MilaNOmafia, il fumetto che racconta la lotta a Cosa nostra  Nicolaci: «Storie che gridano rabbia per ciò che è accaduto»

Raccontare come il fumetto abbia omaggiato, e continui a farlo, tutti coloro che hanno dedicato la propria vita alla lotta contro la mafia. Questo il filo conduttore della mostra MilaNOmafia, dal 21 marzo al 5 maggio 2019, a Milano, presso WOW Spazio Fumetto. Nel corso della manifestazione, organizzata in collaborazione con l’Associazione Peppino Impastato e Adriana Castelli, si terranno una serie di laboratori, visite guidate, incontri e proiezioni strutturati lungo un percorso didattico che parte da una indagine sull’origine della mafia passando poi agli omaggi nei confronti tanto dei servitori dello stato, quanto dei comuni cittadini che hanno perso la vita in questo conflitto (dai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a Don Pino Puglisi). 

E ancora, analizzano le ipotesi di depistaggi e collusioni statali legati a varie vicende della storia nazionale recente (i casi di Mauro Rostagno, Ilaria Alpi, Peppino Impastato e Libero Grassi), concludendo con una sezione dedicata alle opere che vogliono spiegare la lotta alla mafia ai giovanissimi come “L’invasione degli Scarafaggi, ovvero la mafia spiegata ai bambini”, oppure la “Favola di Palermo” e alcune storie di Nathan Never legate all’argomento della mostra.

Proprio la prima ristampa del volume “Favola di Palermo”, dell’autore palermitano Silvestro Nicolaci, curata da Riccardo Mazzoni (vice direttore del museo del fumetto di Milano) con una prefazione del giornalista Fabio Tricoli, sarà il cardine di un incontro presso i locali dello Spazio WOW giorno 13 aprile alle ore 16.30. Alla presentazione del volume interverranno anche Piera Aiello e Salvatore Borsellino. Edito nel 2007 dalla Scuola del Fumetto di Milano e ristampato due anni fa in collaborazione con l’editore Excalibur, il volume ripercorre in chiave favolistica la tragica storia della giovane collaboratrice di giustizia Rita Atria, morta suicida pochi giorni dopo l’attentato che tolse la vita al giudice Borsellino il 19 luglio del 1992 in via D’Amelio.

Per parlare di questo lavoro incontriamo nuovamente Silvestro Nicolaci, che ci racconta la gestazione di questo prodotto nato dallo sgomento per i fatti del ’92: «Prima di imbattermi nella storia di Rita volevo scrivere una storia che gridasse rabbia per quello che era successo», ammette l’autore, colpito dai tragici eventi della stagione stragista. «Cercavo una storia adatta ad esplorare la figura umana di Paolo Borsellino, e, quando decidi di raccontare una storia legata ad una persona vera, devi metterti a cercare. Così mi sono imbattuto, quasi casualmente, nella vicenda di Rita Atria scoprendo il suo legame con il magistrato», racconta Silvestro spiegandoci la propria fascinazione nei confronti della figura di Borsellino, derivante dal suo modo, umano ed emotivo, di essere giudice anche e soprattutto in maniera diversa rispetto all’amico Falcone.

«Il suo modo di essere, la sua gentilezza, spesso spiazzavano i mafiosi impreparati alla sensibilità e alla capacità di ascoltare dell’uomo davanti a loro. Proprio questa sua profonda umanità viene fuori dal rapporto di amore filiale nei confronti di Rita», afferma l’autore, spiegandoci come nel 1991 la ragazza giovanissima scelse di collaborare con la giustizia rivolgendosi all’allora procuratore di Marsala con cui instaurò un rapporto padre-figlia. «Dopotutto erano due persone sole, ciascuna a suo modo, in particolare lei che, rinnegata dalla madre, dopo l’omicidio del padre e del fratello trova in Borsellino una figura che ne attenua la solitudine e anche la profonda disperazione», prosegue Nicolaci, facendoci entrare in una storia perfetta per una tragedia greca, tanto vera e terribile che oggi Rita Atria viene considerata a tutti gli effetti una vittima di Mafia.

«Io racconto sempre favole e gli elementi di questa storia erano perfetti per essere trasposti. Così nacque l’idea di trasformare alcuni passaggi ed inserirne altri contrapponendo il Cavaliere Paolo alla malvagia Strega Mafia, il cui orrido elisir addormenta le coscienze dei palermitani. Questi sono..metaforicamente rappresentati dal gigantesco cane Pellegrino che, addormentato nella forma del monte omonimo, personifica lo spirito guardiano e la coscienza della città, sprofondata nel sonno dalla magia della strega che vive dentro il castello Utveggio», riassume brevemente l’autore tratteggiando le basi della propria storia. «Palermo è terribilmente bella, una città la cui bellezza ottunde i sensi davanti allo scempio della mafia. Anche per questo creare una metafora favolistica si è rivelato facile, ma non si tratta di una storia per bambini, è una favola grigia e politicamente scorretta acquerellata proprio in toni di grigio senza usare colori», illustra Nicolaci proseguendo il proprio racconto.

«La storia finisce bene, al contrario della vita vera deve farlo. Le didascalie inserite all’inizio e alla fine del volume dicono subito si tratti solo di una favola, in cui lo scoppio della bomba, che nella realtà costò la vita a Borsellino, invece riesce a svegliare il cane dormiente e con esso la coscienza dei palermitani. Mentre quando Rita sceglie di buttarsi dalla finestra, invece di morire com’è accaduto, trova Paolo pronto ad afferrarla […]. È stato un volume emotivamente impegnativo, che mi ha permesso di andare nelle scuole per parlare di Antimafia al fianco di chi fa questo come missione di vita, cercando di sensibilizzare le nuove generazioni come io ho provato a fare attraverso il fumetto», conclude Silvestro a proposito di un volume capace di incantare e commuovere al tempo stesso, una vera e propria favola scritta con maestria per toccare l’animo e la sensibilità di tutti coloro che lo hanno letto.


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