Razzismo, un dossier sulle aggressioni contro i migranti Da giugno sei i casi noti. «Si sta sdoganando anche qui»

Poco meno di settanta, dalla Val di Susa a Enna, passando per Trento, Varese, Padova, Venezia, Bari, Brindisi, dritti giù fino al capoluogo siciliano. A tanto ammontano le aggressioni a sfondo razzista a danno di migranti contate da Emma Bonino e Carla Taibi, almeno quelle divenute note. E raccontate da entrambe in un dossier che si sforza di catalogarle e, in una certa misura, raccontarne qualcosa. «È impressionante come in sole dieci pagine possano essere raccontati tanti episodi razzisti. Il numero di aggressioni o episodi discriminatori raccolti da inizio giugno ad oggi dà la misura della caccia allo straniero», commenta la stessa Taibi, collaboratrice parlamentare di Emma Bonino. «Il dossier lo abbiamo realizzato perché i fatti di cronaca che raccontano aggressioni verbali o fisiche a danni di immigrati hanno avuto una crescita esponenziale negli ultimi mesi. Come dice Emma Bonino oramai si è perso quel senso di responsabilità sociale ed è stato sdoganato un linguaggio crudele, cui si pensava di non tornare – spiega a MeridioNews -. Il dossier non ha l’intento di mostrare scientificamente o statisticamente nulla, ma di certo occorrerebbe già dai livelli istituzionali tenere atteggiamenti e usare linguaggi che non generino derive razziste».

E sono poco meno di dieci quelle avvenute a Palermo e provincia. Almeno a giudicare, ribadiamolo, dai casi finiti sotto i riflettori della cronaca. Si comincia il 17 giugno, con l’aggressione contro tre migranti al mercato di Ballarò: sono un ivoriano di 48 anni, un nigeriano di 32 e un ragazzo della Costa d’Avorio anche lui, ancora minorenne. Un’aggressione brutale, notturna: il bilancio è di un omero rotto e ferite lacerocontuse in testa, in faccia, sulle braccia. Passano pochi giorni, è il 19 giugno, e a diventare bersaglio è uno studente dell’istituto tecnico commerciale Ferrara, Lamin. Originario del Gambia, dove ha lasciato tutta la sua famiglia, vive ormai da anni in città e lavora come mediatore culturale. Quel pomeriggio di quasi estate due anziani residenti di via Cusmano, a pochi metri dalla centralissima via Libertà, gli lanciano dal balcone di casa alcuni pomodori. Ma prima di questi, c’erano stati gli insulti di tanti altri, i colpi di scopa, gli sputi in faccia. «Con Salvini al potere in molti si sentono autorizzati a comportarsi in questo modo», raccontava. Non passa nemmeno una settimana, che il 23 giugno un branco si scaglia contro un ambulante: ha 33 anni e viene dal Bangladesh, viene picchiato fino a perdere i sensi. Passa un mese, e la violenza si sposta a Lercara Friddi: è qui che il 23 luglio un giovanissimo ballerino, italiano con origini mauriziane, viene massacrato sull’onda di cori razzisti che dettano il ritmo dell’aggressione.

Altro giro, altra corsa: solamente tre giorni dopo a chilometri di distanza, a Partinico, è il turno del 19enne Khalifa, brutalmente picchiato mentre gira per le vie del paese in bicicletta. Dagli insulti alle botte, dalle urla agli schiaffi e ai pugni. E «sporco negro tornatene a casa tua» è ormai a tutti gli effetti il ritornello più gettonato di queste aggressioni estive. È sempre nei pressi di Partinico che avviene un altro drammatico episodio: è la notte di Ferragosto, in molti si riuniscono nei lidi per far festa. Come sulla spiaggia Ciammarita di Trappeto, dove ci sono anche sei minori stranieri, che vengono prima insultati e invitati ad andare via, poi spintonati e inseguiti fin sulla strada, dove di lì a poco passa a prenderli un pullmino per riportarli alla comunità in cui alloggiano. Ma la furia degli aggressori non si placa, armati di mazze inseguono con le proprie auto il loro mezzo, lo speronano costringendolo ad arrestare la corsa, fino a inseguire per le strade i ragazzi urlanti. Il giorno dopo ecco la denuncia ai carabinieri e, dopo alcune settimane, il fermo di sette persone, tra cui due donne.

E queste, è bene ribadirlo, sono solo le storie che, per violenza o altro, hanno attirato l’attenzione finendo sulle pagine dei giornali e sui siti web. Nel quotidiano non si contano, probabilmente, i piccoli episodi di cui in pochi sanno, quelli che non sono destinati a suscitare troppo scalpore, a diventare di dominio pubblico. Per non parlare poi di quelli che non sfociano nella violenza fisica, ma restano confinati alla sfera verbale e psicologica. Si può parlare di un’escalation di violenza, per una città che sta facendo di tutto per fare dell’accoglienza il suo principale vessillo? A Palermo esiste o no un problema di razzismo o di xenofobia? «Sì, anche qui si sta “sdoganando” il razzismo. Dalle forme più “quotidiane” (perfino nelle classi di scuola primaria!) alle aggressioni fisiche, come quelle documentate nel dossier», osserva Fausta Ferruzza del Forum Antirazzista Palermo. «Temo si dovranno intensificare le azioni di educazione e controinformazione sul fenomeno migratorio. È quanto stiamo facendo con il Forum Antirazzista e le realtà che lo compongono».

«C’è un chiaro problema di razzismo anche a Palermo. L’Osservatorio contro le discriminazioni razziali Noureddine Adnane ha contato 14 casi di aggressioni a sfondo razzista a Palermo e provincia dall’inizio dell’anno – commenta la presidente Francesca Di Pasquale -.Le dinamiche delle aggressioni mostrano che da questo punto di vista sicuramente il nostro territorio è ‘omologato’ al resto del Paese.Ossia, mi pare che le aggressioni e il crescente clima di violenza siano anche qui il frutto delle politiche scellerate degli ultimi anni, che hanno alimentato l’odio verso l’altro per fini elettorali e calcoli politici». Una sorta di razzismo istituzionale, per così dire. Che trova facile appiglio soprattutto nelle maglie più fragili del tessuto sociale di ogni città. Palermo inclusa. «Spesso il razzismo si manifesta con più facilità in contesti di degrado sociale e povertà – aggiunge Di Pasquale -.E nel nostro territorio non mancano». È pure vero, però, che i migliori esempi di integrazione e accoglienza vengono proprio da quei quartieri che a Palermo stanno affrontando un radicale processo di cambiamento, malgrado qualcuno continui ad affibbigliargli le solite vecchie etichette. A cominciare proprio da Ballarò, cuore pulsante dell’integrazione in città.


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