Almaviva, ceduto ramo d’azienda di Palermo a nuova società Ma sindacati avvertono: «Rispettare piano triennale di rilancio»

Era da un po’ che non si sentiva parlare di Almaviva, ma questo eccesso di serenità forse sembrava troppo e così ieri all’improvviso l’azienda comunica ai sindacati e ai lavoratori che entro 25 giorni verrà ceduto il ramo d’azienda di Palermo ad una nuova società con capitale interamente controllato da Almaviva Spa, gettando nel panico tutti. 

«Sarà effettuato il conferimento di ramo d’azienda – si legge in un documento presentato ieri – relativo alle attività di call center inbound, outbound e customer care costituito dal complesso di attività, strutture e personale dell’unità produttiva di Palermo distribuita nelle sedi operative di via Filippo Cordova (sede principale con il grosso del personale), piazza Tummi- nello, via ammiraglio Gravina e via Ugo La Malfa (outbound)». 

L’anno scorso con un referendum che ha coinvolto tutti i 3.400 lavoratori Almaviva si era dato il via ad un piano di rilancio che prevedeva, in tre anni, sacrifici per i lavoratori e per l’azienda. Il referendum ebbe quasi un plebiscito con l’82 per cento dei votanti favorevoli al rilancio che prevedeva per i lavoratori di rinunciare al TFR e ad un congelamento di quattro scatti di anzianità. Questo era previsto per un anno da giugno 2017 a giugno 2018 e poi anche l’azienda avrebbe dovuto fare degli investimenti per rilanciare il sito palermitano. Cosa che non è avvenuta, quello che invece è avvenuto ieri è stato, dopo un incontro con Regione e Comune, comunicare ai lavoratori che entro 25 giorni il call center Almaviva diventerà Newco Srl. 

Le sedi di Palermo, attive dal 2011, occupano oggi circa 3.400 lavoratori, di cui circa 2.800 assunti a tempo indeterminato. In queste sedi vengono lavorate cinque grandi commesse, tutte in fase di rinnovo contrattuale, e l’azienda ha dichiarato un esubero strutturale che in questi anni è stato gestito da accordi sindacali. «Al fine di invertire il negativo andamento aziendale la società ha elaborato un progetto di riorganizzazione che prevede il consolidamento dell’unità produttiva di Palermo come soggetto dotato di autonomia giuridica, organizzativa e finanziaria. – si legge ancora nel documento -Tale scelta dovrebbe garantire una maggiore responsabilità imprenditoriale del sito e una maggiore focalizzazione dello stesso verso il riequilibrio complessivo delle entrate e delle uscite». Ma i lavoratori e i sindacati non sono per niente sereni anzi sono preoccupati perché non riescono a capire le reali motivazioni che hanno portato l’azienda a prendere questa decisione:  «Se il problema è il mercato, come ci hanno raccontato in questi anni – dice Massimiliano Fiduccia, sindacalista della Cgil – perché fare una nuova azienda? È destinata a morire? Non ci sono motivazioni, appare incomprensibile. Chiederemo un esame congiunto e un tavolo istituzionale perché devono darci delle motivazioni, altrimenti è solo una provocazione. Devono rispettare il piano di rilancio triennale, i lavoratori hanno fatto la loro parte rinunciando al Tfr e ai 4 scatti di livello, adesso toccava all’azienda fare la propria. Nel documento che ci hanno consegnato non c’è neanche il piano industriale di Almaviva, è tutto strano, cercheremo di fare chiarezza». 

Il documento presentato ieri prevede che ai lavoratori sarà applicato l’attuale contratto nazionale di lavoro: imprese esercenti servizi di telecomunicazione. I dipendenti manterranno tutti i trattamenti retributivi previsti dal contratto. Il Tfr, ferie e permessi maturati verranno trasferiti dalla cedente alla cessionaria; viene mantenuta l’anzianità di servizio a tutti i dipendenti oggetto del trasferimento. I dettagli dell’operazione che vedrà la nascita di una Factory produttiva saranno spiegati nel corso della discussione che si aprirà tra azienda e sindacati (la procedura durerà un minimo di 25 giorni). Sempre nel documento c’è scritto che l’accordo triennale sottoscritto un anno fa rimane sempre attivo, – almeno – così come permangono gli esuberi, da ridiscutere nelle parti in scadenza (cioè quelle parti che riguardano i tagli sul costo del lavoro).


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