I 99 piatti della tradizione palermitana in una lista disegnata  Dario Campagna: «Avevo lo spinno da emigrato nostalgico»

In principio era lo spinno. Dario Campagna è un disegnatore palermitano che, da buon meridionale emigrato, ogni tanto è assalito da una botta di nostalgia. Vive a Bologna, città con una ricca tradizione culinaria. Che però non può soddisfare tutte le sue esigenze. «Per dire, qui a Bologna non saprei proprio dove cercarlo un piatto di quarume» sorride. Così un giorno, per tentare di placare il desiderio di rascature e crostini, si mette a disegnarli. La cosa lo diverte, così dallo street food si allarga fino al dessert e a cibi più elaborati: tutti quelli che la memoria gli consegna, tutto ciò che di culinario offre Palermo. E ne crea una stampa d’autore che raccoglie 99 piatti della tradizione palermitana e che è possibile acquistare online.

«A me piacciono le raccolte graficamente ordinate ed esaustive – racconta Dario – quindi oltre quello che già conoscevo ho fatto delle ricerche, per alcuni cibi ho scoperto storie molto interessanti o dispute su chi li ha inventati per prima. La mia stampa è stata pensata per dare colore alle cucine, per i turisti che si priano di street food e a cui dare invece che il solito souvenir un ricordo più carino e d’autore. Da due giorni ho messo la stampa online e già ho esaurito le copie. Sono arrivate richieste da ogni parte del mondo, persino dal Giappone». 

Scorrendo l’elenco disegnato si nota come siano coperte tutte le stagioni: dalla muffuletta che a Palermo si mangia il 2 novembre alle immancabili arancine il cui giorno principe è il 13 dicembre, dalle babbaluci da accompagnare durante la visione del festino di santa Rosalia alla pasta con i tenerumi che un certo tipico masochismo siculo vuole cucinata solo nei giorni più caldi dell’estate. Essendo esaustiva, o almeno provandoci, la lista raccoglie tutto il cibo che si trova a Palermo, dunque non necessariamente palermitano d’origine. «Sono stato criticato ad esempio sulla scelta di inserire la granita – dice il disegnatore – visto che a Palermo non la sa fare nessuno. E io su questo sono totalmente d’accordo. L’impegno dunque è di raccontare ciò che a Palermo c’è di culinario: cose buone, meno buone, brutte. Quasi tutte sono buone, per carità. E anche la granita la trovi in ogni bar: magari non è eccellente come quella messinese ma comunque c’è».

E per chi vuole acquistare la stampa dal vivo, a Palermo, può attendere le vacanze natalizie. «Dal 23 dicembre sarò in mostra a Ballarak Magione – segnala ancora Dario – farò una mostra dedicata anche a questi temi e col mio stile un po’ cazzone, porterò le stampe con me. Vorrei pure accordarmi con qualche negozio del centro, al momento mi godo il grande lancio online. In cantiere c’è anche l’idea di realizzare un progetto simile, nella grafica e nella scelta dell’elenco, coi luoghi di Palermo. Inoltre penso pure a tradurre la stampa in un prodotto editoriale: un libricino di ricette disegnate, sempre molto leggero. È un periodo di revival dei localismi, non nel senso negativo di indipendentismo sovranista ma sul racconto del proprio mondo. È una strada che va percorsa». 

Dario è un disegnatore freelance dal 2011: ha vissuto per sette anni a Roma, poi è tornata a vivere per un anno e mezzo a Palermo, mentre da un po’ di tempo si è trasferito a Bologna. «Sono un autodidatta, fino a sette anni fa non avevo mai disegnato – racconta – Poi mi hanno chiamato a lavorare a Il Male, di Vauro e Vincino, la famosa rivista di satira. Vincino lo ricordo con molto affetto, visto che è scomparso da poco. Prima di allora avevo provato a lavorare nel mondo del giornalismo. In quella redazione quasi tutti invece erano disegnatori, così ho provato pure io e ho trovato questo nuovo modo di comunicare, che sento molto più mio, più congeniale. Il disegno è anche più riconoscibile, ti rende anche più unico. È per questo che da allora non mi sono più staccato dalla matita». 

Un mondo certamente difficile, quello del disegno, per chi è freelance e senza tutele. Ma che sa anche regalarti parecchie gioie, se hai talento e inventiva. «Sì, ci sono le iene che non ti pagano, quelli che ti chiamano e poi spariscono. Ma allo stesso tempo ricevi grosse soddisfazioni, come quando ti chiamano perché vogliono la tua cifra stilistica e quindi sai che ciò accade perché hai lavorato bene. C’è chi mi contesta l’utilizzo di troppe parolacce, ma non faccio fatica a rinunciarci se necessario. Ci sta, perché nel caso ad esempio della carta stampata sono un ospite: riconosco chi mi sta ospitando e lo rispetto».


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