Il sindaco di Riace è tornato a Cinisi per ribadire i parallelismi tra il modello d'accoglienza del Comune calabrese e la lotta antimafia. «Si tratta di una ribellione esistenziale che cerca delle soluzioni collettive. Oggi la nuova strategia è quella di distruggere il pensiero»
Mimmo Lucano e quei legami con Peppino Impastato «Quando l’anima non muore la mafia fa passi indietro»
«Peppino Impastato è sempre stato un riferimento imprenscidibile del mio pensiero politico. Il suo impegno a livello locale per qualcosa di più grande, a livello planetario, lo sento molto vicino». Mimmo Lucano è il sindaco più discusso degli ultimi tempi. Da Riace il suo modello d’accoglienza è stato osteggiato e supportato allo stesso tempo. Ma i legami tra il piccolo Comune calabrese e quello del palermitano sono più forti che mai. La presenza di Lucano a Cinisi, nei giorni dedicati al ricordo del militante comunista e antimafia, è stata particolarmente sentita nel Palermitano. Non era la prima volta che il primo cittadino calabrese veniva a Cinisi. Però questa volta, dopo il divieto di dimora nella sua Riace con l’accusa di aver favorito l’immigrazione clandestina, è un po’ più speciale. «Cinisi è un luogo che mi fa sempre emozionare perché ha dato un senso al mio impegno politico – riconosce Lucano – Forse poi tra Riace e Cinisi c’è un discorso comune, perché si tratta in entrambi i casi di una ribellione esistenziale che cerca delle soluzioni collettive».
Lucano racconta di «un’oppressione giudiziaria» che vive con «amarezza». Da sette mesi non può rientrare a casa, per via di «una misura che si usava ai tempi del fascismo». Questo però non lo fa desistere dal portare, ovunque lo invitino, il suo esempio e la sua storia, che poi sono le storie dei tanti rifugiati accolti nel piccolo Comune calabrese. Sempre più pieno di murales e messaggi dedicati proprio a Peppino Impastato.
«Un legame che per me è cominciato molto tempo fa, appena maggiorenne – spiega Lucano – Era il mio primo voto e scelsi di votare Democrazia Proletaria. Credo che già in queste due parole ci fosse una sintesi della sinistra. Io ero allora, e lo sono tuttora, non legato ad alcun partito, sospeso in un sentimento indefinito di sinistra. Ma su di lui, su Peppino, non ho mai avuto alcuna esitazione. In lui vedevo l’essenza di un impegno sociale, un impegno che viene dall’anima, lui che ha perso la vita per contrastare la prepotenza mafiosa riconquistando allo stesso tempo uno spazio di libertà e democrazia».
La mafia degli anni ’70 però è diversa da quella attuale. «La mafia oggi non ammazza più nessuno – sostiene – proprio per non creare più l’esempio, il martire, l’eroe. Giunto alla terza legislatura a Riace io ero sempre preoccupato, mi portavo i documenti del Comune a casa, visto che vivo da solo. A un certo punto invece ho capito che non mi avrebbe toccato più nessuno. È una strategia completamente nuova: si vuole distruggere il pensiero, il messaggio che tu diffondi. E questo lo fa anche lo Stato. Quando l’anima non muore e resiste, la mafia fa passi indietro. E Peppino ce lo ha insegnato».
L’analisi di Lucano, poi, continua sul parallelismo tra Cinisi e Riace. «Le mafie sono un’espressione del sistema economico e della società concepita sullo sfruttamento e sul neoliberismo – afferma – La nostra insomma non è solo una ribellione alla mafia ma la proposta di un mondo basato sull’eguaglianza, che è la vera dimensione umana che la sinistra ha smarrito. E invece bisogna stare vicino agli oppressi, come nel caso dei rifugiati che sono i nuovi proletari, i braccianti neri delle baraccopoli che non sono neanche adeguatamente supportati dai sindacati».
Ed anche di Riace non si deve parlare. Persino la fiction prevista sulla Rai, che vedeva tra gli interpreti Beppe Fiorello, ha visto rimandata la trasmissione a data da destinarsi. «Raccontavano di me come un eroe – dice Lucano – in un periodo in cui invece era necessario che l’accoglienza venisse rappresentata come un dramma sociale. E questo non si doveva diffondere. Dopo due mesi di lavoro attualmente la fiction è bloccata, e così è stato raggiunto lo scopo. Uno degli obiettivi di tutta questa macchinazione è quello di distruggere l’anima». Secondo Lucano, insomma, «Riace ha toccato i nervi scoperti di una democrazia in difficoltà, e di questo mi sono reso conto proprio a Cinisi. I 100 passi di Peppino Impastato per me sono state le sfumature che ciascun compagno di Peppino mi ha suggerito. Il fatto che abbia preso voti quando è morto ci insegna che bisogna andare avanti».