L'ennesimo affondo del sindaco che, nelle scorse settimane, ha inviato una direttiva agli uffici ordinando la sospensione dell’applicazione del decreto voluto dal leader del Carroccio: «Salvini non potrà dire che non sapeva genocidio»
Decreto Sicurezza, per Orlando è un «insulto» «Vado avanti, firmerò io iscrizioni all’anagrafe»
«Il decreto è sostanzialmente un insulto agli italiani, produce un clima di paura tra i dipendenti del Comune, e tra i migranti che si sentono improvvisamente franare il terreno sotto i piedi». È l’ennesimo affondo del sindaco di Palermo Leoluca Orlando contro il decreto Salvini. Il primo cittadino, nelle scorse settimane, ha inviato una direttiva agli uffici dell’anagrafe del capoluogo ordinando la sospensione dell’applicazione del decreto Sicurezza. Una mossa che ha creato non poco scompiglio tra il personale dell’ufficio, alimentando un’atmosfera di caos sfociato nel rifiuto netto ad istruire e protocollare le richieste giunte nel frattempo.
«Nei giorni scorsi i dipendenti erano talmente preoccupati dal contesto che si sta costruendo – ha proseguito -, al punto di non voler consentire un’autorizzazione nonostante non fosse impedito dal decreto Salvini, ma noi andiamo avanti». Il professore non ha fatto mistero di voler superare l’ostacolo firmando di suo pugno le richieste, fino a oggi oltre un centinaio, ma quando? «Sono in corso le istruttorie – ha precisato – una volta terminate provvederò a firmare queste iscrizioni».
Per Orlando, tuttavia, così si produce un effetto molto grave, «un clima di odio» nel quale si inserisce l’uccisione del sindaco di Danzica, Pawel Adamowicz, «con il quale insieme abbiamo testimoniato un bisogno di accoglienza. Il mio collega aveva pubblicamente dichiarato che tra l’esperienza palermitana e l’indicazione del suo governo, lui stava dalla parte di Palermo». Il tutto mentre ancora si cercano in mare i dispersi del naufragio della nave con a bordo decine di migranti, a largo delle coste di Tripoli: «Continua un genocidio, e al ministro Salvini direi: si farà un secondo processo di Norimberga, e lui non potrà dire che non sapeva».