Rinnovabili: dopo inchiesta Arata, Regione aumenta controlli «Autorizzare solo le società con solida capacità economica»

Nuova stretta sulle energie rinnovabili. L’onda lunga dell’inchiesta su Paolo Arata e Vito Nicastri, che ha coinvolto e portato alla revoca dell’incarico per il sottosegretario leghista Armando Siri, continua a farsi sentire tra i corridoi dell’assessorato regionale all’Energia sotto forma di circolari. Dopo la decisione di inibire l’accesso agli uffici a causa del via vai di persone non autorizzate, un’altra nota riguarda la valutazione dei progetti per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.

La disposizione riporta l’attenzione sul rischio di una nuova speculazione nel campo della green economy, con imprenditori – tra i quali potrebbero nascondersi anche figure vicine alle cosche mafiose – spinti a lanciarsi in un settore caratterizzato da incentivi finanziari statali – come quelli legati al cosiddetto decreto Fer1, finito nei mesi scorsi al vaglio dell’Ue – indipendentemente dalla reale capacità di portare a termine le opere. «I procedimenti di autorizzazione debbono essere avviati nella misura in cui l’amministrazione regionale (o comunale nel caso di procedura abilitativa semplificata) possegga – si legge nella circolare – la ragionevole certezza che gli impianti vengano realizzati ed entrino in esercizio nei tempi previsti dai cronoprogrammi». Nel mirino ci sono i casi in cui le imprese, ottenute le autorizzazioni, chiedono la concessione di proroghe giustificandole con il mancato accesso agli incentivi finanziari. Così facendo, per la Regione, si tenterebbe di «trasferire un rischio imprenditoriale all’amministrazione regionale che, al contrario, deve rimanerne estranea».

Nel documento di poche pagine si ribadisce l’esigenza di vagliare a fondo non solo la fattibilità tecnica dei progetti, ma anche la loro sostenibilità economico-finanziaria e la capacità organizzativa delle società. Da tempo, infatti, ci si è accorti di come, molto spesso, ad avviare gli iter siano imprese con ridotti capitali sociali e una breve storia imprenditoriale. Fattori che alimentano il sospetto per cui l’obiettivo finale dei proponenti possa essere non tanto quello di gestire gli impianti, ma di rivendere ai colossi del settore il pacchetto comprensivo di autorizzazioni. «È emerso – si legge nella circolare – che, tra le cause della mancata conclusione dei lavori o addirittura al mancato avvio degli stessi, possa essere ascritta principalmente l’assenza di una vera e propria verifica a priori dei requisiti di idoneità professionale e della capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei soggetti richiedenti l’autorizzazione». Il discorso vale soprattutto per chi si muove nel mare magnum delle startup. «La fattibilità economica andrà certificata in maniera ancor più rigorosa», si esplicita. Ad attestare la solidità delle imprese dovranno essere inequivocabilmente le banche: starà a loro ufficializzare non solo la disponibilità a finanziare i progetti, ma anche l’esistenza dei requisiti che scongiurino il mancato completamento degli impianti.

Intanto dai vertici del dipartimento è arrivata un’altra disposizione riguardante la gestione delle pratiche autorizzative: a esaminarle dovranno essere gruppi di funzionari, e non più singole figure. A ciò si aggiunge la nomina di Natale Frisina a presidente della commissione di valutazione. Frisina prende il posto di Alberto Tinnirello, il funzionario del dipartimento all’Energia recentemente nominato capo del Genio civile di Palermo e autosospesosi dopo essere finito nell’inchiesta su Arata. Quest’ultimo, ex parlamentare di Forza Italia, ritenuto un prestanome di Vito Nicastri – il re dell’eolico considerato legato al boss Matteo Messina Denaro su cui pende una richiesta di condanna a 12 anni -, avrebbe comprato la disponibilità di Tinnirello a facilitare gli interessi di Solgesta, la società che aveva in mente di realizzare due impianti di bio-metano a Calatafimi-Segesta e Francofonte. Progetti che non hanno visto luce, così come quello per l’impianto fotovoltaico tra Melilli e Carlentini, bloccato dalla Regione dopo avere scoperto che tra i soci dell’impresa proponente, la Sun Power Sicilia, c’era un altro uomo vicino a Nicastri


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