I soldi del pizzo e le rate del mutuo di casa  La donna boss: «Non accetto tagli, decido io»

Non la semplice mesata. A Teresa Marino, moglie del boss di Porta Nuova, Tommaso Lo Presti, finito in manette nell’ambito del blitz Iago dell’aprile 2014, Cosa nostra pagava anche le rate del mutuo di casa. Con i proventi dello spaccio di droga e del pizzo. Per gli investigatori del Comando provinciale dei carabinieri di Palermo, che mercoledì hanno eseguito 38 fermi nell’ambito dell’operazione Panta Rei, c’era lei a capo del mandamento di Porta Nuova. Un padrino in rosa con un pedigree criminale di tutto rispetto. Moglie e sorella di boss, 38 anni e cinque figli. L’aria di mafia l’aveva respirata in famiglia e del codice d’onore di Cosa nostra aveva interiorizzato le regole. «Dettava le norme di comportamento anche alle altre donne di mafia – dice il comandante dei carabinieri di Palermo, il colonnello Giuseppe De Riggi -. Spiegava loro che in pubblico non bisognava versare neanche una lacrima, esortandole a mostrarsi dignitosamente mafiose».

Per gli investigatori è «una figura di estremo interesse investigativo in grado di imporre con autorevolezza scelte e strategie». A tutti gli affiliati. Il 25 giugno dello scorso anno era finita ai domiciliari nell’ambito di un’indagine della Guardia di finanza. Nonostante le restrizioni imposte dalla misura, però, nella sua casa in via Cipressi aveva continuato a ricevere capi e gregari, discutendo degli affari del mandamento e dei problemi di cassa. Qualche giorno prima del suo arresto le cimici degli investigatori registrano una conversazione con un meccanico incensurato da sempre vicino alla sua famiglia. Al centro della discussione proprio il mutuo per l’abitazione. C’era qualche problema con la donna che aveva fatto da prestanome in banca e che adesso si lamentava di essere stata ricompensata con pochi spiccioli.

«Mi ha fatto bidone» raccontava l’uomo a donna Teresa. Non si era presentata in banca e aveva anche sbagliato a parlare al telefono costringendolo a chiudere la chiamata. «Gli ho detto, vai a buttare sangue… me ne sono andato in banca… e ho fatto tutte cose senza di lei, però cosa devo fare con questa? Ci devo andare, cominciò a parlare pesante pure per telefono e io gli ho chiuso il telefono – diceva ancora il meccanico -. Il problema l’ho risolto, però che so questa cosa combina? Ci vuole pure stu focu ranni (questo gran danno, ndr)».

Un bel grattacapo. Bisognava intervenire per far rientrare le intemperanze della prestanome ed evitare che le sue lamentele producessero spiacevoli conseguenze. «Ci consuma…» diceva l’uomo a Teresa Marino. Ecco perché occorreva recarsi nell’abitazione della donna per risolvere la faccenda. «…tu ora lo sai dove devi andare? A limite ci vai a casa… ci vai con cosa… ci fai chiamare i maschi..» avvertiva la capo mandamento.

Si lamentava donna Teresa delle difficoltà incontrate nella riscossione delle quote di denaro che riteneva dovessero esserle legittimamente corrisposte. Da tre mesi c’erano ritardi continui nei versamenti da parte della famiglia di Ballarò. Mancanze che l’avevano costretta a farsi prestare i soldi, 15 mila euro, da suo cugino. Per le spese correnti. Una parte del denaro era servita per pagare proprio le rate arretrate del mutuo. «Ora io il mutuo me lo voglio fare modificare – diceva intercettata dalle cimici a Giuseppe Di Cara, ritenuto dagli investigatori reggente della famiglia di Porta nuova e raggiunto dal provvedimento di fermo -, c’è un cugino mio che mi voglio fare modificare io il mutuo, questo mio cugino fa dice “Teresa dice però se non paghi tu puntuale come ha fatto Tommaso te lo puoi scordare di modificare il mutuo, se loro ti vedono che sei puntuale come ha fatto lui, dice già tu sei arretrata di due mesi“».

Debiti su debiti, nonostante la situazione rosea per le casse e gli affari del mandamento lasciata dal marito prima di essere arrestato. «La tavola apparecchiata ha lasciato Tommaso» diceva, lamentandosi delle complicazioni successive: «In tre mesi i debiti che mi hai lasciato mi sono ritrovata nei guai, perché non lavorando questo chi mi da tutti questi soldi?». Difficoltà e tensioni che la donna era pronta a comunicare al marito in carcere: «Gli ho scritto a Tommaso io ancora aspetto cinquecento euro del mese passato… cioè, ora fa un mese…». Perché di questa situazione era davvero stufa. E si riprometteva di investire Paolo Calcagno, subentrato al marito nella reggenza del mandamento, della responsabilità «dei soldi che devo prendere». Denaro su cui non ammetteva tagli senza il suo consenso. «Non si permetta di farmi un taglio in una cosa, se deve farmi un taglio di cento euro me lo deve venire a dire, se lo voglio fare lo faccio se no niente». Perché a comandare era donna Teresa. E tutti lo dovevano accettare. 


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