#Lda: tutti i motivi per cui Palermo è una cipolla La guida ironica alla Città e ai suoi luoghi comuni

Guida turistica per viaggiatori amanti di soffritti, perché se è vero che Palermo è una cipolla, è anche vero che le cipolle sì ti fanno piangere, come del resto scrive l’autore nel suo libro, ma hanno un sapore squisito. Non è una guida recente, perché risale al 2009, ma gode del beneficio di avere osservato la Città, così evocata ma mai apertamente nominata durante tutto il libro, per anni. Di averla vissuta, odorata, tastata, si direbbe qui.

Tra tutti i libri consigliati fino a ora, è il più adatto allo scopo che questa rubrica si prefigge: far leggere durante gli spostamenti. Nel libro, infatti, l’autore si rivolge a un ipotetico viaggiatore, ma leggendolo ci si rende conto che vale per tutti, anche per gli abitanti della Città, che potrebbero ogni tanto viverla con gli occhi meravigliati di un turista, guardarla come se fosse la prima volta. Per finta, naturalmente, perché un vero abitante della Città saprà sempre qual è il bar che fa l’iris migliore o il caffè più buono. Ma da quanto ormai non si reca alla Cattedrale, a Palazzo dei Normanni, al Capo? Da quanto non si perde all’Orto Botanico o a Villa Giulia, optando invece per i soliti giri in macchina e per i «non c’è niente da fare questa sera»? Non è che invece avrebbe bisogno di rivederla come città straniera, per ricordarsi che merita di essere amata?

Palermo è una cipolla, come dice Alajmo stesso, non ama né odia Palermo, e prova a sfatare i luoghi comuni di questa città fatta a strati, primo fra tutti il tipico odi et amo di chi vive nella Città e vorrebbe andarsene, ma biasima chi trova l’opportunità di partire. E allo stesso tempo chi parte biasima chi ha scelto di rimanere, anche se ogni tanto si chiede se ha fatto la scelta giusta.

Non c’è la pretesa di spiegare per forza il perché di certi atteggiamenti palermitani, ma di illustrarli con ironia e leggerezza. Così, quando il lettore leggerà della famiglia che d’estate si trasferisce a Mondello e passa la giornata lì, tra teglie di pasta al forno, partite a carte e chiacchierate, non potrà fare a meno di sorridere un po’, anche se poi quella famiglia è la stessa che non si lamenta se viene posto il divieto di balneazione per il mare per cui, in teoria, hanno pagato anche la cabina.

O quella chiesa in via Rocco Pirri, S. Maria dei Naufragati, che molti sembra chiamino invece S. Maria degli Annegati, perché come scrive l’autore «non viene presa nemmeno in considerazione l’ipotesi che la tribolazione del naufragio possa risolversi in salvezza». Non è dato sapere il perché assoluto, ma è vero che il palermitano sa essere pessimista e disfattista, e che di questo segretamente si compiace. La storia, le storie raccontate nel libro ne sono un esempio.

Alajmo è un generatore di immagini, ha vissuto la Città ma non la giudica, perché nonostante tutto, nonostante abbia raccontato al timoroso viaggiatore le cose più terribili, dal traffico amazzonico ai luoghi lasciati incompleti, lo esorta ancora a uscire e ad esplorare la Città, che a ogni angolo può avere pronta una sorpresa, fosse anche il profumo d’uno sfincione.

Portate questo libro con voi e lasciate che vi suggerisca dove andare, cosa potete osare immaginare, quanti strati volete togliere prima di giungere a quello che più sentite vostro. Potreste, forse, anche piangere. Perché Palermo è una cipolla. 


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