Da Riscossione Sicilia è stata notificata la cartella esattoriale ai parenti del defunto boss corleonese, per le spese sostenute durante i 24 anni di detenzione al 41 bis. «La legge esclude che il rimborso si estenda agli eredi del condannato» dice l'avvocato Luca Cianferoni
Riina, chiesti ai familiari due milioni per il carcere Legale: «Tentativo goffo di recuperare un credito»
Lo Stato presenta il conto alla famiglia del boss Totò Riina. Ai parenti del padrino corleonese di Cosa nostra, morto il 17 novembre 2017, è stata notificata da Riscossione Sicilia una cartella esattoriale di circa due milioni di euro per le spese sostenute per il mantenimento in carcere del capomafia. «È una partita di giro contabile del ministero, per finalità amministrative loro che a me sfuggono – dice il legale della famiglia Riina a Meridionews, l’avvocato Luca Cianferoni. «Già negli anni precedenti, quando il signor Riina era ancora vivo, era stata tentata una cosa simile. Devono giustificare che non hanno recuperato il credito, quindi fanno questi tentativi goffi e malaccorti».
Riina, arrestato il 15 gennaio del 1993 dopo 23 anni di latitanza, ha trascorso in cella al 41 bis 24 anni. Ad attivare la procedura di recupero del credito sarebbe stato, attraverso il ministero della Giustizia, il carcere di Parma. Che è l’ultimo istituto penitenziario in cui il capomafia è stato detenuto. «A noi sembra una boutade – aveva detto Cianferoni poco prima all’Ansa – perché la legge esclude espressamente che il rimborso per le spese di mantenimento in carcere si estenda agli eredi del condannato. Perciò stiamo studiando bene la questione per vedere in che termini è».