Dopo l’irruzione nella biblioteca autogestita Booq  «C’è da fare una battaglia culturale quotidiana»

«C’è da fare una battaglia culturale quotidiana». Mondi e classi sociali differenti che coabitano a pochi metri di distanza. C’è un distaccamento del comune, il supermercato Carrefour, le attività commerciali, i palazzi nobiliari e le palazzine occupate dai senza casa. Da piazza Marina a piazza Magione passando per la Kalsa è un potpourri antropologico che a volte stride violentemente. In vicolo della Neve c’è anche Booq, la bibliofficina occupata di quartiere che da quando è nata, a giugno del 2014, ha sempre cercato di dialogare con tutti, dai benestanti, ai nobili, agli occupanti abusivi. 

Booq ha un patrimonio librario che vanta più di tremila volumi, e, in questo anno e mezzo di attività sul territorio ha organizzato diverse attività che vanno dalle presentazioni di libri, ai cineforum, ai laboratori per i bambini, tutto volto all’inclusione sociale e all’integrazione. Purtroppo però non è stata ricambiata con la stessa apertura e benevolenza, anzi, sono stati diversi gli atti vandalici subiti. Lo scorso sabato il collettivo che gestisce Booq ha trovato il locale devastato, i bagni divelti, sedie e tavoli distrutti, i locali allagati e il furto di diverse cose: delle stufe, il mixer, le casse e il frigorifero, inoltre una cinquantina di libri sono andati persi perché bagnati e irrecuperabili. 

Stanchi, esausti e scoraggiati, si sono interrogati sul da farsi e hanno scelto di divulgare a mezzo stampa una nota dove denunciavano l’accaduto. Il risultato è stato quello di aver attirato l’attenzione verso lo spazio e la zona più in generale, così martedì 16 febbraio la polizia si è presentata e ha fatto dei controlli sulle case occupate abusivamente e sono scattate undici denunce penali per furto di energia elettrica. Sempre ieri il collettivo ha chiamato a raccolta la comunità per una riunione, per capire come procedere e come continuare il lavoro sul territorio. 

Durante la riunione, dove erano presenti diverse realtà associative, i residenti, il consigliere comunale Alberto Mangano, il consigliere di circoscrizione Massimo Castiglia e il segretario provinciale del partito di Rifondazione comunista Vincenzo Fumetta, quello che si percepisce è la delusione e la rabbia per l’ennesimo atto vandalico in un luogo che vorrebbe essere aperto a tutti senza distinzioni e che invece, purtroppo, è spesso preso di mira per ritorsioni e furti. Intanto in questi mesi su questo ed altri spazi occupati in città come San Basilio, il Tmo (Teatro Mediterraneo Occupato) e Anomalia, i due assessori Barbara Evola e Giusto Catania hanno iniziato un percorso che dovrebbe portare alla regolarizzazione dell’affidamento ai collettivi che attualmente li gestiscono. 

«Si vuole dare un riconoscimento politico a questi spazi, farli uscire dall’illegalità e quindi dall’occupazione – spiega Fumetta – Su Booq è stato fatto un discorso diverso, i ragazzi che lo gestiscono vogliono che venga affidato ad una rete di associazioni, ma siccome era di complicata attuazione questa proposta, abbiamo deciso, di comune accordo, di affidarlo alla scuola Ferrara, come capofila di una cordata di realtà che ne prenderanno in carico la gestione. Dopo questo atto vandalico abbiamo deciso di accelerare il processo, così martedì ci sarà un tavolo tecnico in Comune per capire come velocizzare le operazioni».

«In questo quartiere c’è da fare una battaglia culturale quotidiana – dice la preside della scuola Ferrara Lucia Sorce – se non c’è un’educativa di strada che coinvolge tutte le risorse che lavorano sul territorio e con le agenzie educative che si mettono in rete per condividere spazi e risorse non andremo da nessuna parte, ci vuole un’alternativa alla strada. Le famiglie hanno bisogno di essere supportate, bisogna unire le forze e puntare sui bambini. È dura raccogliere ogni mattina le bottiglie di birra attorno alla scuola, bisogna educare ed educarci perché li ci giocano i bambini, i nostri figli. Dobbiamo interrogarci e chiederci: a chi serve questo spazio? Se serve solo a noi non ha senso riaprirlo, se è necessario per il territorio per metterlo in rete allora ha un senso».


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