficio Patrimonio – racconta Pascucci -. Ho iniziato in consiglio comunale una battaglia perché questi locali venissero assegnati in modo definitivo». Battaglia durante la quale il consigliere ha mosso al sindaco Nicolò Nicolosi una richiesta precisa: affidare i locali all’Avis di Corleone, che è in cerca di una sede. Nella seduta del 21 agosto, però, la vice sindaca vice Clara Crapisi e l’assessore Salvatore Schillaci avrebbero replicato, per tutta risposta, che questo non sarebbe possibile perché gli immobili confiscati alla mafia presenti nel patrimonio pubblico del Comune non possono essere assegnati ad associazioni. «Questo non risponde a verità», ha replicato di contro Pascucci, elencando alcuni esempi. 

«Sarebbe davvero importante riuscire ad assegnare questi locali all’Avis, visto la natura dell’ente che li andrebbe ad occupare – precisa ancora -, in pratica sarebbero sempre dei posti sempre aperti ai cittadini e, in questo modo, veramente vissuti. In linea, cioè, con lo spirito della legge e col destino cui dovrebbero andare incontro tutti i beni sottratti alla mafia. Solo che il sindaco temporeggia e lì rimane tutto vuoto. Capisco i tempi della burocrazia, ma sarebbe un errore politico gravissimo lasciare vuoti i beni confiscati». Ma a sostenere lo stesso principio c’è in primis anche il sindaco stesso, che spiega come ci sia dietro un motivo semplice e banale per cui quei locali, malgrado le insistenti richieste, non possano finire all’Avis: «La struttura è stata assegnata al Comune solo per fini istituzionali – spiega subito Nicolosi -, significa che lì non possono entrare associazioni e simili, ma solo uffici di un certo tipo».

Uffici, cioè, come quello appunto del consorzio Sviluppo e legalità o quello del Patrimonio che si occupa delle casse popolari, che a settembre verrà spostato. E tuttavia «poco utilizzati», come ammette lo stesso sindaco, che non nasconde che ci sono attualmente tre-quattro stanze vuote. «Qui c’è bisogno intanto di  motivare molto il personale comunale – spiega -, perché appena si parla di spostare qualcuno da un posto all’altro, spesso succede l’inferno e improvvisamente tutti si mettono in malattia. E poi in questa struttura in particolare sembra non ci voglia andare nessuno, non so se dipenda dal fatto che metà sia ancora abitata dai famigliari dei Lo Bue, forse molti non gradiscono la loro vicinanza? Me lo chiedo, perché quando si nominano quegli uffici e l’ipotesi di un trasferimento, succede un parapiglia».

L’appartamento di via Aldisio, infatti, malgrado sia un’unica abitazione, è stata nel tempo suddivisa in due, creando anche ingressi separati. La parte assegnata al Comune corrisponde a quella confiscata al boss Rosario Lo Bue, mentre nell’altra rimangono a vivere ancora oggi dei suoi parenti. Che sia questo il motivo principale per cui quegli uffici sono ogni giorno restano vuoti? Intanto, il sindaco anticipa che l’amministrazione sta lavorando per invertire la rotta, spostando nei locali nuovi uffici. «Ospiteremo lo Iacp di Palermo, con cui abbiamo fatto una convenzione per aprire un ufficio zonale qui a Corleone. E abbiamo in corso una trattativa anche con Amap. Se ci sarà spazio – prosegue -, abbiamo in itinere un rapporto convenzionale anche con l’Inail. Insomma, guardiamo a un pieno utilizzo di questo posto, abbiamo stabilizzato solo ieri 98 lavoratori, ora pensiamo al riordino degli uffici municipali con nuova assegnazione del personale. Tra settembre e ottobre saremo pienamente operativi con questo nuovo scenario. Quegli uffici non saranno più vuoti».


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