Caso Saguto, la lista dei presunti raccomandati Dai parenti al marito della signora delle pulizie

«Quando hanno da fare la manciugghia loro, la fanno; e invece, poi devono piazzare le persone nelle amministrazioni mie e mi rompe i coglioni». È il 3 aprile 2015 e Walter Virga intercettato sembra iniziare a non gradire più il meccanismo in cui sarebbe stato coinvolto dalla giudice Silvana Saguto, ex presidente della sezione Misure di prevenzione. Cioè la «gestione familistica», come l’hanno definita gli inquirenti, dei beni posti in sequestro. Un presunto giro di assunzioni e segnalazioni di cui è ormai celebre l’episodio che vede coinvolta l’ex prefetta di Palermo Francesca Cannizzo. E cioè, secondo gli investigatori, il posto di lavoro presso l’Abbazia Sant’Anastasia – parte di alcuni beni sequestrati – trovato al nipote di un importante amico della prefetta, con uno stipendio garantito non inferiore ai 2.500 euro netti al mese. «Così deve essere, così è stato stabilito e così fu», dice la giudice il 12 giugno 2015 al telefono con Cannizzo.

L’ex prefetta, però, è accusata anche di aver segnalato, «una persona di fiducia», cioè il marito della signora incaricata delle pulizie a casa sua. Tramite il proprio autista, cugino di un amministratore giudiziario. «Mi ha chiesto di riferire se era possibile assumere questo signore. Era disoccupato, un uomo di cinquant’anni a casa e quindi lo voleva aiutare. So che mio cugino l’ha assunto», dichiara l’autista il 24 novembre 2015. L’uomo segnalato risulta coinvolto nel procedimento Lo Piccolo. Sequestro di cui fa parte anche una tabaccheria, con un ammanco di circa 26mila euro imputabile, secondo i magistrati, ai coadiutori coinvolti: il fratello e il figlio di una cancelliera del tribunale di Palermo. Per l’accusa, Saguto avrebbe fatto passare l’ammanco sotto silenzio, non denunciando i due uomini ma facendoli dimettere dall’incarico, in modo che potessero essere ricollocati in altre diverse amministrazioni giudiziarie. «Siccome io ne ho misure, domandiamo a qualche amministratore e li facciamo lavorare in altri posti, basta che lavorano», dice Saguto alla cancelliera, intercettata il 12 agosto 2015.

Protagonisti indiscussi del giro di assunzioni, però, per gli inquirenti sono soprattutto i due amministratori giudiziari Roberto Nicola Santangelo e Carmelo Provenzano, tramite le nomine di alcuni stretti familiari approvate dalla giudice Saguto. Gli incarichi si facevano corrispondere ad attività di consulenza direzionale e strategica o anche ad analisi del circuito economico mafioso. C’è anche Lorenzo Chiaramonte, al quale viene contestato il reato di abuso d’ufficio per la nomina ad amministratore giudiziario di Antonino Ticali, anche lui coinvolto nelle indagini: in nome del rapporto personale tra i due, il primo avrebbe coinvolto il secondo in undici procedure di liquidazione fra il 2010 e il 2015.

«L’ho nominato perché è amico di Nasca, lo vuole Nasca», dice Saguto in un’altra intercettazione a proposito della nomina di un altro amministratore giudiziario per il sequestro Parra, riferendosi a uno storico collaboratore e amico di vecchia data dell’ex ufficiale della Dia Rosolino Nasca. E lo sa anche Virga junior, quando il 2 luglio 2015 dice che l’amministratore in questione era un «mezzo minchia della scuola di Nasca». Stesso meccanismo anche per il figlio di un luogotenente della Guardia di finanza anch’esso in servizio alla Dia, coinvolto, da quanto emerso, nella procedura Virga dal luglio 2015 come collaboratore della Sicilclyo srl, società parte del compendio. 

Ma non sempre assunzioni e favori vengono accolti. La promessa di un impiego a tempo indeterminato presso una lavanderia sequestrata ricoprendo mansioni amministrative, infatti, sembra non sortire l’effetto sperato. Il ragazzo al quale viene indirizzata si prende una settimana di tempo per pensarci. Da quanto emerso dalle indagini, l’occasione non verrà mai colta, forse anche per via della perquisizione a casa della giudice Saguto il 9 settembre 2015 e delle sue dimissioni la settimana successiva. 


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