L’ombra della mafia su scommesse, edilizia e carburanti Prefetto: «Oltre cento misure interdittive in soli due anni»

Edilizia, giochi d’azzardo, carburanti e grande distribuzione. Sono questi i principali comparti privilegiati a Palermo dalla criminalità organizzata e passati al setaccio dalla prefettura durante l’attività di prevenzione delle infiltrazioni mafiose. Proprio il capoluogo detiene il primato nell’Isola per numero di richieste di documentazione antimafia, oltre 20mila (22.145 per la precisione) mentre sono un centinaio i provvedimenti interdittivi emessi (101) – un quarto del totale nell’Isola (399) -, superato di un soffio solo dalla provincia di Messina (104 misure e 7.203 comunicazioni). Uno spaccato che emerge dai dati raccolti nell’ultimo biennio: diverse le misure adottate a carico di ditte i cui titolari sono terzi intervenienti in misure di prevenzione patrimoniali. E in un caso, ha rivelato la prefetto Antonella De Miro, alcuni di loro avevano pure denunciato piccoli estortori accreditandosi così per entrare nel mondo dell’associazionismo antiracket e antiusura da cui la prefettura li ha comunque estromessi.

Sul fronte del gioco d’azzardo, cinque i provvedimenti a carico di altrettante ditte interessate allo stesso settore, che hanno consentito di evidenziare un interesse speculativo trasversale ai mandamenti palermitani. Il più significativo ha riguardato la Kursalla Spa, concessionaria della licenza su bingo e scommesse online, per accertare compromissioni del suo titolare, poi condannato per favoreggiamento aggravato in favore della famiglia di Porta Nuova.

Altro capitolo riguarda gli impianti sportivi delle corse dei cavalli. L’episodio più eclatante è sicuramente quello che riguarda l’Ippodromo Favorita. La prefettura ha adottato un provvedimento interdittivo a carico della società di gestione, dichiarato in atti giudiziari, «governato dalla famiglia Madonia a capo del mandamento San Lorenzo Resuttana». Provvedimenti giudiziari, infatti, hanno accertato la «gestione illecita delle scommesse e attività estorsive». Anche la produzione di energia da fonti rinnovabili è un settore finito da tempo nel mirino della mafia. Due misure sono state adottate a carico di due ditte che si occupano della progettazione di impianti di produzione di energia elettrica con notevoli collegamenti con la ‘ndrangheta e con soggetti mafiosi del Trapanese.

Per quanto riguarda la distribuzione del gas, sono stati adottati due provvedimenti, riconducibili al soggetto interveniente nella misura patrimoniale, Antonino Troia, (condannato all’ergastolo componente della commissione provinciale di Cosa nostra che decretò la strage di Capaci) e già presente nella società Centralgas Spa, di cui sono state confiscate quote azionarie di Francesco Paolo Bontate, figli di Stefano il principe di Villagrazia. I provvedimenti, tuttavia sono stati sospesi in sede cautelare.

Un discorso a parte merita l’agricoltura, settore che fa gola anche per l’accesso ai fondi europei. Quattro, in questo caso, le interdittive a carico di imprese in attesa di ricever erogazioni pubbliche: una di queste, in particolare, aveva come socio un dirigente regionale, all’epoca detenuto, coinvolto in reati con soggetti legati alla ‘ndrangheta e con soggetti di spicco della mafia trapanese. Infine, un provvedimento è stato adottato anche a carico di un’azienda che gestisce un centro di grande distribuzione di detersivi e prodotti per la pulizia in genere, il cui titolare è terzo interveniente in una misura di prevenzione a carico del padre Giuseppe Samaritano, prestanome della famiglia Pipitone di Carini.

«Oggi le mafie non sparano ma sono tanto più pericolose perché non viene avvertito il loro pericolo, che sta nel loro infiltrarsi nell’economia legale – ha avvertito il prefetto Antonella De Miro – Per questo, le interdittive antimafia sono estremamente importanti, perché consentono di intercettarle fin dall’origine». Un bilancio, quello dell’ultimo biennio con quasi 400 provvedimenti nell’Isola che il prefetto definisce «positivo», frutto di «puntuali controlli che non servono ad aggredire e criminalizzare l’imprenditoria sana, ma servono soltanto a ritagliare ed espungere dal mondo dell’imprenditoria nei rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione le imprese che molto sono condizionate dalla mafia».


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