Ieri l’anteprima del film sulla vita di Francese Claudio Fava: «Diffidate da chi li chiama eroi»

«Sono stati uccisi perché erano persone che dignitosamente facevano il proprio lavoro. Non sono degli eroi», esordisce così Claudio Fava, sceneggiatore di Delitto di Mafia, il film sulla vita di Mario e Giuseppe Francese presentato ieri sera in anteprima nazionale a Palermo e che domenica 21 andrà in onda su canale 5 in prima serata. Il film è inserito all’interno di un progetto: Liberi sognatori, costituito da quattro film per la televisione su quattro storie vere che hanno segnato l’Italia, uomini e donne uccisi per mano mafiosa perché non si piegarono mai al compromesso e seguirono la propria coscienza: Libero Grassi, Mario e Giuseppe Francese, Emanuela Loi e Renata Fonte

Ieri in sala oltre al sindaco Leoluca Olando e all’assessore alla Cultura della Regione Siciliana Vittorio Sgarbi, il produttore Pietro Valsecchi, c’era la famiglia Francese e tutto il cast del film: Marco Bocci nella parte di Giuseppe Francese, Claudio Gioè interpreta Mario Francese e Romina Mondello nei panni della signora Francese. «Dire che sono degli eroi è consolatorio, ma la cosa bella di queste storie è la normalità, la dignità – aggiunge Fava – Un giornalista può scegliere: o tace o racconta. Questa è una terra in cui negli anni di Francese i cronisti giravano la faccia dall’altra parte e quelli che sono stati ammazzati erano bravi giornalisti. Diffidate da quelli che li definiscono eroi. Io Ho provato a raccontare questa storia, la storia di un padre e di un figlio e la loro vita, perché per capire perché sono stati uccisi è importante capire cosa facessero in vita». 

Dura cento minuti il film che si apre su una panoramica della Palermo di quegli anni, governata dal malaffare dove la mafia dei Corleonesi stava per prendere il sopravvento su quella dei palermitani. Il primo ad intuirlo e a scriverlo facendo nomi e cognomi, senza paura, fu proprio Mario Francese che lavorò a lungo su una inchiesta sulla diga Garcia e su degli appalti che valevano 350 miliardi e sui quali la mafia aveva messo le mani. «Mario Francese era bravo due volte – ha detto Attilio Bolzoni ieri – una perché scriveva di mafia in modo attento, chiaro e limpido, senza mezze verità. E poi è bravo perché scriveva di mafiosi che il suo editore frequentava». 

Giuseppe invece era il figlio più piccolo di Mario che dopo vent’anni di silenzi dalla morte del padre fa riaprire le indagini, collabora con la giustizia e finalmente scopre la verità: ad uccidere suo padre fu Leoluca Bagarella per conto di Salvatore Riina. La ricerca della verità era diventata per Giuseppe un’ossessione, voleva provare a vedere le stesse cose che vedeva suo padre per capire dinamiche e intrecci che vent’anni prima portarono all’uccisione di suo padre. Dopo la sentenza che condannò svariati esponenti della famiglia dei corleonesi per l’omicidio Francese, Giuseppe si toglie la vita. Un epilogo drammatico e doloroso. 

Lunghi applausi e complimenti per gli attori ieri sera dopo la visione del film, ma anche tante lacrime, soprattutto quelle di Bocci emotivamente provato. Anche il nostro assessore Vittorio Sgarbi ha stupito tutti con il suo silenzio composto e rispettoso. E alla fine se anche Mario francese avesse assistito alla prima di questo film avrebbe salutato tutti dicendo «Amici del Colorado, vi saluto e me ne vado».


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