A 17 anni in viaggio sul treno verso Lourdes Volontari Unitalsi: «Visti come un’anomalia»

Tempo di bilanci per gli studenti delle Madonie che come ogni maggio si ritrovano alle porte della stagione estiva dividendosi tra chi può già godersi il caldo in anteprima (ce ne sono davvero?) e chi invece è impegnato con una bella rincorsa all’ultimo ostacolo: le valutazioni scolastiche. Impresa ancora più ardua se di mezzo ci sono le gite, eppure alcuni di loro hanno saputo distinguersi in questo, scegliendo un’insolita meta: il viaggio verso il Santuario Mariano di Lourdes a bordo del treno bianco dell’Unitalsi.

Rintracciarle per una chiacchierata al telefono non è stato semplice: la vita delle diciassettenni protagoniste di questa storia sembrava un continuo traffico tra gli impegni di scuola e le interrogazioni di fine anno. Ma quell’esperienza è un ricordo indelebile, almeno così trapela dalle loro voci al telefono, sempre una sillaba avanti, come se le parole fossero già fuori, e raccontare quei giorni assume tutto un altro significato.

Adriana, Maria Elisa e Paola frequentano il liceo classico Ugdulena di Termini Imerese e lo scorso 4 maggio hanno prestato servizio di volontariato agli ammalati diretti verso la celebre meta di pellegrinaggio. «Nessuno di noi aveva preso seriamente il progetto quando padre Raimondi, il nostro insegnante di religione, ce lo aveva presentato a scuola», ci racconta Maria Elisa di Aliminusa, durante la sua pausa pranzo, «ma poi ci siamo detti: perché non andare?».

A metterle in moto allora è stata più una dose di incoscienza e nessuno di loro lo nega: «I ragazzi che avevano già fatto il viaggio ci hanno spinto ad andare, ma per quanto mi riguarda non sapevo assolutamente a cosa stavo andando incontro». «Mi sono posta il dilemma se andare in gita in Grecia o a Lourdes – dice Paola – poi ci hanno spiegato che non avremmo dovuto sostenere un costo eccessivo ed è stata un’ulteriore spinta». Adriana da Montemaggiore, mentre fa strada verso la scuola guida, ci racconta che sono stati in dieci a voler partire: «Mia madre mi ha detto di andare, anche lei aveva fatto questa esperienza in passato, è stata lei a convincermi. Il giorno prima siamo andati a Palermo, lì i volontari Unitalsi ci hanno spiegato tutto e ci hanno affidato dei compiti precisi, a noi toccava sistemare e portare via piatti e bicchieri perché non tutti gli ammalati possono spostarsi nell’area ristoro».

Un’esperienza particolarmente intensa, quella verso Lourdes, a fianco di ammalati, disabili, giovani e anziani. «Ci avevano detto che se non ce la sentivamo, non era necessario che entrassimo nella barellata (il vagone su cui viaggiano i degenti che devono stare distesi) – spiega Maria Elisa -, ma ho voluto provare subito e l’immagine che mi sono trovata davanti è stata molto forte. Poi ci siamo messi a chiacchierare con i degenti e molti ci hanno raccontato delle loro vite. Lì ho capito quanto distante fosse dalla mia quotidianità quello che stavo vivendo». Paola spiega nel dettaglio le mansioni: «La prima vera esperienza è stato il viaggio in treno, lunghissimo, consegnavamo i sacchetti a più di 600 degenti, molti disabili; per andargli incontro al meglio, tutti avevamo un gruppo preciso assegnato, in modo che loro ci riconoscessero e instaurassero un legame con noi».

E a Lourdes? Il viaggio in fondo, è stato un pellegrinaggio anche per loro, un tempo di servizio e non certo di svago e dalla meta particolare, se non addirittura unica, carica di un significato a prescindere dal credo di ciascuno. Maria Elisa non si trattiene: «A Lourdes il nostro compito era sempre legato all’area ristoro, mentre altri erano occupati e trasportare le carrozzine: accompagnare gli ammalti significava che si affidavano a noi». Adriana ricorda con piacere i disabili: «Più di tutti si affezionano a noi e non vogliono lasciarti, alcuni ci hanno anche fatto dei regali». Le serate trascorrono in armonia con una chitarra in sottofondo e le note di «Che confusione!» e poi, finiti i loro doveri, i ragazzi possono concedersi anche qualche momento di allegria, per stemperare le emozioni forti di quelle giornate faticose ma intense: «Sono rimasta colpita da un luogo in particolare: un recinto divideva una zona sacra da quella profana e oltrepassandolo si percepiva la differenza, in positivo. L’atmosfera cambiava restando silenziosa. Mi rimarrà sicuramente questo – racconta ancora Maria Elisa – e i legami che si sono creati».

È abbastanza insolito per i diciassettenni di oggi scegliere di fare fra tutte le possibili, proprio questa esperienza, abituati come siamo dal mondo globalizzato a rincorrere viaggi low cost, mete anche molto distanti e soprattutto tutt’altro tipo di target.

Maria Elisa annuisce: «Ci hanno definito un’anomalia, in effetti non è certo stata una vacanza: è stato molto stancante, abbiamo prestato servizio tutto il giorno ma non ti accorgevi della stanchezza. Il vescovo di Cefalù è venuto a salutarci alla stazione e ci ha chiesto di incontrarlo al nostro ritorno per raccontargli tutto». «Io voglio rifarlo – dice con un pizzico di commozione Paola – è stato un momento formativo, arricchente, ho capito cosa significa pensare al prossimo e ho scoperto che a cambiare sono stata io».

Lourdes è una meta di pellegrinaggio, un luogo di fede: questo non è passato inosservato alle ragazze che arrivano tutte da piccole realtà in cui molte tradizioni sono di culto religioso e si cresce con valori tipicamente stigmatizzati dalla cristianità. Maria Elisa: «In realtà molti dei volontari erano non credenti, a prevalere era lo spirito di aiutare, là non fa la differenza, certi valori si oltrepassano. L’atmosfera è diversa». Neanche Paola ha dubbi: «Lì si respira un’altra aria, il freddo dei Pirenei e l’atmosfera del luogo suscitano molta curiosità, l’albergo era adatto ai disabili e le stanze molto grandi, però resta la tratta in treno la parte più formativa. A Lourdes non potevo non fare il bagno anche io come gli altri -ha conclso-, è stata un’esperienza di raccoglimento personale fra le altre».


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