Hotel Elena, rischio sgombero per gli occupanti «Il Comune non ha offerto alloggi, solo sussidi»

Hanno occupato l’ex hotel Elena da due settimane. Ma vivono con l’ansia perenne dello sgombero, tra disagi che si sommano e promesse che finora rimangono tali. Sono quindici le famiglie che dalla notte del 14 febbraio sono entrate abusivamente nella struttura di piazza Giulio Cesare, a lato della Stazione Centrale, entrata al centro delle polemiche dopo il servizio tv de Le Iene che accertò come lo stabile fosse di proprietà del magistrato in pensione Giusto Sciacchitano, e che lo stesso venisse gestito abusivamente dalla moglie. 

Dopo il sequestro da parte della polizia municipale per delle presunte irregolarità nell’affitto delle camere, in pochi giorni 15 famiglie hanno rotto i sigilli e sono entrate nello stabile abbandonato. Ad attirarle non solo il moto di indignazione, ma soprattutto la necessità di garantirsi un tetto sopra la testa. «Abbiamo scoperto dalla tv che l’hotel era abusivo e siamo entrati – dicono Marcello Bonomolo e Rosalba Pilo -. In realtà noi stavamo qui già da aprile, ci siamo stati fino a ottobre, e pagavamo un affitto. Poi non abbiamo potuto più sostenerlo, avevamo proposto alla signora di lasciarci casa per 100 euro al mese, ma lei ci ha respinto e siamo stati buttati fuori».

Le famiglie occupanti arrivano da Ballarò, da corso dei Mille e da Brancaccio. In mezzo ci sono minori, invalidi, donne partorienti (una all’ottavo mese). Alcune persone vivevano in auto o in case molto vecchie da cui avevano già ricevuto uno sfratto. Alcuni nuclei familiari sono iscritti nelle liste dell’emergenza abitativa, altri non lo sono per un problema burocratico perché, non avendo più una residenza, non possono accedere alla graduatoria e ad altri servizi di assistenza sociale. «Vogliamo una casa – continuano le due donne -, è da cinque anni che scassiamo appartamenti. Non vogliamo impossessarci del palazzo, perché non è nostro, ma siamo senza acqua. In strada con questo tempo non ci possiamo stare». 

Da qualche giorno poi davanti lo stabile stazionano i coniugi Sciacchitano, proprietari dell’immobile. Interpellati da Meridionews, entrambi scelgono di non rilasciare dichiarazioni. La loro presenza però turba gli occupanti, che temono uno sgombero immediato. A raccogliere le loro segnalazioni è Tony Pellicane, attivista del Comitato lotta per la casa 12 luglio. «I proprietari si presentano ogni giorno con degli uomini – racconta Pellicane –  per portare via del materiale edile, nonostante ci sia l’immobile sequestrato. Dopo il distacco dell’acqua, arrivato per una presunta infiltrazione giunta al locale accanto l’hotel, da qualche giorno non c’è neanche la luce nella scale. Sono movimenti che fanno pensare a uno sgombero immediato». 

L’attivista poi, che fa da tramite tra gli occupanti e il Comune, dice la sua anche sulle scelte della giunta comunale. «Lo scorso 22 febbraio – aggiunge -abbiamo avuto un incontro con l’assessore Mattina, che su questi temi è sempre stato molto attento e vicino alle istanze dei senza casa e dei senza reddito. Il vicesindaco Marino ha incontrato i coniugi Schiacchitano a cui ha proposto di affittare i minialloggi alle famiglie, ma finora non ha ottenuto risposta. Mentre il Comune li prenderebbe in carico solo per gli eventuali sussidi. A noi la cosa lascia perplessi perché l’immobile sequestrato sarà gestito da un amministratore giudiziario, e quindi la famiglia Sciacchitano non avrebbe potere. Il Comune non propone alloggi ma soltanto una presa in carico per eventuali sussidi o accompagnamenti, mentre sarebbe necessario almeno suggerire una struttura alternativaCon le famiglie ci siamo dati una scadenza, entro la settimana vogliamo risposte certe».

Le costanti piogge di questi giorni, il gelo siberiano, la presenza dei coniugi Sciacchitano e il clima di perenne attesa snervano intanto le famiglie. Che si mostrano impensierite anche da quelle che sembrano risposte poco chiare da parte della giunta Orlando. «Le case vanno date a chi non ha reddito – dicono ancora Marcella e Rosalba -. Ci accontentiamo anche solo di una stanza. Noi non lavoriamo, viviamo alla giornata. Non ce ne andiamo fino a quando non avremo una casa. Non facciamo entrare più nessuno, siamo soltanto 15 famiglie e chiediamo soltanto che il Comune ci dia un alloggio». 


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