Intercettazione Tutino-Crocetta, giornalisti Espresso a giudizio Legale medico: «Fiduciosi che finalmente venga fatta giustizia»

«Attendiamo fiduciosi che finalmente venga fatta giustizia e che i responsabili vengano condannati per amore della verità, a tutela dell’offeso e di tutta la collettività». È un commento pieno di ottimismo quello dell’avvocata Sabrina Donato, che rappresenta il medico Matteo Tutino, rispetto alla citazione in giudizio dei giornalisti Piero Messina, Maurizio Zoppi e dell’ex direttore de L‘Espresso Luigi Vicinanza. «A conclusione delle indagini preliminari svolte dalla procura – si legge infatti nel decreto – i giornalisti sono citati in giudizio per il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa perpretrata in danno del dottor Tutino». La prima udienza è fissata per metà luglio. 

I fatti sono ormai noti e risalgono al 16 luglio 2015, data in cui viene pubblicato sul settimanale l’articolo intitolato Mettiamoci una crocetta sopra, in cui i due giornalisti fanno riferimento a una presunta frase pronunciata dall’ex primario del reparto di Chirurgia plastica dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, in una telefonata con l’allora presidente della Regione Rosario Crocetta. «Va fatta fuori come il padre», avrebbe detto il medico riferendosi all’allora assessora regionale Lucia Borsellino, figlia del magistrato Paolo Borsellino ucciso nella strage di via d’Amelio il 19 luglio 1992. Una frase che, a detta dei giornalisti e del direttore del settimanale, sarebbe esistita in un’intercettazione ad oggi, però fantasma, mai saltata fuori. 

«Il decreto in questione – precisa ancora l’avvocata Donato – è stato altresì trasmesso al Consiglio nazionale dei giornalisti e all’Ordine professionale di appartenenza di Messina e Zoppi ai fini dell’adozione dei provvedimenti di competenza». Tutti e tre sono stati già condannati a giugno scorso in sede civile dal tribunale di Palermo a risarcire complessivamente circa 30 mila euro al dottor Tutino, mentre altri 20 mila euro li avrebbe dovuti versare il gruppo editoriale L’Espresso. Ad aprile, invece, sempre del 2018 gli stessi erano stati condannati a risarcire di circa 57mila euro anche l’ex governatore Crocetta. 


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