Aldo, il clochard gentile che aveva conquistato tutti «Una persona dolcissima, mi occuperò io di Helios»

«Non chiedeva niente. Una settimana fa gli abbiamo chiesto se volesse qualcosa, ma lui ci aveva fatto vedere le sue buste dicendo che c’era dentro tutto quello di cui aveva bisogno». Sono in tanti ad accalcarsi contro le transenne disposte dai carabinieri attorno al luogo dove è stato trovato il corpo di Aid Abdelah, per tutti solo Aldo, il clochard rinvenuto stamattina senza vita sotto i portici di piazza Ungheria. La scientifica non ha ancora finito di fare i rilievi, ma in tanti vogliono sapere qualcosa del senzatetto che aveva conquistato tutti con la sua parlantina, i suoi modi gentili e il suo gattone, Helios. L’uomo, che presentava una profonda ferita alla testa, è stato probabilmente vittima di un’aggressione. I militari stanno visionando i filmati delle telecamere delle attività commerciali della zona. 

Ci sono voluti pochi istanti perché Helios, che Aldo considerava la sua famiglia, trovasse una nuova casa. Il gatto era stato affidato dai carabinieri a Laura, una ragazza che lavora poco lontano dal luogo dell’accaduto e che conosceva bene il clochard. Attorno a mezzogiorno si è recata al bar vicino per chiedere di affiggere l’annuncio in cerca di una nuova sistemazione per il gatto, ma la risposta della ragazza dietro al bancone è stata risolutiva: «So già chi lo può prendere con sé». Si tratta di Marco, anche lui lavora nei pressi di via Generale Magliocco. «L’ultima volta che ho incontrato Aldo è stato ieri a pranzo, gli ho offerto un panino – racconta – Parlavamo spesso di politica, di Salvini di quello che succedeva in Francia con i gilet gialli. Aveva un cellulare col quale si teneva aggiornato. Era un girovago, tornava in Sicilia per i mesi invernali perché diceva che qui fa caldo anche a gennaio, e poi preferiva tornare a viaggiare. Di solito arrivava qui verso ottobre e ripartiva a marzo. L’estate scorsa era stato in Germania, poi aveva degli amici in Puglia, ma andava spesso anche in Francia».

Marco scorre le conversazioni avute con Aldo su Whatsapp, guarda le foto: in una c’è Helios sul sedile di un treno, «Qui è mentre si trovavano in viaggio in Nord Europa»; c’è il ritaglio di un giornale che ritrae l’artista senza casa con il gatto sulle spalle: «Questo è un articolo di un giornale tedesco che parla di quando la polizia lo ha fermato in Germania perché era seduto di fronte a un negozio con Helios». E c’è persino la fotografia di una grossa fetta di carne: «Questa – dice ancora Marco – me l’ha mandata per farmi vedere cosa si era comprato una volta che gli avevo dato dieci euro».

«Non può essere lui, non dava fastidio a nessuno – dice una signora – era sempre educato, una persona distinta». «Era sempre in giro – risponde un altro – a volte partiva per andare in Germania, aveva viaggiato moltissimo». Non c’è passante che non si fermi per dare ai carabinieri il proprio contributo parlando di Aldo, dell’ultima volta che l’avevano visto, dell’ultima chiacchierata. «È incredibile che sia morto così» dicono, poi chiedono di Helios. «Parlava sempre con il suo gatto – racconta una passante – lo trattava come una persona, gli diceva quando era ora di andare a letto, gli chiedeva di spostarsi, era molto tenero».

Tra i più provati dalla morte di Aldo ci sono proprio il gestore e gli impiegati del bar accanto al posto scelto dal senzatetto per passare abitualmente la notte. «Abbiamo aperto molto presto – dicono – lui era nel suo giaciglio, ma abbiamo capito subito che c’era qualcosa che non andava. Le coperte, le sue cose, erano tutte scombinate, mentre lui era una persona molto ordinata, sistemata». E ancora: «Dicono che sia stato aggredito e derubato». Fasi brevi, pronunciate di controvoglia mentre l’attività va avanti, nonostante gli occhi rossi dei banconisti e le chiacchiere dei clienti. «Non si può morire così – ripete ancora una donna – Poi, sotto Natale. Perché prendersela con lui? Era unico, non importunava mai nessuno, raccontava le sue storie in perfetto italiano, con il suo accento francese. È una cosa terribile».

«Era un pittore francese girovago, tutti lo chiamavano il pittore col gattino – dice Giuseppe Li Vigni, dell’associazione Angeli della notte – Anche noi negli scorsi giorni, nei nostri consueti giri notturni, gli avevamo offerto il pranzo. Ed era un uomo sempre cortese, colto, divertente. Non possiamo ancora dire se sia stata un’aggressione, di certo gli episodi degli ultimi giorni – penso all’aggressione negli scorsi giorni a un venditore di rose a piazza Bologni – hanno ben poco dello spirito natalizio. È paradossale, poi, che ciò avvenga per chi si dice cattolico, perché i cristiani dovrebbero avere un’ulteriore sensibilità verso gli ultimi».


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