Simona Mafai e l’ultimo ricordo di Palermo a villa Niscemi «Se la città non è più governata dalla mafia è grazie a lei»

«È triste vedersi solo in queste occasioni tristi». Nino Messina è l’ultimo togliattiano di Sicilia. E a 94 anni guarda con malinconia i vecchi compagni del Partito Comunista Italiano che sono seduti al suo fianco. Tutti però hanno rivolto lo sguardo verso la bara, dove c’è il corpo della compagna Simona Mafai, scomparsa ieri alla soglia dei 91 anni. Scrittrice, intellettuale, capogruppo al consiglio comunale e dirigente del Pci: questo e altro è stata Simona Mafai. E alla cerimonia funebre a villa Niscemi in tanti e tante vengono a renderle omaggio. A partire dal sindaco Leoluca Orlando, verso il quale Simona Mafai ha sempre mantenuto un approccio critico, se non di vera e propria battaglia politica, quando lei era capogruppo al consiglio comunale per il Pci e lui era un giovane delfino della Democrazia Cristiana (già sindaco). 

«In questo momento a me viene forte, e non riesco a sottrarmi a questa tentazione, il ricordo del decennio tra gli anni ’80 e i ’90 – dice il primo cittadino – Su posizioni opposte abbiamo portato a palazzo delle Aquile un’esperienza che avrebbe condotto, con la presenza in consiglio del nostro attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a quella rottura con il sistema paludoso e mafioso di questa città. Una rottura che in qualche misura si ebbe con un’intesa che si ruppe poco dopo. Ma se oggi possiamo dire che questa città non è più governata dalla mafia dobbiamo ringraziare Simona Mafai. Le sue battaglie in consiglio comunale contro di me e contro il partito che io indegnamente rappresentavo, insieme alla sua insistenza e alla sua radicalità, ci costrinsero ad aprire occhi e orecchie. La sua presenza critica è stata fondamentale».

Insieme ad Orlando poi c’è quasi tutta la giunta: da Giusto Catania a Giovanna Marano, da Fabio Giambrone ad Adham Darawsha fino all’ex assessore Emilio Arcuri. E poi il consigliere comunale Fausto Melluso, lo scrittore Roberto Alajmo, l’ex assessore regionale Antonello Cracolici, Umberto Santino e tanti altri. Soprattutto ci sono tante donne, a partire da Letizia Battaglia, cofondatrice della rivista culturale Mezzocielo – l’ultimo regalo di Simona Mafai alla città. Ed è da loro che viene il ricordo più affettuoso. «Continuavamo a rivolgerci a lei, come fosse un grande albero – dicono – Parlava della vecchiaia come di un inquilino scomodo col quale convivere, ma che non doveva permettersi di rovinarle l’allegria di vivere. Non doveva toglierle il sostegno agli altri. Quando è stata colpita dall’ictus, due giorni fa, era al pc come al solito. E si preparava ad andare, a nostra insaputa, a Castellammare».

Di libri e linguaggio, invece, parlano gli amati nipoti Ruggero e Nicola. Cominciando dai primi insegnamenti di lettura che una nonna così colta e appassionata può dare: I Buddenbrook, di Thomas Mann, e l’inusuale Cortazar (per una lettrice rigorosa come Simona Mafai). «Un linguaggio che con lei si è declinato in maniera differente nelle diverse fasi della vita – racconta Ruggero – Dolce e gioioso durante l’infanzia, alla quale sono legati i primi ricordi. Poi un libro scritto da lei, un racconto su un ragazzino vagabondo, che lei aveva incontrato in macchina. Crescendo il linguaggio si fece paziente e costante, insinuandosi nell’adolescenza mia e di Nick da maschiacci riottosi, spingendoci non senza qualche fatica a studiare il greco e il latino, cercando di fare sì che si costruisse in noi un rigore e una coerenza non basata su regole e costrizioni ma sul senso critico e sull’esercizio dello sviluppo di una propria volontà. Confronto e dialogo per lei erano importantissimi».


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