Elezioni, resa dei conti dei Partigiani Pd: «Via vertici» Appello a Orlando: «Sia disponibile per intero partito»

«Penso che tutta la classe dirigente del Pd debba fare quello che abbiamo fatto noi un mese fa: rimettere il mandato e consentire una fase di rigenerazione dal basso del partito. Non è più di tempo di guerra tra bande, e notte dai lunghi coltelli, e il Pd non può più permettersi fibrillazioni». Prosegue la resa dei conti nel Pd siciliano dopo la sonora debacle elettorale di domenica. Ad alzare la voce sono ancora una volta i Partigiani dem, corrente interna nata con uno strappo dopo i dissensi sulla formazione delle liste ai primi di febbraio. A parlare oggi è l’ex responsabile organizzativo del partito siciliano Antonio Rubino, incontrando i giornalisti nella sede di via Bentivegna, a Palermo. Al suo fianco anche gli altri due dimissionari della segreteria regionale e componenti del movimento: Carmelo Greco e Antonio Ferrante

E sull’adesione del sindaco Orlando di aderire al Pd, nessuna polemica ma non passa sottotraccia il risultato deludente della sua lista. «Penso che la scelta del sindaco di iscriversi al Pd sia stato un arricchimento per il partito – chiarisce – Il problema, continuo a ribadire, non è la scelta ma la modalità. Per questo chiedo al sindaco di mettersi a disposizione dell’intera comunità del Pd e non solo di una parte di essa, e di dare una mano a questa classe dirigente per aiutare il partito a diventare protagonista. Non siamo nelle condizioni di giudicare le performance dei singoli candidati. È evidente che anche in questo caso abbiamo scontato candidature che non nascevano in una logica territoriale».

«Potremmo cominciare dicendo ‘l’avevamo detto’», ha proseguito Rubino riferendosi a quello che è successo nelle scorse settimane, alla luce dei risultati consegnati dalle urne. Per dimostrarlo, hanno distribuito un documento con l’analisi storica dei voti ottenuti al Senato confrontati con quello delle elezioni precedenti. «Un risultato peggiore di quello di oggi bisogna andare veramente lontano per trovarlo – ha sottolineato – ieri il Pd ha preso l’11,6 per cento, un dato più basso rispetto al 2013 con Bersani (18,5 per cento) e ancor di più se raffrontato al 2008 con Veltroni (25,5 per cento). Per trovare numeri così negativi, dobbiamo tornare al 2006, quando i Democratici di Sinistra guidati da Fassino si fermarono allora all’11,8 per cento.

In questi anni «in cui ha prevalso il modello della rottamazione», proseguono i ribelli del Pd, «ci è stato spiegato che le forze progressiste che avevano dato vita al Pd non erano più sufficienti a consentirci di essere una forza di governo, quindi dovevamo allargarci ma così facendo, spesso, hanno nascosto elementi trasformistici pesanti, poi bocciati dagli elettori». Per Rubino ci sono responsabilità politiche in primis del segretario nazionale, ma non solo: «Dentro le dimissioni di Renzi c’è anche chi lo ha rappresentato in Sicilia, come Davide Faraone. Penso che la classe dirigente dovrebbe dare un atto di responsabilità forte, a partire dai segretari regionali. Dovrebbero mettersi tutti a disposizione per una ricostruzione del Pd, con la consapevolezza che al di fuori del partito non c’è uno spazio politico. Oggi stiamo mettendo in campo una forza di classi dirigenti che si candida a dare una mano per ricostruire il partito a tutti i livelli come opposizione alle altre forze politiche che hanno prevalso in queste elezioni: noi siamo opposizione e questo dobbiamo fare, anche a livello regionale». Nessun appoggio, quindi, neanche al governo Musumeci in modo «chiaro e forte su tutti i temi della Sicilia. Oggi il Pd deve provare a essere la prima forza di opposizione senza sconti al centrodestra».

Una stoccata finale anche a Renzi: «Ieri ho sentito un doveroso atto di responsabilità con le dimissioni, ma anche una voglia di rivalsa dopo un risultato che non l’ha premiato che non ci convince. Non vorrei che facesse come D’Alema. Il tema non è il caminetto – dice ancora Rubino riferendosi alle parole usate dal segretario durante il suo intervento-, ci rinunciamo volentieri anche perché ne abbiamo subiti anche troppi. Ma noi distinguiamo tra gestione verticistica e collegiale. Penso che tutte le persone di buona volontà debbano dare una mano per una rigenerazione del Pd. Dobbiamo lanciare un appello alla base che ha abbandonato il partito, anche a favore di nuove formazioni di sinistra, e chiedo di tornare a casa per darci una mano e ricomporre il Pd. Occorre una nuova fase costituente del Pd, e la rigenerazione del partito con una nuova classe dirigente vanno accentuati. Il partito ha bisogno di uno shock – conclude – e noi contribuiremo a darlo perché siamo convinti che sia ciò che serve».


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