Falsi incidenti, torna la violenza degli spaccaossa «Scoperti movimenti bancari per 2 milioni di euro»

«Già è operato e finito, hai capito? Aspettano solo i soldi che entrano». Non è passato troppo tempo dal ritorno dei cosiddetti spaccaossa. Appena un mese fa, infatti, veniva sgominata una vera e propria banda dedita a inscenare finti incidenti per truffare le assicurazione, arrecando ferite a volte anche gravissime ai malcapitati che decidevano di interpretare le vittime. La storia adesso sembra ripetersi. Racconta questo il coinvolgimento di 41 persone, contro le quali sono scattate questa notte le ordinanze di custodia cautelare, emesse dal gip di Palermo ed eseguite dai carabinieri su delega della procura. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alle frodi assicurative, lesioni gravissime, falso, calunnia, autocalunnia, rapina e intercettazione abusiva. Le indagini – condotte dal nucleo investigativo del gruppo di Monreale – hanno accertato l’esistenza di un’associazione per delinquere operante nella città di Palermo e nel suo hinterland, dedita alla seriale commissione di frodi ai danni delle assicurazioni mediante simulazione di sinistri stradali con lesioni personali, nonché di numerosi altri gravi delitti contro la persona, il patrimonio, la fede pubblica e l’amministrazione della giustizia.

I servizi di osservazione, le intercettazioni e gli altri strumenti di indagine hanno documentato, quasi quotidianamente, una serie continua e ininterrotta di frodi in assicurazioni e reati per lesioni personali inferte con particolare crudeltà. In particolare, i reati consumati presupponevano capacità simulatoria della realtà facendo ricorso alla creazione di complesse messe in scena di falsi sinistri stradali ed alla creazione di documenti falsi, richiedendo lo svolgimento di compiti differenziati (individuazione del candidato cui cagionare le lesioni, individuazione dei mezzi assicurati da fare risultare coinvolti nel sinistro, individuazione del luogo e delle persone da impiegare per causare le lesioni e nella simulazione dei sinistri, gestione delle pratiche di risarcimento con le compagnie assicurative), per cui risultava necessario avere la disponibilità di un congruo numero di persone pienamente consapevoli disponibili a realizzare le frodi.

Per la prima volta in casi simili, il provvedimento cautelare ha colpito anche le vittime compiacenti dei simulati sinistri, i falsi conducenti dei veicoli investitori, i falsi testimoni e i fornitori dei mezzi utilizzati. «L’indagine ha permesso di svelare come un numero di persone anche cospicuo ruotasse attorno a questa organizzazione di falsi sinistri con ruoli a volte ricorrenti di testimone, investitore e persino di vittima – rivela il maggiore Augusto Ruggieri, comandante del nucleo investigativo del gruppo carabinieri di Monreale – E inevitabilmente il ruolo di vittima comportava che loro rendessero delle dichiarazioni false che poi contribuivano a rendere credibile la ricostruzione dell’incidente oltre a rispondere dei rati di calunnia e autocalunnia». Dall’inizio dell’indagine emergevano le figure di Luca Reina, titolare di una agenzia di pratiche assicurative in via Leonardo da Vinci, e di Salvatore Andrea Cintura, componente della nota omonima famiglia di pregiudicati gravitante nel quartiere cittadino del Cep-Borgo Nuovo, quali soggetti al vertice dell’organizzazione che si sono avvalsi di una cerchia ristretta di collaboratori: organizzatori e procacciatori di vittime, testimoni e autisti di mezzi da utilizzare per i sinistri (Alessio Cappello, Domenico Cintura, Giovanni Napoli, Antonino Buscemi, Sufiane Saghir e Giuseppe Orfeo), nonché di numerose vittime consenzienti, falsi testimoni ed autisti dei veicoli coinvolti nei falsi sinistri.

«Diversi membri delle famiglie – spiega ancora Ruggieri – che rappresentano una parte cospicua degli indagati odierni, hanno precedenti per reati contro il patrimonio, contro la persona, furti, rapine e ricettazione. Due di questi appartenenti, in particolare, avevano un ruolo attivo nell’organizzazione, nel reclutamento, nel dirigere questa associazione. Ed occasionalmente è emerso che commettessero altri reati». Alcuni associati, come anticipato, erano “specializzati” nella ricerca delle potenziali vittime dei falsi sinistri, soggetti cercati in contesti cittadini caratterizzati da degrado e povertà. Di questi soggetti colpisce l’estremo cinismo nel privilegiare l’avvicinamento di persone in precarie condizioni economiche, in alcuni casi anche colpite da disabilità intellettive o da tossicodipendenza, al fine di riuscire più facilmente a contenere le loro successive richieste di denaro. L’illusoria prospettiva di incassare lauti risarcimenti aveva facile presa su questi soggetti disperati e indigenti, che acconsentivano a subire lesioni di particolare gravità, con la promessa che il risarcimento assicurativo sarebbe stato più consistente quanto più gravi fossero state le fratture che venivano loro inflitte.

