Cimitero degli Inglesi, oggi la riapertura dopo 50 anni di oblio «Doveroso che ora cambi l’atteggiamento verso questo luogo»

«Un posto suggestivo e surreale, rimasto fermo nel tempo come in una fotografia. È difficile spiegare a parole tutto quello che suscita, è indescrivibilmente bello». È trascinante l’entusiasmo di Giusi Cataldo, presidente dell’associazione palermitana Notte di Zucchero, mentre racconta quello che rappresenta per lei il Cimitero degli Inglesi all’Acquasanta. Chiuso da quasi un cinquantennio, riapre ufficialmente questa mattina, al cospetto dei rappresentanti dell’amministrazione comunale, grazie proprio alla manifestazione artistica che punta, anno dopo anno, a restituire la festa dei morti sui passi della tradizione siciliana. E che quest’anno ha scelto un luogo inusuale e diverso dal solito dove portare la cultura del teatro. Un luogo nel tempo scivolato nella memoria dei palermitani, che lo hanno quasi del tutto dimenticato, malgrado il suo fascino e la sua storia. Nato nella borgata come lazzaretto, ha visto la sua prima sepoltura nel 1812, divenendo nel tempo il luogo di riposo dei residenti britannici e dei forestieri del XIX secolo morti a Palermo.

Danneggiato anche dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale, negli anni ’60 si è trasformato nel luogo di ritrovo dei ragazzini, che andavano lì per giocare a pallone. Il piccolo camposanto è andato incontro ad anni di totale abbandono, tanto che sterpaglie e rifiuti si sono accumulati a tal punto da coprire persino le antiche lapidi. Inesistente, infatti, un qualche tipo di manutenzione. Notte di Zucchero ha chiesto in via ufficiale al Comune di poter usufruire del bene monumentale, a costo zero, per poter patrocinare l’inaugurazione di oggi. In cambio, il Comune è intervenuto per ripristinare l’originario decoro del luogo, sfruttando maestranze e aziende comunali. Da questa mattina quindi sarà riaperto stabilmente come bene monumentale e sarà presidiato da un guardiano. Una volta spenti i riflettori di Notte di Zucchero, insomma, sarà importante mantenere saldo l’impegno a tener aperto il cimitero, onere esclusivamente a carico del Comune. Il lazzaretto di via Gulì diventa quindi un bene monumentale fruibile e visitabile, lasciando le vesti di luogo sacro ricoperte due secoli fa.

«Rinasce proprio per la festa dei morti e lo fa attraverso dei monologhi, che si incastrano dentro un progetto culturale che è chiaramente diverso dal solito, che non va nelle piazze ma che apre il cimitero a otto attori», torna a dire Giusi Cataldo. «Un luogo particolarissimo che consiglio di visitare, strano, fuori dal tempo. Non sapremo forse mai com’era originariamente, sappiamo però come sarà da adesso e speriamo che raggiunto questo traguardo cambi l’atteggiamento nei suoi confronti. Mi sembra doveroso, non solo per tutti quei morti che riposano lì ma anche per la storia che rappresenta». Secondo la presidente dell’associazione, non ci sarebbero solo salme di intellettuali, scrittori, aristocratici e mercanti stranieri. «È conosciuto dai più come il cimitero acattolico degli inglesi, ma in realtà venivano confinate lì anche quelle persone che tornavano ammalate dai viaggi per mare e venivano messe in quarantena. È un luogo strano, come solo Palermo ha: cupo e magico allo stesso tempo, un mix di cose che lo rendono unico nel suo genere e preziosissimo. Davvero non si può spiegare, visitatelo tutti».

L’inaugurazione di questa mattina fa parte del programma ufficiale di Palermo Capitale Italiana della Cultura, e prevede dalle 9.30 alle 12 alcune performance incentrate sul tema della memoria. Ci sono Valentina Barresi in Lu pupu smuzzicatu di Lina Maria Ugolini, che racconta la storia del fantasma di una donna innamorata e di un cavaliere che finirà morsicchiato come un pupo di zucchero; e poi Sebastiana Eriu in Picciridda stidda di Francesco Randazzo, il racconto sulla piccola Rosalia Lombardo imbalsamata ai Cappuccini di Palermo; Sandro Dieli in I miei morti felici, che racconta di un bambino che, per la festa dei morti, riceve in regalo una bicicletta. E poi Viviana Lombardo in La Santuzza di Cetta Brancato, storia di una Santuzza inedita risvegliata dal suo sonno eterno da un festoso e rumoroso Festino; ma anche Valerio Strati che, dopo la performance ai Rotoli, ripropone Incubo di Fabio Ceraulo anche agli Inglesi.

Tra i monologhi anche quelli di Giuditta Perriera in Il viaggio in macchina scritto da Nadia Terranova, racconto tra il ricordo e la nostalgia del caro padre; Marco Cuffaro in La banda muta di Gaetano Savatteri, sulla storia di una banda di un paese siciliano che accompagna silenziosamente un funerale, e Stefania Orsola Garello in Almanacco siciliano delle morti presunte di Roberto Alajmo, lo scritto che racconta gli ultimi istanti di vita di tante vittime, sia adulti che bambini, consapevoli e no, della mafia. Infine, come per quello di Strati, anche Il bello dei morti di Dora Argento – coordinatrice artistico di Notte di Zucchero – sull’attesa ingenua ed entusiasta, ma con un finale consapevole, di un bambino che aspetta i regali dei suoi “morti” durante la notte della vigilia.


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