Brancaccio, le riunioni di mafia nelle case di riposo «Ma queste cose là si fanno? E in caso d’ispezione?»

«Quanti vecchiarelli ci sono?». È una domanda molto importante, se a farla è Luigi Fabio Scimòarrestato ieri con l’accusa di essere stato ai vertici del mandamento di Brancaccio, cui stava tentando assieme ad altri sodali di ridare nuovo impulso. Attraverso, ad esempio, nuovi affari. Non solo pizzo, droga e mini slot, ma anche case di riposo gestite da terzi e da usare, all’occorrenza, anche come covo dove riunirsi e discutere delle attività del mandamento. Le residenze dietro le quali gestiva i nuovi affari sarebbero state quella di via Pianell, Girasole, e la comunità alloggio Don Bosco in via Pigafetta. Ma ce ne sarebbe stata anche una terza in via Sciacca, Call Center, mai registrata e quindi abusiva. «Abbiamo trovato la struttura noi, dobbiamo fare una clinica… Un bel po’ di persone…ma questa è tipo la geriatria», scherza Pietro Di Marzo, che gestisce la struttura per conto dei suoi suoceri, cioè proprio quel Luigi Scimò adesso in galera e la moglie Giovanna Antonella D’Angelo, che spesso sarebbe andata a riscuotere per conto del marito.

Con Di Marzo a metterci la faccia ci sarebbe stata anche un’altra donna, Anna Gumina. «Ogni vecchio che entra per conto mio, deve andare al Call Center», diceva perentorio sempre Di Marzo, rivendicando i suoi affari nella struttura abusiva. I suoceri, dal canto loro, non avrebbero mancato di far pesare continuamente il loro volere. Circostanza di cui spesso Gumina si sarebbe anche lamentata col suo collega di gestione, Di Marzo. «Dobbiamo collaborare sia con i nonnini e dobbiamo metterli tutti…no che me li devo andare a cercare solo io le persone… Se poi giustamente dobbiamo collaborare come sono le entrate, come sono le uscite… Proprio a me mi stanno uscendo di fuori – si sfoga -. Infatti io vedo di trovare persone per cercare di racimolare…però neanche è giusto…non dobbiamo essere con un braccio lungo ed uno corto». Sono Di Marzo e Gumina che si occupano, infatti, di tutte le spese per mandare avanti le strutture, e che poi devono fare avere a Scimò il corrispettivo in base al numero di anziani ospitati.

A novembre del 2016, ad esempio, sono in tutto «500 euro per dieci nonnini», col rammarico di Gumina, che pensa sia una cifra troppo alta rispetto al numero esiguo di ospiti da accudire e alle spese di gestione della residenza. Ma non è solo una questione di soldi. Quelle case di riposo sono state, nel tempo, l’ideale «ritrovo per incontri con mafiosi di primo piano». come sottolineano gli inquirenti. Molti attivi proprio sul territorio di Brancaccio. «Ma poi queste cose là si fanno? Che se, non sia mai Dio, siamo all’aperto…- si preoccupava nel 2016 Gumina -, io ora glielo dico bello chiaro: o te la pizzichi o non te la pizzichi, non ti seccare, io lì mi spavento…rimpiango le conseguenze io di tutte cose…Non puoi sapere qualche ispezione, in una casa di riposo, una cosa così». Perplessità più che legittime per chi ci mette la faccia e il proprio nome. Che conferma anche la piena consapevolezza della donna sulla vera natura di quelle strutture.

«Loro chiacchierano come nulla fosse, gli ho detto che queste cose non mi piacciono a me! Perché tu non puoi capire… Non è che…siamo…io non… io posso corrispondere di Anna Gumina, ma degli altri non posso corrispondere….Mery dice che loro si sono chiusi in cucina, che c’è tuo suocero, lo ha riconosciuto, dice che dentro si stava facendo le sue cose», racconta preoccupata a Di Marzo. Mini slot, traffico di tabacchi lavorati esteri, estorsioni. Sono queste le sue cose, quelle di cui Scimò presumibilmente discuteva con gli altri padrini del mandamento, Tagliavia in testa prima di finire fuori dai giochi. Riunioni mafiose in cucina, la stessa dove venivano preparati i pasti per i nonnini. Mentre Gumina si crogiolava nello spavento di un’ispezione improvvisa, ben conscia che ogni volta che certi personaggi si chiudevano in quella stanza, difficilmente si finiva per parlare di ricette e pietanze. Aziende nascoste, quindi, non aggredibili e allo stesso tempo luogo ideale in cui riunirsi indisturbati per parlare in tutta calma degli affari del mandamento. 


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