Omicidio Aldo Naro, parola alle difese «Stupisce il rinvio a giudizio di alcuni»

«Chiediamo l’assoluzione per non aver commesso il fatto». È medesima la formula che ha chiuso, questa mattina, le arringhe degli avvocati Michele Giovinco e Corrado Sinatra, che davanti al giudice Fernando Sèstito hanno preso la parola in difesa di Daniele Cusimano e Giovanni Colombo. Imputati, insieme ad altre sette persone, per la morte di Aldo Naro, il medico 25enne ucciso la sera del 14 febbraio 2015 nella discoteca Goa di Palermo. Vengono giudicati in abbreviato insieme a Pietro Covello, Mariano Russo, Natale Valentino, Giuseppe Micalizzi e Carlo Salvatore Lachina, tutti accusati di rissa. Mentre Giuliano Bonura e Francesco Meschisi devono rispondere di favoreggiamento personale. Ma questo è solo uno dei tanti filoni che si sono aperti dal brutale omicidio di quella notte. Resta ancora aperto un altro processo, celebrato con rito ordinario, sempre per rissa aggravata e favoreggiamento. Malgrado la convinzione dei famigliari del medico e degli avvocati di parte civile, Antonio e Salvatore Falzone, secondo i quali si è trattato piuttosto di «un pestaggio a morte» – con la richiesta che le indagini ricomincino da capo. Solo uno il procedimento aperto per omicidio – ancora contro ignoti – nato in seguito alla denuncia della famiglia, che ritiene che i veri assassini non siano stati mai indagati. Chiuso invece quello che è valsa la condanna a dieci anni per Antonio Balsano, ex buttafuori del Goa e all’epoca 17enne, che ha ammesso di aver sferrato il calcio alla testa che avrebbe ucciso Naro.

Intanto, prosegue sempre più verso la conclusione il procedimento a porte chiuse per rissa e favoreggiamento. Oltre alla formula scelta per la richiesta di assoluzione, ad accomunare i due avvocati è anche un vero e proprio «stupore». A riascoltare le prime ricostruzioni di quella sera, le testimonianze raccolte, ritrattazioni e aggiustamenti, e soprattutto basandosi su quanto emerso con la perizia antropometrica disposta dai periti incaricati dal giudice e fortemente voluta dai legali, per Cusimano e Colombo non ci si sarebbe aspettata alcuna richiesta di rinvio a giudizio. «Stupore perché per come i carabinieri avevano ricostruito la vicenda non c’era alcuna certezza che Cusimano avesse partecipato alla rissa – precisa infatti il suo legale, l’avvocato Giovinco -. Già dagli atti processuali leggevo una contraddizione palese, che mi ha colpito sin da subito». Le dichiarazioni, infatti, rese immediatamente dopo il delitto da alcune ragazze presenti quella sera in discoteca escludevano dal principio la presenza di Cusimano nel privé dove si trovava Aldo Naro e dove sarebbe esplosa la scintilla che avrebbe portato al suo pestaggio a morte. Mentre un altro imputato al processo non avrebbe neppure riconosciuto in foto il volto di Cusimano come quello di uno dei soggetti che avrebbe partecipato all’aggressione. «Secondo me questo già bastava per emettere un giudizio di inconsistenza probatoria – dice il legale -. Lui non c’era né prima né durante né dopo l’accadere dei fatti. Abbiamo alcuni fotogrammi con gli orari dei suoi spostamenti e allontanamenti dal privé. Si accorge della calca solo quando fa ritorno».

Secondo la perizia, il fatto sarebbe accaduto fra le 3:10 e le 3:15 o, almeno, la sua prima fase, quella della sottrazione del cappellino, quella della scintilla insomma. «Cusimano si allontana dal privé e alle 3:09:53 raggiunge il guardaroba. Le dichiarazioni delle ragazze e quelle di rettifica coincidono con quello che è stato accertato dalla perizia, cioè che nel momento in cui è scaturita la scintilla lui era lontano. Arriva quando la rissa si è ormai conclusa lui rimane al bar piccolo fino alle 3:13:09, lo ritrae una telecamera, si trova ancora lì un minuto dopo che arrivano i buttafuori – continua -. Abbiamo certezza assoluta che alle 3:23 avviene la chiamata al 118 e Cusimano riappare sullo scivolo alle 3:21, mentre cammina nel corridoio del privé, dove non vi fa mai accesso. Lui lì nemmeno c’era, insomma». Per l’avvocato Giovinco lo dimostra la ricostruzione dei carabinieri, i risultati della perizia antropometrica, le testimonianze dei presenti alla serata. Il pm Claudio Camilleri però ha chiesto per Cusimano una condanna a due anni. Identica richiesta anche per Giovanni Colombo, anche lui per l’avvocato Sinatra totalmente estraneo al pestaggio di quella notte. «La sua è una posizione anomala quanto quella di Cusimano, anche se per fattori differenti – dice subito -. È imputato per rissa, ma di quale rissa parliamo esattamente? Indipendentemente da ogni soggettività, noi abbiamo i video. Partiamo da questo, che è l’unico dato oggettivo. Si scatena un tafferuglio, vediamo partire i buttafuori e le persone. Se la procura intende individuare la rissa come fatto prodromico alla morte, è chiaro che lì Colombo non c’è. Se è così, se la miccia è quella, allora ne rimane estraneo chiunque non fosse in quel maledetto privé».

Quella notte Colombo si dimostra collaborativo, chiede anzi a più riprese l’interrogatorio, come ricorda in aula l’avvocato Sinatra. Ma il suo punto forte rimane proprio quanto immortalato dalle videocamere del locale. «Le immagini spaccano il gruppo delle persone riprese in quelle immagini. Colombo è quello che, dal racconto di uno degli imputati, “mi prende per il collo e mi toglie, mi tiene fermo”. Rimangono fermi perché capiscono che è pericoloso andare avanti, verso quella calca. Se Colombo è quello che lo ha fermato, come fa la sua condotta a essere giuridicamente rilevante per l’accusa di rissa? Quello che succede attorno a quel tavolino dov’è seduto pochi istanti prima rimane circoscritto a quel momento. Finisce lì, poi si girano e vedono la gente che scatta verso il privé dove c’è Aldo Naro. Come si fa a ritenere che la discussione avuta tra Colombo e questi soggetti sia connessa o addirittura sia la causa di quello che è successo?».


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