Terrasini e quegli appetiti su contrada Zucco-Paterna «Serve tutelare questo territorio con un atto politico»

«Io ancora non capisco come si sia potuto bypassare un territorio. E questo aspetto non riguarda solo Terrasini, ma in generale tutta la Sicilia. Se un territorio dice no a un impianto perché lo si deve imporre a tutti i costi?». La domanda di Francesco Cicerone è ovviamente retorica. Il tecnico informatico che da anni fa parte del comitato per la salvaguardia del territorio di Paterna Zucco ha appena festeggiato la vittoria al Tar sul ricorso che ha consentito di bloccare l’installazione a Terrasini di un impianto di compostaggio e stoccaggio di rifiuti non pericolosi. Al tribunale amministrativo regionale i ricorsi giunti sono stati due: uno presentato dal Comune e l’altro appunto dal comitato, che ha scoperto per primo la vicenda e si è battuto contro l’installazione dell’impianto che avrebbe dovuto realizzare la Edil Ambiente srl.

I giudici hanno riconosciuto che non si è tenuto adeguatamente in considerazione che il deposito di stoccaggio dei rifiuti avrebbe dovuto sorgere in una «zona a forte vocazione naturalistica, turistica ed interessata da colture agricole», che nell’autorizzazione unica rilasciata dalla Regione i funzionari «hanno agito in maniera superficiale» e che «l’organo politico non può sostituirsi a quello tecnico». Come segnalato anche da Cicerone (e più in generale nel ricorso dal comitato),  «quello di Terrasini è un piccolo territorio piccolo al quale rimane questo unico polmone verde, che si trova tra due siti di interesse comunitario e una riserva naturalistica gestita dal WWF. La nostra poi è una zona turistica, con alcune eccellenze dal punto di visto agricolo che hanno fatto ricorso al Tar insieme a noi». 

Su quella zona, poi, gli appetiti industriali non sono giunti inaspettati. «La prima volta, nel 2013, c’era già stato un tentativo di creare una stazione di trasferenza rifiuti – spiega il tecnico informatico – Si trattava cioè di una discarica che avrebbe voluto realizzare la famiglia Catanzaro, che poi è stata scoperta avere un ruolo centrale nel sistema Montante. A quel punto fu l’allora assessore regionale Nicolò Marino a opporsi a questo impianto, ed è chiaro che ci sono momenti in cui avvengono determinate congiunture positive che vanno sfruttate. La seconda volta, invece, ha avuto un iter molto più complicato. Ma comunque abbiamo vinto».  A scoprire la faccenda furono infatti, agli inizi del 2015, proprio alcuni attivisti del comitato attraverso la consultazione del portale online del Comune di Terrasini. Con l’allora giunta che aveva dato alla conferenza di servizio due pareri positivi, nonostante la contrarietà crescente del comitato. Solo la mobilitazione popolare riuscì poi a convincere prima il consiglio comunale (con un voto all’unanimità giunto al secondo tentativo) e poi la giunta, che ha preso in seguito una netta posizione contraria all’impianto.

In attesa di un possibile ricorso al Cga («ma credo che nei due ricorsi al Tar sia la ditta che soprattutto la Regione ne escano con le gambe rotte») si può però festeggiare. «Se non si tutela questa zona con un atto politico, qualcuno ci riproverà sicuramente – osserva però Cicerone – Perché questa è una zona che fa gola a tanti, uno spicchio di terra che non è stata avvelenata e che andrebbe tutelata e rilanciata. Si sa che in situazioni del genere a garantire una costante opposizione sono poche persone perché c’è paura, perché ti contrapponi a forze che spesso manco conosci, perché vivi nel territorio. L’attuale contrada fu un possedimento del principe d’Orleans, che qui aveva una tenuta estiva di caccia. Ci sono stati poi diversi ritrovamenti archeologici ed è una zona fluviale molto importante».

Dopo una lunga lotta, però, arriva il tempo dei ringraziamenti. Così Cicerone sottolinea il merito dell’avvocato Carlo Pezzino Rao e del suo studio, così come del pool di tecnici che ha supportato il comitato. «È stata inoltre la vittoria di alcune aziende agricole bio del territorio e delle aziende turistiche che operano nella zona – ricorda ancora l’attivista –  Noi ci siamo appoggiati a chi ha voluto darci una mano, come nella scorsa legislatura tutti i 14 i deputati regionale del M5s, che però poi sono scomparsi. Anche il WWF locale ha fatto una denuncia ai carabinieri. Questo progetto è stato implementato nel corso del tempo, ogni volta venivano aggiunti dettagli e documenti invece di annullare l’aggiudicazione e rifare tutto. E pensare che quando abbiamo definito questo impianto una discarica abbiamo rischiato una querela. Ma anche in questo caso i giudici ci hanno dato ragione».


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