L’organizzazione criminale, che nell’ultimo biennio ha incassato circa due milioni di euro quali risarcimento danni per sinistri inesistenti, si faceva carico di seguire il ferito fino alla chiusura della pratica assicurativa, sia perché, oltre alla corresponsione di un anticipo, il mantenimento era una dei punti fermi dell’accordo, sia perché, come facilmente intuibile, dalla permanenza della vittima nella loro disponibilità dipendevano le sorti del buon esito della truffa. «Lo spunto è stata la caratura criminale di alcuni di questi soggetti – prosegue – che dediti alla commissione di diversi tipi di reati, sono finiti nel mirino degli investigatori, e da lì poi è partita la ricostruzione investigativa. Gli incidenti causati procuravano risarcimenti sempre nell’ordine di decine di migliaia di euro. Dall’analisi che è stata effettuata dalla Banca d’Italia su alcuni conti correnti è stato stimato nell’ultimo biennio un movimento di circa 2 milioni di euro»

Oltre all’identificazione di tutti i componenti dell’organizzazione, venivano individuate anche le loro basi operative, locali nella loro disponibilità, dove si pianificavano i falsi sinistri stradali e dove materialmente venivano procurate le lesioni, individuandole nell’agenzia di scommesse di via Pietro Scaglione n.67, gestita da membri della famiglia Cintura; l’agenzia di infortunistica stradale Studio Ellerre S.r.l. di via Leonardo da Vinci, gestita da Luca Reina; una stalla annessa ad una villa seicentesca sita in via Mango di Palermo, storica roccaforte della famiglia Cintura di Borgo Nuovo, dove sono stati registrati tre episodi nel corso dei quali venivano inferte lesioni; l’abitazione dell’indagato Alessandro Bova in via Pietro Scaglione dove è stato registrato un altro episodio di analoga natura.

Le indagini hanno confermato come l’organizzazione avesse ideato un sistema altamente efficiente, al punto che alcuni componenti dell’organizzazione possono essere tranquillamente definiti «partecipanti seriali in sinistri stradali» in virtù del loro coinvolgimento negli ultimi anni in numerosi incidenti. Tra questi spiccano Giovanni Napoli, coinvolto in 10 sinistri stradali (in sei casi quale danneggiato ed in quattro casi in qualità di responsabile del sinistro) il quale è già indagato nei procedimenti Tantalo e Contra Fides, Davide Giammona, coinvolto in 11 sinistri stradali (in quattro casi quale danneggiato, in sei casi in qualità di responsabile del sinistro ed in una occasione testimone del sinistro) e Salvatore Chiodo, coinvolto in ben 15 sinistri stradali (in 12 quale responsabile del sinistro ed in tre casi quale danneggiato).

L’elevatissima pericolosità del gruppo criminale appare evidente e risulta accresciuta dal fatto che tale gruppo, per ricevere cospicui risarcimenti, non si faceva scrupolo di arrecare alle vittime consenzienti gravissime lesioni dalle quali derivavano alte percentuali di invalidità permanente. In più, le modalità con cui sono state provocate le lesioni sono indicative della spregiudicatezza ed efferatezza insita nei componenti dell’organizzazione. Ne è riprova la modalità con cui venivano inferte le lesioni ai soggetti consenzienti (ai quali, a differenza di quanto a loro assicurato, non veniva somministrato alcun tipo di anestetico) che venivano loro praticate utilizzando un pesante mattone di tufo, mentre per simulare le abrasioni derivanti dallo sfregamento sull’asfalto venivano utilizzati fogli di carta abrasiva. L’episodio che meglio rappresenta l’estrema spregiudicatezza e pericolosità del gruppo criminale sgominato dai carabinieri è rappresentato dall’intercettazione abusiva condotta dagli stessi ai danni degli inquirenti.

L’organizzazione, allarmata del fatto che due soggetti erano stati convocati in caserma per essere sentiti in merito ad un falso sinistro stradale che li aveva visti coinvolti, installava nel giubbotto di uno di questi un apparato elettronico per eseguire intercettazioni ambientali, riuscendo in parte nel loro intento di intercettare la prima parte dell’esame a cui il teste era sottoposto da parte degli investigatori. I militari che stavano procedendo all’esame del teste, notando un atteggiamento sospetto di quest’ultimo, si accorgevano che questi celava in una tasca del giubbotto un apparecchio per intercettazioni ambientali che stava trasmettendo in tempo reale su un cellulare in uso ad Alessio Cappello ciò che stava accadendo in tempo reale all’interno degli uffici della caserma dei carabinieri di Borgo Nuovo. «Quando ormai le indagini erano in una fase avanzata – rivela – abbiamo convocato in caserma alcune vittime per vedere se confermavano questa ricostruzione dei fatti. Queste persone avevano addosso una microspia ambientale che trasmetteva all’esterno perché volevano sapere cosa gli chiedevano e come rispondevano». Per questi motivi a Cappello e Letterio Maranzano è stato contestato anche il reato di intercettazione abusiva, con l’aggravante di aver commesso il fatto in danno di pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni. Proprio questo episodio convinceva Domenico Tantillo a collaborare con l’autorità giudiziaria di Palermo e proprio dal suo racconto emerge chiara l’inaudita violenza nei confronti delle vittime.


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